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Smart working semplificato: i Consulenti del Lavoro analizzano le criticità

Con un approfondimento del 27 febbraio 2020, la Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro affronta alcuni dubbi interpretativi e applicativi, anche in considerazione del fatto che nelle due versioni del DPCM, emanato per fronteggiare l’emergenza Coronavirus, l’applicazione del lavoro agile (smart working) passa da automatica’a provvisoria. Il documento di prassi si sofferma sulle Regioni Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Veneto e Liguria sui lavoratori ivi residenti o domiciliati che svolgano attività lavorativa fuori da tali territori, a ogni rapporto di lavoro subordinato. I Consulenti specificano alcune modalità applicative del lavoro agile automatico e provvisorio e propongono anche un modello di autocertificazione informativa utile ad attestare come il rapporto di lavoro agile si riferisca ad un lavoratore appartenente ad una delle aree localizzate come a rischio contagio.

La Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, con l’approfondimento del 27 febbraio 2020, fornisce alcune indicazioni operative utili ad adottare forme di lavoro agile al fine di fronteggiare efficacemente l’emergenza Coronavirus.

Il lavoratore soggetto a “quarantena con sorveglianza attiva”, è da considerarsi sottoposto a un trattamento sanitario e perciò la sua assenza è assumibile secondo la disciplina della malattia. Nessuna giustificazione invece, può essere riconosciuta al lavoratore assente semplicemente perché “timoroso” del contagio, senza che ricorra alcuno dei presupposti clinici-normativi.

Il lavoro agile è rappresentato su base essenzialmente volontaria, da formalizzare necessariamente per iscritto, ai fini della regolarità amministrativa e della prova e della disciplina dei “tempi di riposo del lavoratore nonché delle misura tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro”. Il regime derogatorio previsto dall’art. 2 del DPCM del 25 febbraio 2020 è applicabile per i datori di lavoro aventi sede legale o operativa nelle Regioni Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Veneto e Liguria, e per i lavoratori ivi residenti o domiciliati che svolgano attività lavorativa fuori da questi territori.

Il datore di lavoro, se vorrà proseguire nell’utilizzo della modalità di lavoro agile, dovrà perfezionare anche il requisito della stipula di un accordo scritto.

La pur chiara previsione della superfluità della forma scritta per l’accordo di lavoro agile pone dei problemi applicativi, sia di natura formale che sostanziale, conseguenti alla evidenziata centralità della funzione dell’accordo e della sua formalizzazione in regime ordinario.

Restano essenziali i requisiti di forma: l’accordo che disciplina le modalità di svolgimento del lavoro agile, è soggetto alla comunicazione telematica obbligatoria tramite il portale dedicato di servizi.lavoro.gov.it, seppure in maniera semplificata, seppure ricorrendo alla documentazione resa disponibile sul sito dell’Istituto nazionale assicurazioni infortuni sul lavoro.

Nelle aree considerabili a rischio per la diffusione del COVID-19, per favorire il normale svolgimento dell’attività lavorativa, il provvedimento consente, in via straordinaria, l’attivazione dello smart working anche in assenza dell’accordo individuale con il dipendente fruitore del lavoro agile. Nel campo “data di sottoscrizione dell’accordo” sarà poi inserita la data di inizio della prestazione di lavoro agile. Tuttavia, osservano i Consulenti del Lavoro, il portale ministeriale richieda obbligatoriamente tutte le informazioni di compilazione, mentre sarebbe auspicabile, per la peculiare forma di lavoro agile in analisi, una comunicazione più stringata e soprattutto che consenta un caricamento massivo attraverso upload di file, analogamente alle procedure di comunicazione obbligatoria all’assunzione.

Per quanto riguarda gli strumenti di lavoro, la disciplina del lavoro agile consente il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell'attività lavorativa. Ne deriva che ricade sul datore di lavoro la responsabilità della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al suo dipendente. Nel caso di aziende che si ritrovino a utilizzare in modo straordinario tale istituto senza potere fornire alcun mezzo tecnologico ai lavoratori l’autocertificazione potrà specificare gli strumenti propri e le modalità di lavoro utilizzabili dal lavoratore nel rispetto delle norme sulla privacy, sulla sicurezza sul lavoro e sulla protezione del segreto aziendale.

Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, approfondimento 27/02/2020

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/amministrazione-del-personale/quotidiano/2020/02/28/smart-working-semplificato-consulenti-lavoro-analizzano-criticita

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