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Intelligenza artificiale e fare impresa: come eliminare le resistenze

L’intelligenza artificiale sta trasformando anche la nostra industria, con le imprese e le filiere che la alimentano. E di fronte a un’accanita concorrenza mondiale, è necessario un solido quadro di riferimento normativo, di spettanza dei Governi, ma anche un riequilibrio innovativo del fare-impresa. Cosa è necessario fare? Potenziare e industrializzare le tecnologie IA all’interno della rete produttiva, pensare a definire gli investimenti tecnologici e ad integrare la gestione del cambiamento in ogni fase del processo, oltre ai risparmi sui costi. Ma anche ripensare alla forza lavoro su cui l’IA avrà un impatto duplice: sia in termini numerici, sia in termini di abilità, capacità e adattabilità del singolo lavoratore lungo l’intero arco della filiera.

Cos’è l’Intelligenza Artificiale? IA in italiano, o più comunemente, AI, secondo la terminologia anglosassone in uso a livello internazionale. Innanzitutto, l’intelligenza artificiale (IA) non è fantascienza, tant’è che fa già parte delle nostre vite. Che si tratti di utilizzare un “assistente-personale-virtuale” per organizzare la nostra giornata lavorativa, viaggiare in un veicolo a “guida-autonoma” o avere un telefono che ci suggerisce le canzoni o i ristoranti che potrebbero piacerci, per non parlare della robotica, l’IA è una realtà. Dunque, in via generale, l’intelligenza artificiale indica svariati sistemi che mostrano un comportamento intelligente, umano entro certi parametri, analizzando il proprio ambiente e compiendo azioni, con un certo grado di autonomia, per raggiungere specifici obiettivi. Una serie variegata, e tuttora in fieri e in continua evoluzione, di processi ad elevato indice di contenuti tecnologici e, al contempo, capaci di offrire soluzione coordinate e flessibili, il cui orizzonte integra i campi d’interesse, e di necessità, come quello medico-sanitario, di ogni individuo/consumatore e di riflesso di ogni impresa il cui ambito guarda al medesimo soggetto individuale, sia in termini di servizi che di beni.

In sostanza, porre un argine alla relazione IA-Impresa è pressoché arduo, se non impossibile. Infatti, oggi è su tale versante che l’azienda è tenuta a ridisegnare la propria struttura, lasciando che i nuovi modelli di IA fluiscano al suo interno, senza osteggiarli o chiudere le porte dei bilanci, cioè dei necessari investimenti. Altrimenti, il rischio è di autoescludersi da una dinamica che ogni tavola statistica collega ad aumenti di valore, di produttività e di profitto dell’azienda. Eppure, permangono dei limiti, degli ostacoli che impediscono a 2 società su 3 di abbracciare le potenzialità offerte dall’adozione di processi fondati sull’intelligenza Artificiale.

I sistemi basati sull’IA possono consistere solo in software che agiscono nel mondo virtuale (per esempio assistenti vocali, software per l’analisi delle immagini, motori di ricerca, sistemi di riconoscimento vocale e facciale); oppure incorporare l’IA in dispositivi hardware (per esempio in robot avanzati, auto a guida autonoma, droni o applicazioni dell’Internet delle cose). Data una tale pulviscolarità di processi così avanzati, non è quindi un caso se utilizziamo l’IA oramai quotidianamente, per esempio per tradurre le lingue, generare sottotitoli nei video o bloccare lo spam delle email.

Inoltre, oltre a renderci più facile la vita, l’IA ci aiuta anche a risolvere alcune tra le sfide più ardue, dal trattamento delle malattie croniche o dalla riduzione dei tassi di incidenti stradali mortali, alla lotta contro il cambiamento climatico o alla prevenzione delle minacce alla sicurezza informatica. Molte aziende agricole in tutta Europa impiegano già l’IA per controllare il movimento, la temperatura e il consumo di mangime degli animali. Infatti, un sistema di IA può adattare automaticamente il macchinario che provvede a riscaldare e ad erogare il mangime, permettendo agli allevatori di dedicarsi ad altro, pur monitorando il benessere dei loro animali. Insomma, l’IA aiuta anche i produttori europei a diventare più efficienti e contribuisce a riportare gli stabilimenti in Europa.

