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Equo compenso ai professionisti negli appalti pubblici e parametri di riferimento

Il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella, incalza Palazzo Chigi rilanciando l’urgenza di arrivare in tempi rapidi a una soluzione che vieti il conferimento di incarichi professionali gratuiti o il cui compenso non sia commisurato a compenso equo. La disciplina dell’equo compenso, applicata a tutte le prestazioni professionali ed è preposta a garantire la qualità delle stesse prestazioni e la dignità dei professionisti, potrebbe trovare finalmente posto all’interno del Decreto Milleproroghe.

Con un Comunicato Stampa del 17 gennaio 2020, Confprofessioni va in pressing su Palazzo Chigi. Il presidente Gaetano Stella chiede un segnale concreto dal Governo e dal Parlamento, sottolineando la ritardata necessità di riconoscere la nullità dei bandi gratuiti della Pubblica Amministrazione e l’effettivo valore economico delle prestazioni professionali.

Il confronto nasce a seguito di una serie di episodi in cui le Amministrazioni hanno bandito gare prevedendo un compenso simbolico a favore dei progettisti i quali sarebbero stato pagati con un’utilità economica immateriale, cioè con l’esperienza e un ritorno di immagine.

La disciplina dell’equo compenso si applica a tutte le prestazioni professionali ed è preposta a garantire la qualità delle stesse prestazioni e la dignità dei professionisti.

Tutti i professionisti italiani, in particolar modo quelli appartenenti all’area tecnica già colpita da crisi, che operano con la Pubblica Amministrazione, hanno il diritto – ha affermato Stella - di essere pagati con una parcella conforme alla legge che sia proporzionale alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, ossi, ad un equo compenso.

E’ essenziale dunque arrivare anche a definirne i relativi parametri di riferimento per tutte quelle professioni non regolamentate che non dispongono dei criteri per la liquidazione giudiziale dei compensi.

Il decreto-legge “Bersani” n. 223/2006, all’art. 2, comma 1, lettera a) ha abrogato le disposizioni legislative e regolamentari che prevedevano, con riferimento alle attività libero-professionali ed intellettuali, l’obbligo di adottare tariffe fisse o minime. Il provvedimento ha dato per la prima volta il via libera alla possibilità di applicare onorari liberamente concordati tra il professionista ed il cliente.

Rappresentano un’eccezione al decreto Bersani i seguenti casi:

- liquidazione giudiziale degli onorari: il giudice può liquidare le spese di giudizio e i compensi professionali sulla base della tariffa professionale

- i lavori pubblici: le stazioni appaltanti possono utilizzare le tariffe, ove motivatamente ritenute adeguate, quale criterio o base di riferimento per la determinazione dei compensi per i servizi professionali.

Nonostante tutto, le tariffe ed i parametri professionali hanno continuato ad avere una funzione fondamentale per il professionista per determinare il proprio onorario in maniera corretta ed equilibrata, pur nella possibilità offerta dalla normativa di concordare liberamente l’onorario con il cliente.

Il riferimento alle tariffe è stato nuovamente inserito nel dlgs n. 163/2006 a seguito dell’emanazione del correttivo (dlgs 152/2008).

Il decreto parametri è stato introdotto col dm 140/2012 (riforma dei compensi professionali), seguito dal dm 143/2013 che definiva i corrispettivi da porre a base di gara nelle procedure di affidamento di contratti pubblici dei servizi relativi all’architettura e all’ingegneria. In ultimo il nuovo Codice appalti, prevedeva la possibilità opzionale dell’utilizzo delle tabelle del suddetto Dm 17 giugno 2016; a seguito delle modifiche apportate dal dlgs 56/2017 (Correttivo Codice appalti) viene stabilito l’obbligo di utilizzo delle suddette tabelle per il calcolo dei corrispettivi professionali nei lavori pubblici.

Le tabelle ministeriali sono il punto di partenza di ogni determinazione sui corrispettivi dovuti ai professionisti evitando così che le stazioni appaltanti possano procedere a determinazioni dei corrispettivi professionali in via forfettaria, ma da ciò non può ricavarsi un divieto imperativo di non discostarsi dalle tabelle ministeriali.

Quanto alla norma del Codice Appalti tirata in ballo da Ingegneri e Architetti, "è chiara nell'imporre alle stazioni appaltanti di utilizzare i corrispettivi previsti dalle tabelle ministeriali solo quale parametro iniziale del calcolo del compenso da porre a base di gara, con possibilità di apportare riduzioni percentuali giustificate dalle ragioni che esse potranno discrezionalmente sviluppare".

Quindi, in definitiva: i corrispettivi del DM Parametri non costituiscono "minimi tariffari inderogabili", come invece sostengono i professionisti tecnici.

Ciò che si richiede è la definitiva eliminazione dell’immoralità propria della Pubblica Amministrazione di conferire incarichi gratuiti negli appalti pubblici.

Vista la mancata trattazione della questione nell'ultima Legge di Bilancio, sottolinea Confprofessioni, Governo e Parlamento possono ora chiarire la loro posizione nei confronti di migliaia di liberi professionisti, inserendo un emendamento ad hoc sull'equo compenso all'interno del Milleproroghe in discussione in queste ore al Senato.

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/lavoro-autonomo/quotidiano/2020/01/18/equo-compenso-professionisti-appalti-pubblici-parametri-riferimento

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