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Apprendistato di primo livello: cambia la contribuzione per le aziende

Con l’obiettivo di promuovere l’occupazione giovanile, la legge di Bilancio 2020 riconosce ai datori di lavoro che occupano alle proprie dipendenze un numero di addetti pari o inferiore a 9 uno sgravio totale della contribuzione dovuta per i contratti di apprendistato di primo livello per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore, stipulati nell’anno 2020. L’agevolazione copre i primi 36 mesi del rapporto di lavoro. Per i periodi successivi resta ferma, invece, l’aliquota del 10 per cento. La nuova disposizione merita alcuni chiarimenti.

L’apprendistato per la qualifica ed il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore ed il certificato di specializzazione tecnica superiore di cui parla l’art. 43 del D.Lgs. n. 83/2015 non è mai decollato nel nostro Paese, nonostante che, nel corso degli anni, sia stato oggetto di interventi finalizzati a favorirne lo sviluppo. Le ragioni sono diverse e, probabilmente, un loro esame approfondito mi porterebbe lontano dall’oggetto di questa riflessione.

Ora il Legislatore, con il meritevole intento di favorirne l’espansione nelle piccole imprese (che sono quelle più refrattarie all’istituto), attraverso il comma 8 dell’art. 1 della legge n. 160/2019, ha proceduto a rivedere le aliquote contributive a carico dei datori di lavoro che occupano alle loro dipendenze un numero di lavoratori non superiore alle nove unità: per le assunzioni che si verificheranno nel corso del 2020 (la norma, quindi, non è strutturale) per i primi 36 mesi di rapporto l’aliquota contributiva viene azzerata, mentre per gli anni di contratto di apprendistato successivi, resta fissata dal 10%.

I giovani, potenzialmente assumibili, sono di età compresa tra i 15 ed i 25 anni: ovviamente, sotto l’aspetto della sicurezza sul lavoro, per i c.d. “minorenni” valgono anche le regole specifiche inserite nella legge n. 977/1967, fortemente emendata, nel corso degli anni, da atti normativi successivi.

Ma quale è la contribuzione a carico degli altri datori di lavoro?

Quelli che hanno alle proprie dipendenze più di 9 lavoratori, ferma restando la contribuzione a carico del giovane pari al 5,84%, sono tenuti a pagare, fino al 2020, una contribuzione che nel primo anno è pari all’1,5%, nel secondo anno al 3%, e del 5% nel terzo (art. 1, comma 110 lettera d della legge n. 205/2017 che ha prorogato quanto previsto dall’art. 32, comma 1, del D. Lgs. n. 150/2015).

Va, inoltre, sottolineato come in caso di licenziamento, non trovi applicazione, in via generale, la norma sul ticket di ingresso alla NASpI, quella relativa al finanziamento della NASpI (1,31%) e quella destinata ai fondi interprofessionali per la formazione continua (0,30%).

La nuova disposizione merita alcuni chiarimenti.

L’apprendistato di primo livello, pur nelle sue diverse articolazioni, ha come scopo quello di integrare, in un sistema duale, sia la formazione che il lavoro nel quadro dei titoli di istruzione e formazione e del sistema delle qualificazioni professionali (art. 41, comma 3, del D.Lgs. n. 81/2015; circolare INPS n. 108/2018; D.Lgs. n. 13/2013). Con successivi provvedimenti sono state meglio focalizzate le questioni relative all’alternanza scuola-lavoro: l’ANPAL, a seguito dell’accordo con il Ministero dell’Istruzione, è il “tutor” della materia ed il D.M. 3 novembre 2017 contiene il Regolamento che definisce i diritti ed i doveri degli studenti in alternanza scuola-lavoro.

Le varie norme che si sono susseguite impongono una formazione esterna ed interna ben superiore a quella prevista per l’apprendistato professionalizzante con forte riduzione dei costi per il datore di lavoro (assenza di obbligo retributivo per le ore svolte all’interno della istituzione formativa, retribuzione pari al 10% per le ore di formazione a carico del datore – art. 43, comma 7 del D.Lgs. n. 81/2015).

