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Plastic tax: quando e quanto dovranno pagare le imprese

Disincentivare l’uso dei prodotti in plastica monouso, con l’intento di preservare l’ambiente, è l’obiettivo della nuova plastic tax, introdotta dalla legge di Bilancio 2020. Ma se l’intento del Governo è lodevole dal punto di vista ambientale, bisogna prendere in considerazione l’aggravio dei costi a carico delle imprese produttrici, pari a 45 centesimi di euro per chilogrammo di plastica, nonché un possibile aggravio di spesa anche per i consumatori. Sono state anche previste delle sanzioni in caso di mancato e ritardato pagamento dell’imposta. Invece, per i comportamenti virtuosi, è previsto un credito d’imposta, pari al 10% delle spese sostenute nel periodo 1° gennaio - 31 dicembre 2020, per l’adeguamento tecnologico, mirato alla produzione di manufatti compostabili.

Tra le misure che sono state introdotte nella legge di Bilancio 2020 (l. n. 160/2019) la plastic tax è sicuramente una di quelle che ha suscitato e continua a suscitare maggiori reazioni, insieme con la sugar tax.

Questa nuova imposta nasce con l’intenzione di creare una situazione che sia di indubbia tutela per l’ambiente, ma, soprattutto dal punto di vista delle imprese che dovranno versarla, viene vista come un mezzo per “fare cassa” e quale fonte di aggravi di spesa anche per i consumatori.

Di seguito verranno evidenziate quelle che, a nostro avviso, sono le caratteristiche peculiari della nuova tassa.

Prima di entrare nel merito della disciplina, riteniamo opportuno fare presente che questa nuova imposta non costituisce una novità assoluta nell’ambito europeo.

Da tempo, infatti l’UE sta studiando misure per porre un argine alla diffusione dei prodotti in plastica, specificamente, quelli più nocivi per l’ambiente. In questo contesto si inserisce la direttiva UE 2019/904 del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 giugno 2019, entrata in vigore il 2 luglio 2019, sulla riduzione dell’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente. Essa introduce una serie di misure e attiene ai prodotti di plastica monouso che più inquinano le spiagge e i mari d’Europa, nonché agli attrezzi da pesca contenenti plastica.

Altri Stati della UE (come, ad esempio, il Belgio, la Francia l’Irlanda o il Regno Unito) hanno introdotto, prima dell’Italia, una tassazione specifica sui prodotti in plastica monouso ed in alcuni Paesi si sono spinti anche a studiare o a introdurre una tassa sugli imballaggi o a tassare in maniera diversa i differenti tipi di materiali plastici.

La plastic tax o, adottando la corretta definizione, la “imposta sul consumo dei manufatti con singolo impiego” (MACSI) viene disciplinata nell’art. 1, commi da 634 a 658, della legge di Bilancio.

I prodotti a cui si applica (art. 1, comma 634) sono quindi i prodotti volti al “contenimento, protezione, manipolazione o consegna di merci o di prodotti alimentari”, che possono essere anche sotto forma di fogli, pellicole o strisce e vengono realizzati utilizzando “materie plastiche costituite da polimeri organici di origine sintetica” e sostanzialmente non sono stati concepiti per essere utilizzati più volte. Sono inoltre considerati MACSI anche i prodotti ed i dispositivi indicati nel comma 635.

L’imposta non si applica a: prodotti compostabili conformi alla norma UNI EN 13432:2002, i dispositivi medici ed i MACSI atti al contenimento ed alla protezione dei medicinali.

I soggetti tenuti al pagamento della plastic tax sono:

- il fabbricante dei prodotti realizzati nel territorio nazionale;

- per MACSI provenienti da altri Paese UE: il soggetto che li acquisti nell’esercizio della sua attività economica, o che li ceda, se i MACSI siano acquistati da un consumatore finale;

-per MACSI provenienti da Paesi terzi: l’importatore.

Si deve però tenere presente che non è considerato fabbricante chi produca MACSI, utilizzando, come materia prima o semilavorato, altri MACSI su cui l’imposta sia dovuta da un altro soggetto, senza l’aggiunta di ulteriori materie plastiche previste al comma 634.

