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Contratto di espansione: un ammortizzatore sociale con tante potenzialità

Erede del contratto di solidarietà espansivo, il contratto di espansione offre non solo di agevolare il ricambio generazionale, ma anche di favorire un turn over delle professionalità per la realizzazione di piani di reindustrializzazione o riorganizzazione. Ha natura sperimentale e riguarda (per il momento) gli anni 2019 e 2020. Con riferimento alle misure di accompagnamento alla pensione, il contratto di espansione risulta molto meno oneroso per le aziende della procedura di isopensione. Se ne parlerà nel corso del VIII Forum TuttoLavoro, organizzato da Wolters Kluwer in collaborazione con Dottrinalavoro.it, in programma a Modena il prossimo 25 febbraio.

Una delle novità più rilevanti degli ultimi mesi in materia di ammortizzatori sociali è il contratto di espansione. Erede del poco fortunato contratto di solidarietà espansivo, il contratto di espansione è stato introdotto nel nostro ordinamento a partire dal 30 giugno 2019 con applicazione sperimentale per i soli anni 2019 e 2020 (art. 41 D.Lgs. 148/2015). Esso consente di gestire situazioni di crisi comportanti esubero strutturale di personale con l’accompagnamento alla pensione dei lavoratori più anziani, il loro avvicendamento con lavoratori di nuova assunzione e la temporanea riduzione dell’orario di lavoro assistita dall’ammortizzatore sociale del contratto di solidarietà.

Il contratto di espansione si applica alle imprese con organico superiore alle 1.000 unità lavorative, che siano interessate da processi di reindustrializzazione e riorganizzazione comportanti, in tutto o in parte, una strutturale modifica dei processi aziendali per il progresso e lo sviluppo tecnologico dell'attività e la conseguente esigenza di modificare le competenze professionali in organico. In sostanza, si tratta di aziende che nell’evoluzione dei processi produttivi non possono limitarsi ad aggiornare le competenze dei lavoratori già in forza mediante percorsi di riqualificazione, ma devono assumere nuove figure professionali. La disposizione di legge infatti stabilisce come caratteristica inderogabile del contratto di espansione la previsione di “assunzione di nuove professionalità”.

L’impresa con più di 1.000 dipendenti che voglia attivare il contratto di espansione deve avviare una procedura di consultazione, secondo le modalità e i termini previsti per il ricorso alla CIGS. Deve quindi comunicare, direttamente o tramite l'associazione imprenditoriale cui aderisce o conferisce mandato, alle RSA o alla RSU, nonché alle articolazioni territoriali delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale:

· le cause della riduzione dell'orario di lavoro,

· l'entità e la durata prevedibile della riduzione,

· il numero dei lavoratori interessati,

· la volontà di sottoscrivere in sede governativa, sussistendone i presupposti dimensionali e di condizioni oggettive, un contratto di espansione ex art. 41 D.Lgs. 148/2015 con il Ministero del lavoro e con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o con le loro RSA o con la RSU.

Poiché la procedura prevede che la successiva iniziativa dell’esame congiunto della situazione aziendale spetti tanto all'impresa quanto agli interlocutori sindacali e che a tal fine il Ministero del Lavoro convochi le parti, ritengo preferibile per economia di tempo che la comunicazione contenga già l’invitoall’esame congiunto e sia trasmessa contestualmente anche al Ministero del Lavoro.

Il contratto di espansione è a tutti gli effetti un contratto collettivo aziendale, come precisa la norma, di natura gestionale. Esso deve riportare:

Con riferimento ai lavoratori da assumere:

- il numero, i profili professionali, che devono essere in linea con i piani di reindustrializzazione o riorganizzazione;

- la programmazione temporale delle assunzioni;

- l'indicazione della durata a tempo indeterminato dei contratti di lavoro. Al riguardo la norma precisa che le nuove professionalità possono essere inserite anche con apprendistato professionalizzante, il che significa che non è tanto rilevante il grado di specializzazione al momento dell’ingresso nel contesto aziendale, quanto piuttosto la professionalità da acquisire nella prospettiva del piano della reindustrializzazione o di riorganizzazione;

Relativamente ai dipendenti in organico:

- la riduzione complessiva media dell'orario di lavoro;

- il numero dei lavoratori interessati dalla riduzione in regime di solidarietà;

- il numero dei lavoratori che possono accedere al trattamento di accompagnamento alla pensione.

Con riferimento alla riduzione d’orario la norma precisa che:

- la riduzione media oraria non può superare il 30% dell'orario giornaliero, settimanale o mensile dei lavoratori interessati al contratto di espansione.

- per ciascun lavoratore la percentuale di riduzione complessiva dell'orario di lavoro può essere concordata, ove necessario, fino al 100% nell'arco dell'intero periodo per il quale il contratto di espansione è stipulato.

Rispetto al contratto di solidarietà difensivo, che ammette una riduzione media d’orario non superiore al 60% e una riduzione massima individuale del 70%, nel contratto di espansione è dunque minore il limite massimo di ricorso alla solidarietà, ma si può disporre il “collocamento” in sospensione a zero ore di una parte dei lavoratori per un periodo massimo di un anno e mezzo.