Come affermavo pocanzi il Legislatore ha fissato il limite per la fruizione del beneficio, attestando la soglia del numero dei dipendenti sulle 9 unità che vanno calcolate sulla struttura aziendale complessivamente considerata.

In passato, l’INPS con la circolare n. 22/2007 ebbe modo di definirne il campo di applicazione stabilendo che vanno ricompresi tutti i lavoratori subordinati compresi i lavoranti a domicilio ed i lavoratori assenti (malattia, infortunio gravidanza), con l’ovvia esclusione dei sostituti, qualora assunti.

I lavoratori a tempo parziale vanno computati pro quota (art. 9 del D.Lgs. n. 81/2015), quelli con contratto a termine, secondo le modalità previste dall’art. 27 del D.Lgs. n. 81/2015, mentre gli intermittenti trovano le loro modalità di calcolo nell’art. 18 del predetto Decreto Legislativo (in relazione alle giornate prestate nel semestre precedente).

Sono esclusi dal computo gli apprendisti, i lavoratori somministrati, gli eventuali assunti con contratto di reinserimento ex art. 20 della legge n. 223/1991 (in quasi trenta anni di vigenza della norma gli assunti con tale tipologia sono state poche centinaia).

Ai fini della fruizione dell’agevolazione il requisito dimensionale deve sussistere al momento dell’assunzione: se, successivamente, l’azienda assume altri lavoratori subordinati il beneficio resta.

Ma, l’agevolazione prevista dal comma 8 è una novità nel nostro ordinamento o ci sono stati dei precedenti?

Non è assolutamente una novità in quanto con l’art. 22 della legge n. 183/2011 per cinque anni fu previsto lo sgravio contributivo totale a favore dei datori di lavoro che, con un organico dimensionato fino a 9 dipendenti, assumevano apprendisti (la disposizione riguardava anche la tipologia professionalizzante). La norma, che ha espletato i propri effetti per le assunzioni effettuate fino al 31 dicembre 2016, fu oggetto di chiarimenti precisi e puntuali da parte dell’INPS con diverse note tra cui la più importante fu la circolare n. 128/2012.

Il riferimento a tale ultimo atto mi consente di ritenere che nel caso di specie che sto esaminando ci si trovi di fronte:

a) ad un regime di sotto contribuzione ben identificato nella circolare n. 5/2008 del Ministero del Lavoro, nella circolare INPS n. 51/2008 (si scende a zero contributi rispetto alle aliquote proprie dell’1,5%, del 3% e del 5% relative ai primi tre anni): da ciò discende che non ci si trova di fronte ad una “contribuzione propria della tipologia contrattuale” e che, di conseguenza, l’Istituto è abilitato ad effettuare una serie di controlli;

b) alla necessità di essere in regola con le norme sul “de minimis”, richiamate dal Regolamento UE n. 1407/2013;

c) alla necessità di essere in regola con i versamenti contributivi, oltre che con il rispetto degli altri obblighi di legge (art. 1, comma 1175 della legge n. 296/2006);

d) al rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (art. 1, comma 1175, della legge n. 296/2006);

e) al rispetto di quanto contenuto nell’art. 31 del D.Lgs. n. 150/2015 che vincola il riconoscimento dei benefici, sotto forma di sgravi contributivi, all’osservanza di una serie di regole tra le quali le più significative fanno riferimento al rispetto del diritto di precedenza, al fatto che l’assunzione non derivi da un obbligo di legge o di contratto collettivo o al fatto che nell’unità produttiva interessata all’assunzione non siano in corso sospensioni o riduzioni di orario riguardanti lavoratori in possesso della stessa qualifica.

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/amministrazione-del-personale/quotidiano/2020/01/09/apprendistato-primo-livello-cambia-contribuzione-aziende

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