• Home
  • News
  • Pensione anticipata: va computata la pensione acquisita in un altro Stato membro

Pensione anticipata: va computata la pensione acquisita in un altro Stato membro

E’ contraria alla normativa europea la normativa di uno Stato membro che impone, come condizione di ammissibilità di un lavoratore ad una pensione anticipata, che l’importo della pensione da ricevere sia superiore all’importo minimo della pensione che detto lavoratore avrebbe diritto a ricevere all’età pensionabile di legge ai sensi di detta normativa. E’ quanto ha dichiarato la Corte di Giustizia UE nella sentenza del 6 dicembre 2019 in riferimento alle cause riunite n. C-398/18 e C-428/18. Il rifiuto delle autorità competenti di uno Stato membro di prendere in considerazione, ai fini della determinazione dell’ammissibilità ad una pensione anticipata, le prestazioni pensionistiche cui un lavoratore che ha esercitato il suo diritto alla libera circolazione ha diritto in un altro Stato membro, è tale da mettere suddetto lavoratore in una situazione meno favorevole di quella di un lavoratore che ha completato tutta la sua carriera nel primo Stato membro.

La Corte di Giustizia UE è stata chiamata a fornire chiarimenti, nelle cause riunite n. C-398/18 e C-428/18, in merito al rigetto della loro domanda volta ad ottenere una pensione anticipata.

In entrambe le cause, le pensioni richieste sono state rifiutate con la motivazione che il loro importo non raggiungeva quello della pensione minima mensile corrispondente alla situazione familiare dei ricorrenti nei procedimenti principali al loro 65º anno di età.

Si è chiesto dunque alla Corte di Giustizia UE, se l’articolo 48 TFUE debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che, per accedere alla pensione di vecchiaia anticipata, imponga il requisito che l’importo della pensione da ricevere sia superiore alla pensione minima che spetterebbe all’interessato in forza della medesima normativa nazionale, laddove la nozione di “pensione da ricevere” sia interpretata nel senso di pensione effettiva a carico unicamente dello Stato membro competente, senza prendere altresì in considerazione la pensione effettiva che l’interessato possa percepire, a titolo di prestazione della medesima natura, da parte di un altro o di altri Stati membri.

La Corte di Giustizia Ue nella sentenza del 5 dicembre 2019, rileva innanzi tutto che le pensioni anticipate, come quelle in discussione nei procedimenti principali, rientrano nell’ambito di applicazione del regolamento n. 883/2004. In virtù del suo articolo 3, paragrafo 1, lettera d), esso si applica infatti alla legislazione relativa alle prestazioni di vecchiaia.

In particolare, dall’articolo 58 del regolamento, il quale prevede che il beneficiario di prestazioni di vecchiaia non può percepire una prestazione inferiore alla prestazione minima fissata dalla legislazione dello Stato membro di residenza e che l’istituzione competente di tale Stato deve, se del caso, versargli un’integrazione pari alla differenza tra la somma delle prestazioni dovute e l’importo della prestazione minima, non deriva che uno Stato membro sia tenuto a concedere una pensione anticipata ad un richiedente allorché l’importo della medesima cui quest’ultimo avrebbe diritto non raggiunge l’importo minimo di pensione che riceverebbe all’età pensionabile di legge.

Nel regolamento la disposizione dal titolo «Totalizzazione dei periodi», prevede, ai fini della determinazione dell’acquisizione del diritto alle prestazioni di sicurezza sociale, che uno Stato membro tenga conto dei periodi di assicurazione, di occupazione, di attività lavorativa autonoma o di residenza maturati sotto la legislazione di altri Stati membri, mentre nella fattispecie si tratta di stabilire se l’importo delle pensioni cui tali richiedenti hanno diritto in un altro Stato membro debba essere preso in considerazione per determinare l’ammissibilità a una pensione anticipata.

La Corte ritiene he il rifiuto delle autorità competenti di uno Stato membro di prendere in considerazione, ai fini della determinazione dell’ammissibilità ad una pensione anticipata, le prestazioni pensionistiche cui un lavoratore che ha esercitato il suo diritto alla libera circolazione ha diritto in un altro Stato membro, è tale da mettere suddetto lavoratore in una situazione meno favorevole di quella di un lavoratore che ha completato tutta la sua carriera nel primo Stato membro.

Alla luce di quanto rilevato la Corte di Giustizia Ue dichiara dunque che è contraria alla normativa europea la normativa di uno Stato membro che impone, come condizione di ammissibilità di un lavoratore ad una pensione anticipata, che l’importo della pensione da ricevere sia superiore all’importo minimo della pensione che detto lavoratore avrebbe diritto a ricevere all’età pensionabile di legge ai sensi di detta normativa, intendendosi la nozione di «pensione da ricevere» come riferita alla pensione a carico esclusivamente di tale Stato membro, ad esclusione della pensione che il lavoratore potrebbe ricevere a titolo di prestazioni equivalenti a carico di uno o più altri Stati membri.

Corte di Giustizia UE, sentenza 05/12/2019, cause riunite n. C-398/18 e C-428/18

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/rapporto-di-lavoro/quotidiano/2019/12/07/pensione-anticipata-computata-pensione-acquisita-stato-membro

Iscriviti alla Newsletter




È necessario aggiornare il browser

Il tuo browser non è supportato, esegui l'aggiornamento.

Di seguito i link ai browser supportati

Se persistono delle difficoltà, contatta l'Amministratore di questo sito.

digital agency greenbubble