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Società quotate: sanzioni fino a 10 milioni per le violazioni su governance e remunerazione

Il decreto in materia di incoraggiamento dell’impegno a lungo termine degli azionisti, approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri del 29 gennaio 2020 in attuazione della direttiva SHRD II, prevede un forte inasprimento delle pene pecuniarie nei confronti della società e dei soggetti apicali che hanno contribuito alla violazione. Introduce, inoltre, nuove fattispecie di sanzioni per le violazioni degli obblighi legati al governo societario, alle politiche di remunerazione, alle operazioni con parti correlate. Nuove sanzioni sono previste anche per gli intermediari che non consentono un’agevole fruizione dei diritti da parte dei soci azionisti. Viene infine modificata la disciplina delle imprese di assicurazione in tema di governance, remunerazioni e requisiti degli esponenti aziendali. Cosa cambia per le imprese?

Il Consiglio dei Ministri del 29 gennaio 2020 ha approvato in esame preliminare il decreto legislativo recante attuazione dell’art. 7 della legge di delegazione europea (legge n. 117/2019) in materia di incoraggiamento dell’impegno a lungo termine degli azionisti e la disciplina del sistema di governo societario.

Il decreto dà attuazione alla direttiva (UE) n. 2017/828 (SHRD II o Shareholder Rights Directive), che modifica la direttiva n. 2007/36/CE, allo scopo di incoraggiare l’impegno a lungo termine degli azionisti.

In particolare, amplia le fattispecie sanzionabili per le violazioni delle norme nazionali in materia di impegno a lungo termine degli azionisti, e inasprisce le sanzioni previste in caso di violazione degli obblighi, sia per le società, sia per gli amministratori.

Per i soggetti apicali dell’impresa aumentano le pene pecuniarie e sono introdotte nuove sanzioni, per le stesse fattispecie per cui l’impresa è sanzionabile, qualora la condotta di tali soggetti sia determinante nella violazione da parte della società.

Il testo disciplina infine il sistema di governo societario delle società assicuratrici, per quanto attiene le politiche di remunerazione, i requisiti e i criteri di idoneità degli esponenti aziendali, dei soggetti che svolgono funzioni fondamentali e dei partecipanti al capitale.

Il decreto ha lo scopo di rendere effettivi gli obblighi previsti dalla direttiva Shareholder II, attraverso maggiori poteri di intervento e l’effetto deterrenza delle sanzioni a carico delle società. La previsione di una maggior corresponsabilità dei soggetti apicali va nella stessa direzione.

Analizziamo la disciplina nel dettaglio, approfondendo gli aspetti di maggior impatto per le imprese.

Il decreto apporta sostanziali modifiche alla parte V del TUF relativa alle sanzioni. In particolare, sono riviste le sanzioni a carico delle società per violazione degli obblighi in materia di governance, in materia di politiche di remunerazione e in materia di attività con le parti correlate. A carico degli intermediari finanziari, sono previste invece nuove sanzioni per le violazioni che ostacolano l’impegno a lungo termine degli azionisti.

L’art. 2 del decreto modifica l’art. 190.1 TUF relativo alle violazioni della disciplina di gestione accentrata degli strumenti finanziari. L’obiettivo di questa sezione è dare efficacia ai diritti degli azionisti di una società quotata (specie gli azionisti di minoranza), rafforzando gli obblighi dell’intermediario legati all’esercizio di tali diritti.

La prima importante variazione riguarda il limite massimo della pena, che passa da 5 milioni a 10 milioni di euro, con l’eliminazione del criterio di calcolo legato al requisito del fatturato.

Tra le nuove fattispecie sanzionabili si aggiungono invece la violazione, da parte dell’intermediario, dell’obbligo di esercitare i diritti inerenti agli strumenti finanziari su mandato del titolare del conto e in nome e per conto di quest’ultimo. Così anche l’obbligo di effettuare le comunicazioni e rilasciare le certificazioni richieste per l’esercizio dei diritti collegati agli strumenti finanziari (tra cui il diritto di votare nell’assemblea degli azionisti). L’intermediario è tenuto altresì a registrare per ciascun titolare di conto gli strumenti di sua pertinenza, il loro trasferimento, i diritti e i vincoli, in conti distinti rispetto a quelli di pertinenza dell’intermediario stesso. La violazione di questi obblighi è punibile anch’essa con sanzioni da 30.000 a 10 milioni di euro.

