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Corsa alla pensione: una fuga dal lavoro? I rimedi ci sono…

Regole rigide, ma con tante eccezioni. E’ la caratteristica del sistema pensioni italiano. Si va in pensione di vecchiaia con una età di 67 anni, ma si possono anticipare i tempi in presenza di anzianità contributive lunghe per chi ha iniziato a lavorare in giovane età e non ha mai dovuto affrontare periodi prolungati di disoccupazione. Se le opzioni per il pensionamento sono tante, sono altrettanto numerosi i lavoratori che chiedono di accedervi appena superati i 60 anni. E’ naturale, quindi, pensare che lavorare in Italia sia un’attività priva di soddisfazioni personali. Perché allora, invece di facilitare il pensionamento anticipato, non rendere il lavoro più attrattivo per tutti?

Malgrado la situazione economica abbia conosciuto qualche miglioramento, le condizioni di pensionamento di vecchiaia restano ancora oggi quelle previste dalla “legge Fornero” del dicembre 2011, che, nei fatti, fissa attualmente al compimento di 67 anni l’accesso alla pensione (tenendo conto anche della speranza di vita) e che, anzi, si avvia ad innalzare di un ulteriore anno questo traguardo a far data dal 2023.

Con la riforma del sistema delle pensioni varata definitivamente nel marzo dello scorso anno (“quota 100”) si è prevista però un’uscita notevolmente anticipata rispetto all’età della pensione di vecchiaia, poiché ancora per i prossimi due anni bastano 38 anni di contribuzione (a qualunque titolo versata o accreditata) e 62 anni di età, per dire addio al lavoro senza rimpianti.

Si tratta di requisiti pensati soprattutto per quei lavoratori, che hanno iniziato a lavorare in giovane età (a 24 anni o prima) e che non hanno mai dovuto affrontare periodi prolungati di disoccupazione (con le correlate lacune contributive).

Meglio ancora va per i lavoratori più precoci, che possono senza troppe difficoltà cumulare i 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva necessari secondo la riforma del 2012 per il pensionamento anticipato (per le donne basta anche un anno di meno) così da accedere alla pensione a poco più di 61 anni.

Resta esclusa da questi benefici, però, una fascia importante di lavoratori che, in considerazione anche del fatto che svolgono attività per l’esercizio delle quali è necessaria la laurea, hanno potuto avere accesso ai primi versamenti contributivi solo dopo i 26 anni (se non oltre). Costoro, infatti, si trovano in una condizione in cui l’anzianità contributiva è troppo bassa per poter assicurare un’uscita anticipata, di modo che il raggiungimento dell’età della pensione di vecchiaia resta spesso la sola via per potersi guadagnare una pensione.

Per venire dunque incontro alle esigenze di costoro, la riforma posta in essere lo scorso anno dal Governo “gialloverde”, con il D.L. n. 4 del gennaio 2019 n. 4, ha previsto il diritto ad operare un nuovo tipo di riscatto, prevedendo a riguardo un costo forfettario tutto sommato modesto (di poco più di 5.000,00 euro per anno) e comunque rateizzabile e fiscalmente deducibile. Una possibilità ghiotta, ma che il legislatore riservava di fatto solo ai più giovani, poiché finiva per interessare solo gli anni trascorsi all’università successivamente al 1996 (e quindi, almeno nella generalità dei casi, solo i soggetti nati dopo il 1978, che hanno al momento meno di quaranta anni).

L’INPS, tuttavia, forse anche accogliendo il suggerimento che avevamo sommessamente avanzato nell’aprile dello scorso anno (Pensioni: tutto pronto per il riscatto dei contributi. Ma è tutto chiaro?) ha provveduto con la recente circolare n. 6 del 22 gennaio 2020 ad estendere il beneficio del riscatto anche a periodi antecedenti al 1996, a condizione tuttavia che il lavoratore opti per un calcolo interamente contributivo della sua pensione.

Si tratta di una soluzione che sembra particolarmente vantaggiosa soprattutto per le lavoratrici cui manca poco per poter avere accesso alla cosiddetta “opzione donna”, una forma di pensionamento anticipato riconosciuto sino a tutto il 2019 a chi possa vantare 35 anni di anzianità contributiva e un’età superiore a 58 anni (59 per le autonome).

Come però ricorda l’ancor più recente circolare INPS n. 18 del 7 febbraio scorso, malgrado la misura sia stata ulteriormente prorogata (superando oramai i quindici anni di vigenza di fatto), i requisiti necessari per l’accesso devono essere stati raggiunti al 31 dicembre 2019, di modo che (a parte coloro che avevano già presentato domanda lo scorso anno, confidando nell’estensione dei periodi suscettibili di riscatto) bisognerà comunque prestare grande attenzione alle prossime indicazioni provenienti dal legislatore e dall’INPS, per poter avere la certezza di poter raggiungere il pensionamento senza sorprese.

A parte resta poi, per l’anticipo pensionistico, la cosiddetta isopensione, che si configura nei termini di un vero e proprio “scivolo”, con la corresponsione di un assegno mensile per tutto il tempo necessario (sino a 7 anni) per la maturazione del diritto a pensione, a seguito di un esodo volontario ed incentivato dei lavoratori. Soluzione, questa, estremamente costosa, che solo alcune fra le imprese più grandi riescono a permettersi, poiché tutti i costi restano interamente a carico dall’azienda, che deve provvedere a mettere a disposizione dell’INPS non solo l’importo dell’assegno mensile di cui beneficia il lavoratore, ma anche le quote di contributi necessari agli anni ancora mancanti al pensionamento.

Insomma, se le regole per il pensionamento sono rigide, il numero delle eccezioni resta non di meno alto: e questo fa pensare che lavorare in Italia deve essere una attività particolarmente priva di soddisfazioni personali, se sono così numerosi i lavoratori che chiedono di accedere al pensionamento appena superati i 60 anni e quindi ad un’età, tutto sommato, modesta, specie se messa a confronto con la speranza di vita, che resta altissima.

Forse invece di facilitare il pensionamento anticipato, nella speranza di far posto ai giovani, è giunta l’ora di rendere il lavoro più attrattivo per tutti.

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/pensioni/quotidiano/2020/02/15/corsa-pensione-fuga-lavoro-rimedi-sono

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