Da ultimo il legislatore ricorda che il contratto di espansione comporta la presentazione di un progetto di formazione e di riqualificazione delle risorse già in forza, sulle quali l’impresa deve evidentemente continuare ad investire.

Il progetto, che è parte integrante del contratto di espansione, descrive i contenuti formativi e le modalità attuative, il numero complessivo dei lavoratori interessati, il numero delle ore di formazione, le competenze tecniche professionali iniziali e finali ed è distinto per categorie.

Il progetto può intendersi assolto anche qualora il datore di lavoro abbia impartito o fatto impartire l'insegnamento necessario per il conseguimento di una diversa competenza tecnica professionale, rispetto a quella cui è adibito il lavoratore, utilizzando l'opera del lavoratore in azienda anche mediante la sola applicazione pratica.

Il progetto deve garantire che la formazione sia effettiva per fare conseguire al lavoratore competenze tecniche idonee alla mansione alla quale sarà adibito.

Ai lavoratori interessati dal progetto formativo si applicano le disposizioni in materia di accordo di ricollocazione (art. 24 bis D.lgs. 148/2015).

Il contratto di espansione per far fronte all’esubero d’organico può avvalersi dell’ammortizzatore sociale della cassa integrazione straordinaria al pari di un contratto di solidarietà difensivo per un periodo non superiore a 18 mesi, anche non continuativi. Tale durata massima è prevista in deroga ai limiti ordinari di 24 mesi nell’arco di un quinquennio mobile, previsti in generale dalla normativa sugli ammortizzatori sociali (artt. 4 e 22 D.lgs. 148/2015).

In relazione alle ore non lavorate per effetto della riduzione d’orario concordata è riconosciuto ai lavoratori il trattamento di integrazione salariale.

Al riguardo il Ministero del Lavoro con la circolare 17 ottobre 2019 n.18 ha affermato che l’ammortizzatore sociale a sostegno del contratto di espansione riguarda unicamente le imprese rientranti nel campo di applicazione della CIGS, vale a dire principalmente le grandi aziende industriali e commerciali. Per le altre imprese il contratto di espansione potrà prevedere solo l’accompagnamento alla pensione e le assunzioni di nuovi lavoratori.

A mio parere si potrà comunque stabilire l’eventuale riduzione temporanea d’orario in chiave solidaristica, come una forma di lavoro a tempo parziale negoziata collettivamente e accettata a livello individuale, ma senza ausilio dell’ammortizzatore sociale per compensare la perdita di salario e di copertura contributiva.

Oltre alla possibilità di riduzione temporanea dell’orario di lavoro il contratto di espansione permette di accompagnare i lavoratori più anziani alla pensione di vecchiaia o anticipata. Si tratta, in particolare, dei lavoratori che si trovino a non più di 60 mesi dal conseguimento del diritto alla pensione di vecchiaia, che abbiano maturato il requisito minimo contributivo, o alla pensione anticipata.

La cessazione dei rapporti di lavoro deve avvenire mediante accordi di non opposizione da parte dei lavoratori interessati e previo esplicito consenso in forma scritta.

La norma non lo dice espressamente, ma il richiamo al criterio della non opposizione individuale configura la cessazione dei rapporti di lavoro come licenziamenti per riduzione di personale. Questa tipologia di licenziamenti impone particolari procedure:

- di pre-notifica dei recessi nel caso di lavoratori assunti prima del 7 marzo 2015;

- di informazione e consultazione sindacale – c.d. licenziamento collettivo – della durata massima di 75 giorni quando i licenziamenti siano almeno 5 nell’arco di 120 giorni, in base agli artt. 4 e 24, L. 223/1991.

In considerazione della dimensione occupazionale delle aziende alle quali si rivolge, il contratto di espansione e della portata della procedura, si deve senz’altro ritenere che nel maggior parte dei casi sarà necessario attivare una procedura di licenziamento collettivo, che dovrà necessariamente concludersi con accordo sindacale che sancisca il criterio non oppositivo, applicato ai soli lavoratori prossimi alla pensione, quale unico criterio di scelta dei lavoratori da licenziare, in deroga ai criteri di legge (anzianità di servizio, carichi di famiglia, esigenze tecnico produttive e organizzative).

A fronte della cessazione del rapporto di lavoro il datore di lavoro garantisce ai lavoratori interessati, per tutto il periodo e fino al raggiungimento del primo diritto a pensione, un'indennità mensile commisurata al trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro, come quantificato dall'INPS.

La norma afferma che l’indennità mensile garantita dal datore di lavoro comprende, ove spettante, l'indennità di disoccupazione NASpI. Ciò pare significare che il datore di lavoro è tenuto a versare al lavoratore un importo lordo mensile pari alla differenza tra l’assegno pensionistico, calcolato alla data di licenziamento, e la NASpI:

Ad esempio se la pensione mensile attesa fosse di euro 1.200,00 e la NASpI spettante di euro 800,00, il datore di lavoro dovrebbe erogare al lavoratore la differenza mensile lorda di euro 400,00.

