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Direttiva PIF: ampliata la responsabilità amministrativa delle imprese

La responsabilità amministrativa delle imprese si estende ai reati di peculato, peculato per profitto dell’errore altrui e abuso d’ufficio, nonché ai reati tributari con particolare riferimento ai delitti di dichiarazione infedele, di omessa dichiarazione e di indebita compensazione IVA. Lo prevede il decreto legge di attuazione della direttiva PIF sulla protezione degli interessi finanziari dell’UE mediante il diritto penale, approvato, in esame preliminare, dal Consiglio dei Ministri del 23 gennaio 2020. L’integrazione del D.Lgs. n. 231/2001 con l’aggiunta di nuove responsabilità comporta l’esigenza per le aziende, che si sono già dotate di un modello organizzativo di gestione e controllo, di aggiornare tale modello integrandolo con la previsione dei nuovi reati al fine di evitare sanzioni pecuniarie e il conseguente danno reputazionale.

Il Consiglio dei Ministri del 23 gennaio 2020 ha approvato in esame preliminare un decreto legislativo di attuazione della direttiva UE n. 2017/1371 (Direttiva PIF), relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’UE mediante il diritto penale.

Il decreto aumenta il peso delle sanzioni per una serie di reati, tra cui i reati tributari e i reati contro la pubblica amministrazione, e introduce nuove sanzioni penali nel caso in cui tali reati siano commessi a danno degli interessi finanziari dell’Unione.

Tra i crimini previsti vi sono una serie di reati contro la PA, l’appropriazione indebita o distrazione di fondi comunitari, l’evasione di tariffe doganali (reato di contrabbando). Misure specifiche sono introdotte in tema di evasione IVA, quando questa è condotta con sistemi transfrontalieri con conseguente lesione degli interessi finanziari dell’UE.

Sono integrati infine il reato di frode nelle pubbliche forniture e il reato di frode in agricoltura, con sanzioni penali modulate a seconda dell’entità del danno arrecato o del beneficio indebitamente ottenuto.

La responsabilità di tali reati è peraltro estesa, ex D.Lgs. n. 231/2001, anche alle società a beneficio delle quali tali condotte illecite sono perpetrate, con la conseguente necessità per queste ultime di adeguare i documenti interni ex D.Lgs. 231 e i presidi di controllo.

Vediamo di seguito la norma nel dettaglio.

Lo scopo della Direttiva (UE) 2017/1371, che introduce l’uso del diritto penale per tutelare gli interessi finanziari dell’Unione europea, è quello di creare un sistema di regole armonizzato per combattere i crimini lesivi del bilancio UE e di “proteggere meglio gli interessi finanziari dell’UE e il denaro dei contribuenti europei”.

La direttiva completa il quadro della tutela degli interessi finanziari, individuando, tra le condotte fraudolente più gravi nel settore finanziario, i reati potenzialmente dannosi per le casse comunitarie. Sono individuate sanzioni penali minime effettive, proporzionali e dissuasive. Esse comprendono una pena fino a 4 anni di reclusione se il danno finanziario al bilancio dell’UE è superiore 100.000 euro o in caso di reato grave finalizzato all’evasione dell’IVA, non escludendo la possibilità di prevedere sanzioni più elevate.

La stessa direttiva suggerisce infine che le persone giuridiche coinvolte debbano essere ritenute responsabili di reati commessi a loro vantaggio, prevedendo apposite sanzioni.

Il decreto si adegua sostanzialmente alle misure previste nella direttiva PIF. Il primo ordine di reati previsti è legato all’appropriazione indebita o distrazione di fondi comunitari.

Il primo articolo del decreto riforma gli art. 316, 316-ter, 319-quater del codice penale, relativi rispettivamente al peculato mediante profitto dell’errore altrui, all’appropriazione indebita di contributi, finanziamenti, erogazioni pubbliche e all’induzione indebita a dare o promettere utilità.

In tutti questi casi, oltre alle sanzioni già previste si aggiunge “la reclusione da sei mesi a quattro anni quando il fatto offende gli interessi finanziari dell’UE e il danno o il profitto sono superiori a euro 100.000”. È modificato anche l’art. 640 (“Truffa”), introducendo tra le fattispecie sanzionabili anche la truffa ai danni dell’Unione Europea, prima esclusa.

Vengono poi integrati i reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto. In particolare, per i reati di dichiarazione infedele, di dichiarazione fraudolenta mediante fatture o e dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, è inserita la punibilità anche del solo tentativo di reato quando questo è consumato anche nel territorio di un altro Stato membro all’interno dell’Unione Europea e se è finalizzato all’evasione dell’IVA per un valore non inferiore ai dieci milioni di euro.

Il decreto interviene anche in tema di elusione dei diritti doganali, ripristinando le sanzioni penali per il reato di contrabbando quando gli importi evasi sono superiori a diecimila euro. L’art. 3 del decreto aggiunge peraltro quale aggravante del reato di contrabbando, punibile con la reclusione da tre a cinque anni, l’ammontare dei diritti non pagati è superiore a centomila euro. Sono invece previsti fino a tre anni di reclusione se l’ammontare dei diritti non pagati va dai cinquantamila ai centomila euro.

Le sanzioni si inaspriscono anche in materia di aiuti comunitari nel settore agricolo, regolati dalla legge n. 898/1986, che prevede la reclusione per chiunque, mediante l’esposizione di dati o notizie falsi, consegue indebitamente, per sé o per altri, aiuti, premi, indennità, restituzioni, contributi o altre erogazioni a carico totale o parziale del Fondo europeo agricolo di garanzia e del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale. Il periodo di reclusione, da sei mesi ad un massimo di tra anni, è elevato a quattro anni quando il danno o il profitto sono superiori a centomila euro.

Il decreto modifica infine il D.Lgs. n. 231/2001, intervenendo sulla responsabilità amministrativa degli enti quando i reati considerati sono commessi a vantaggio o nell’interesse dell’ente. Tra i reati presupposto si amplia pertanto il panorama dei delitti contro la pubblica amministrazione con l’aggiunta dei reati di peculato, peculato per profitto dell’errore altrui e abuso d’ufficio.

La responsabilità amministrativa delle imprese si estende inoltre ai reati tributari visti sopra, in particolare ai delitti di dichiarazione infedele, di omessa dichiarazione e di indebita compensazione, quando sono commessi anche in parte in altro Stato membro dell’Unione europea al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto e il valore dell’evasione o della tentata evasione è pari o superiore a dieci milioni di euro. Si estende infine ai reati di contrabbando quando i diritti di confine dovuti superano 100.000 euro.

L’integrazione del D.Lgs. n. 231/2001 con l’aggiunta di nuove responsabilità per l’impresa comporta, come detto, l’esigenza, per le aziende che si sono già dotate di un modello organizzativo di gestione e controllo (MOGC), di aggiornare tale modello integrando i nuovi reati presupposto.

L’eventuale coinvolgimento dell’impresa in tali reati non solo comporterebbe a carico di quest’ultima sanzioni pecuniarie elevate e commisurate al profitto indebito (anche quando questo non è concretamente percepito), ma arrecherebbe anche, in conseguenza della pubblicità negativa legata all’evento, un sostanziale danno reputazionale.

È opportuna pertanto da parte dell’impresa un’approfondita valutazione dei rischi e una rivisitazione del sistema di controllo ex D.Lgs. n. 231/2001 per garantire una supervisione adeguata che prevenga la commissione di tali reati.

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/impresa/contratti-dimpresa/quotidiano/2020/01/29/direttiva-pif-ampliata-responsabilita-amministrativa-imprese

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