L’accertamento dell’imposta dovuta è effettuato in base a dettagliate dichiarazioni trimestrali, che devono essere presentate all’Agenzie delle Dogane e dei monopoli entro la fine del mese successivo al trimestre solare a cui essa si riferisce.

I funzionari dell’Agenzia sono preposti all’accertamento, alla verifica ed al controllo dell’imposta ed hanno facoltà di accesso agli impianti di produzione per verificare la corretta applicazione delle disposizioni previste dal comma 634 fino al comma 650 incluso.

L’importo da pagare è pari a 45 centesimi di euro per chilogrammo di plastica (prevista al comma 634) contenuta nei MACSI. Tale importo è decisamente inferiore a quello prefigurato inizialmente dal disegno di legge di Bilancio per il 2020, pari ad 1 euro/kg.

L’imposta non va versata, però, qualora il suo importo sia inferiore o pari a 10 euro. In questo caso non si deve presentare neanche la dichiarazione.

Poiché è necessario disciplinare le modalità di attuazione delle disposizioni inerenti all’imposta, esse spiegheranno la loro efficacia a decorrere dal primo giorno del secondo mese successivo alla data di pubblicazione dell’apposito provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli (che dovrà essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale entro maggio 2020).

A completamento della disciplina della plastic tax sono state previste sia disposizioni sanzionatorie sia di tipo incentivante.

Nel primo caso, il comma 650 prevede che vengano puniti: il mancato pagamento dell’imposta, il ritardato pagamento della stessa, il ritardo nella presentazione della dichiarazione trimestrale e la violazione delle altre disposizioni previste dal comma 634 sino al comma 650.

Per premiare, invece, i comportamenti virtuosi, il comma 653 prevede un credito d’imposta, pari al 10% delle spese sostenute nel periodo 1° gennaio - 31 dicembre 2020, per l’adeguamento tecnologico, mirato alla produzione di manufatti compostabili ai sensi dello standard EN 13432:2002, fino ad un importo massimo di euro 20.000,00 per singolo beneficiario, utilizzabile unicamente in compensazione entro il limite complessivo di 30 milioni di euro per il 2021.

Da ultimo, si applica anche, in quanto compatibile, la disciplina del credito d’imposta per le spese di formazione del personale dipendente ex art. 1, commi da 78 a 81, della l. n. 145/2018, alle spese per le attività di formazione volte ad acquisire o consolidare le conoscenze connesse all’adeguamento tecnologico di cui sopra, sempre nel periodo 1° gennaio - 31 dicembre 2020.

Fermo restando che è assolutamente prematuro formulare un giudizio prognostico sulla riuscita dell’ambizioso intento di salvaguardare l’ambiente anche per mezzo dell’introduzione di questa imposta, non possiamo esimerci dal notare che essa ha provocato numerose reazioni avverse nel mondo imprenditoriale. In questi giorni si assiste ad un proliferare di voci allarmistiche sull’impatto in termini di costi e, conseguentemente, anche a livello di possibili ricadute sfavorevoli per l’occupazione, da parte di soggetti imprenditoriali o associazioni imprenditoriali che sono interessate dalla sola plastic tax o anche dalla sugar tax.

Si paventa inoltre che, come spesso accade in presenza di provvedimenti di questo tipo, questo aumento dei costi possa essere trasferito, almeno parzialmente, sui consumatori, che, con riferimento a determinati prodotti (è il caso, ad esempio, di “soft drinks” zuccherati con bottiglia in plastica) potrebbero pagare più cari i loro gusti in tema di bevande.

Dall’altro lato, però, c’è la necessità di adottare provvedimenti concreti che pongano un freno al dilagare della plastica, che tanto danno sta creando all’ambiente (peraltro anche in virtù di comportamenti non virtuosi in relazione alla raccolta dei rifiuti…).

L’esame dell’impatto dell’analoga imposta in taluni Paesi che hanno deciso di adottarla prima dell’Italia evidenzia che l’aumento del prezzo di prodotti in plastica monouso produce un calo della domanda degli stessi. Ciò che ovviamente ad oggi non è dato sapere è quali ripercussioni ed in che misura un fenomeno del genere possa produrre in Italia.

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/impresa/contratti-dimpresa/quotidiano/2020/01/13/plastic-tax-dovranno-pagare-imprese

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