Venendo alle sanzioni per le società, il comma 3 dell’art. 2 interviene sull’art. 192-bis TUF, che regola le sanzioni amministrative in materia di informazioni sul governo societario e di politica di remunerazione e compensi corrisposti.

Le società quotate hanno l’obbligo di pubblicare una relazione sulle politiche di remunerazione e sui compensi corrisposti, da mettere a disposizione del pubblico almeno 21 giorni prima della data dell’assemblea di approvazione del bilancio. I compensi sono attribuiti solo in conformità con la politica di remunerazione approvata dai soci e deve essere coerente con il raggiungimento degli interessi a lungo termine dell’azienda. La sanzione massima per la violazione di tali obblighi passa da 150.000 a 10 milioni per la società e da 150.000 a 2 milioni per i soggetti apicali la cui condotta abbia contribuito a determinare la violazione.

Stesso aggravio è previsto per le sanzioni legate alla violazione degli obblighi in materia di operazioni con parti correlate. Tali s’intendono le controparti dell’azienda legate a questa da particolari rapporti che possono limitarne l’autonomia decisionale. In questi casi l’art. 2391-bis c.c. prevede specifici obblighi di trasparenza per le società e i suoi amministratori, tra cui a titolo di esempio obblighi di disclosure nella relazione di gestione annuale o l’obbligo di astensione dal voto per gli amministratori e gli azionisti coinvolti nell’operazione. La sanzione prevista è aumentata dai precedenti 150.000 euro a 10 milioni per la società e 1,5 milioni per i soggetti apicali la cui condotta abbia contribuito a determinare la violazione.

L’art. 3 del decreto modifica infine il codice delle assicurazioni private per garantire la conformità alle disposizioni della direttiva n. 2009/138/UE (Solvency II), integrando la disciplina del sistema di governo societario relativo alla remunerazione e definendo i criteri di idoneità degli esponenti aziendali, dei soggetti che svolgono funzioni fondamentali. È demandata all’IVASS l’individuazione dei requisiti di onorabilità, professionalità, competenza e dei criteri di correttezza, nonché i limiti al cumulo degli incarichi degli amministratori, con Regolamento da adottare entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto.

La legge n. 117/2019 invocava la previsione di sanzioni amministrative efficaci, proporzionate e dissuasive per rendere concreta l’attuazione della direttiva SHRD II.

In sostanza, un obbligo senza la correlata sanzione potrebbe non essere effettivo. Lo stesso vale se, come per gli obblighi in materia di incoraggiamento dell’impegno a lungo termine degli azionisti, la sanzione è tale da rendere per certi versi conveniente l’infrazione.

L’innalzamento delle sanzioni pecuniarie può pertanto elevare il livello di compliance delle società quotate, a beneficio dei portatori di interessi e, in special modo, degli azionisti di minoranza. L’impegno a lungo termine dei soci e un loro maggiore coinvolgimento nel governo societario, infatti, hanno un impatto benefico per l’impresa stessa, poiché la mettono al riparo da variabili esogene legate ai mercati finanziari e le consentono una maggiore focalizzazione sulla creazione di valore sostenibile nel tempo. Al contempo, gli stessi obblighi previsti dalla normativa, aumentando il livello di disclosure delle attività societarie a favore degli stakeholder, contribuiscono di per sé a migliorare la qualità dell’impresa.

Infine, in materia di politiche di remunerazione, è sanzionata la violazione dell’obbligo di sottoporre all’assemblea dei soci la relazione sui compensi erogati. La politica di remunerazione è anch’essa sottoposta al voto dell’assemblea e va rinnovata ogni tre anni. Tuttavia, il voto assembleare è meramente consultivo ed è lasciato ampio margine di discrezionalità agli amministratori, pur nel rispetto del criterio di coerenza con gli obiettivi aziendali.

Se è vero che la natura consultiva del voto snellisce le procedure e dà flessibilità all’azienda è vero anche, tuttavia, che la mancanza di un vincolo per gli amministratori crea spazi di manovra che potrebbero in qualche misura disallineare gli interessi tra questi ultimi e i soci dell’azienda. Ciò vale tanto più per le piccole e medie imprese, dove il vincolo imposto dalla legge è ancora minore. Per le PMI, infatti, è sì previsto il voto consultivo sulla politica dei compensi, ma la relazione annuale sui compensi corrisposti è sottoposta ad una mera discussione, senza successiva votazione.

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/impresa/contratti-dimpresa/quotidiano/2020/02/11/societa-quotate-sanzioni-10-milioni-violazioni-governance-remunerazione

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