Questi sono solo alcuni fra i molti esempi di ciò che l’IA può già fare in tutti i settori, dall’energia all’istruzione, dai servizi finanziari alle costruzioni. Innumerevoli altri esempi, che oggi non si possono immaginare, verranno alla luce nel corso del prossimo decennio. In pratica, come il motore a vapore o l’elettricità nel passato, l’IA sta trasformando il nostro mondo, la nostra società e la nostra industria, con le imprese e le filiere che la alimentano.

L’aumento della potenza di calcolo e della disponibilità dei dati e il progresso negli algoritmi hanno reso l’IA una delle tecnologie più strategiche del XXI secolo. La posta in gioco, non solo per le aziende; ma anche per i Governi, non potrebbe essere più alta. Il modo in cui ci relazioniamo all’IA determinerà il mondo in cui vivremo in un futuro oramai prossimo e già alle porte. Di fronte a un’accanita concorrenza mondiale, è necessario un solido quadro di riferimento normativo, di spettanza ai Governi, ma anche un riequilibrio innovativo del fare-impresa. E’ impossibile pensare che aziende e Governi non corrano al medesimo passo in un tale settore.

Le imprese non stanno adottando le tecnologie di automazione intelligente (intelligenza artificiale), analisi avanzata e automazione dei processi robotici (RPA), abbastanza velocemente da raggiungere gli obiettivi e i rendimenti desiderati. Tuttavia, le società che abbracciano le tecnologie IA stanno ottenendo ottimi risultati finanziari.

Senza una strategia compiuta e coordinata di trasformazione digitale che sostiene gli investimenti IA in un'intera organizzazione d’impresa, questi progetti stentano a liberarsi della modalità-pilota per fare il loro ingresso nella prassi aziendale.

Al contrario, quando l’impresa implementa con una visione chiara e un approccio integrato l’IA, il vantaggio competitivo e il successo finanziario sono praticamente certi. Dunque, gli ostacoli sono: il non saper definire l’entità dell’investimento da apportare per favorire l’IA; la difficoltà nell’organizzare progetti integrati che non finiscano per esaurirsi o coinvolgere esclusivamente i settori informatizzati, perché non è questo lo scopo né la finalità dell’investimento; e per ultimo, l’impreparazione nell’identificare una unità di misura che sappia registrare l’efficacia o meno nell’impiego di processi e soluzioni targate IA.

Partiamo dagli ostacoli di fronte all’impresa: l'incertezza sull'investimento finanziario necessario; mancanza di chiarezza sulla responsabilità per guidare l'agenda; e preoccupazioni riguardo ai cambiamenti nella governance e nella gestione dei rischi.

Come si superano? Potenziando e industrializzando le tecnologie IA all’interno della rete produttiva aziendale.

Nel dettaglio? Per sfruttare appieno il potenziale dell'IA oltre ai risparmi sui costi, le aziende devono pensare a definire gli investimenti tecnologici e ad integrare la gestione del cambiamento in ogni fase del processo. Infatti, anche la più elementare delle tecnologie di automazione dei processi robotici avrà, comunque, un impatto sul futuro del lavoro. Le strategie di trasformazione ad ampio raggio sono, quindi, fondamentali per la risorsa più preziosa delle aziende a prova di futuro: la loro forza lavoro. E l’IA avrà un impatto duplice su di essa, in puri termini numerici, ma, in modo più pregnante, in termini di abilità, capacità e adattabilità del singolo lavoratore lungo l’intero arco della filiera.

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/impresa/risorse-umane/quotidiano/2019/11/27/intelligenza-artificiale-impresa-eliminare-resistenze

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