In realtà il calcolo è un po’ più complesso perché deve tener conto del fatto che l’importo della NASpI è progressivamente ridotto (del 3% al mese a partire dal quarto mese) ed è comunque riconosciuto per 12 mensilità all’anno mentre la pensione spetta per 13 mensilità.

L’indennità mensile a carico del datore di lavoro può essere riconosciuta anche per il tramite dei fondi di solidarietà bilaterali già costituiti o in corso di costituzione, senza l'obbligo di apportare modifiche ai relativi atti istitutivi. Questa possibilità apre una prospettiva del tutto nuova ai fondi bilaterali che sostituiscono il Fondo di Integrazione Salariale (FIS) dell’INPS, i quali possono erogare così delle prestazioni di sostegno al reddito diverse dall’assegno ordinario e di solidarietà.

La norma precisa anche che, qualora il primo diritto a pensione sia quello previsto per la pensione anticipata, il datore di lavoro è tenuto a versare anche i contributi previdenziali utili al conseguimento del diritto, con esclusione del periodo già coperto dalla contribuzione figurativa collegata alla NASPI. In sostanza, al datore di lavoro si chiede di versare i contributi previdenziali per il periodo successivo a quello di copertura figurativa di disoccupazione (che non può superare i 24 mesi), vale a dire fino ad un massimo di 36 mesi, tenuto conto del quinquennio di “distanza massima” dal pensionamento. In sostanza, mentre l’accompagnamento alla pensione di vecchiaia pone a carico del datore di lavoro solo l’onere dell’indennità pari alla pensione, l’accompagnamento alla pensione anticipata -il cui requisito di accesso è fissato attualmente a 41 anni e 10 mesi per le donne e a 42 e 10 mesi per gli uomini- richiede anche il pagamento della contribuzione mancante al requisito.

Interessante è infine la previsione della “cristallizzazione” dei requisiti di accesso alla pensione per i lavoratori che accedono alla procedura di accompagnamento: per loro le leggi e gli altri atti aventi forza di legge non possono in ogni caso modificare i requisiti per conseguire il diritto al trattamento pensionistico vigenti al momento dell'adesione.

Gli accordi individuali di cessazione del rapporto con adesione alla procedura di accompagnamento alla pensione e l'elenco dei lavoratori che accettano l'indennità a carico del datore di lavoro, ai fini della loro efficacia, devono essere depositati telematicamente.

Al confronto con la procedura di isopensione introdotta dalla Riforma Fornero (Art. 4, c.1, L.92/2012), l’accompagnamento alla pensione del contratto di espansione risulta assai meno oneroso. In questo caso, infatti, il datore di lavoro non è tenuto a pagare per intero la prestazione equivalente alla pensione, potendo scomputare l’importo dell’indennità NASpI; inoltre, la contribuzione correlata a carico del datore di lavoro è solo quella eccedente il periodo coperto figurativamente dalla NASpI.

Come abbiamo già osservato, il contratto di espansione ha natura sperimentale e riguarda per il momento gli anni 2019 e 2020. Per il finanziamento dell’ammortizzatore sociale è previsto un apposito stanziamento pubblico di spesa di 4,4 milioni di euro per l'anno 2019, di 11,9 milioni di euro per l'anno 2020 e di 6,8 milioni di euro per l'anno 2021. Se nel corso della procedura di consultazione sindacale si prevede, anche in via prospettica, l’esaurimento dei fondi disponibili, il Ministero del lavoro non può procedere alla sottoscrizione dell'accordo governativo

Tra gli strumenti per la gestione degli esuberi le principali novità del contratto di espansione possono individuarsi:

- nella possibilità di affrontare la situazione di eccedenza del personale con un approccio non più solo quantitativo (riduzione del numero di unità lavorative), ma anche qualitativo (ricambio di professionalità);

- nell’abbinamento di uno strumento temporaneo, quale è la riduzione d’orario assistita dall’ammortizzatore sociale, con uno di riduzione strutturale d’organico non traumatico, rappresentato dall’accompagnamento dei lavoratori più anziani alla pensione più vicini a questo traguardo di vita.

L’effetto finale del contratto di espansione dovrebbe essere non soltanto quello di agevolare il ricambio generazionale, ma anche di favorire un turn over delle professionalità per la realizzazione di piani di reindustrializzazione o riorganizzazione. In questa prospettiva la definizione di “contratto di espansione” parrebbe riferirsi non tanto all’esigenza che il ricambio tra nuovi assunti e pensionandi in uscita presenti un saldo positivo, quanto piuttosto alla finalità di ripartenza e sviluppo di aziende in difficoltà altrimenti condannate alla progressiva emorragia occupazionale.

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Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/amministrazione-del-personale/quotidiano/2020/02/21/contratto-espansione-ammortizzatore-sociale-tante-potenzialita

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