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Passare dalla CIGS alla CIGO conviene ai datori di lavoro. Perché?

Le imprese in CIGS per riorganizzazione o crisi aziendale o che fruiscono dell’assegno di solidarietà del Fondo di integrazione salariale possono convertire, fino ad un massimo di 9 settimane, l’integrazione straordinaria nella Cassa integrazione ordinaria con causale COVID-19 e l’assegno di solidarietà nell’assegno ordinario. La conversione comporta vantaggi per i datori di lavoro quali la neutralizzazione del periodo ai fini del computo massimo sia della CIGS che della CIGO e la disapplicazione del contributo addizionale. Inoltre, il passaggio da una misura di sostegno al reddito all’altra richiede alcuni adempimenti burocratici.

Nell’ottica di favorire, comunque, l’integrazione salariale con causale COVID-19 in favore dei lavoratori, l’Esecutivo si è preoccupato anche di chi è già in CIGS per riorganizzazione o crisi aziendale o fruisce dell’assegno di solidarietà del FIS: di qui la possibilità riconosciuta alle imprese di convertire, fino ad un massimo di 9 settimane, l’integrazione straordinaria nella integrazione ordinaria con causale COVID-19. Tutto ciò comporta vantaggi per i datori di lavoro che possono così sintetizzarsi: neutralizzazione del periodo (con ripresa del programma originario al termine della causale riferita al coronavirus) e nessun contributo addizionale.

Il passaggio da una integrazione salariale straordinaria già autorizzata richiede alcuni adempimenti burocratici sia da parte del Ministero del Lavoro (per la CIGS) che dell’INPS (per l’assegno di solidarietà) che si prospettano alquanto veloci.

L’art. 20 del decreto Cura Italia ha previsto la possibilità per le imprese che si trovino in trattamento di integrazione salariale per riorganizzazione o crisi aziendale alla data del 23 febbraio 2020, di presentare istanza di concessione per la CIGO fino ad un massimo di 9 settimane.

La concessione del trattamento di CIGO per “COVID-19” sospende e sostituisce il trattamento integrativo straordinario in corso: essa è, ovviamente, subordinata alla sospensione della CIGS, previa comunicazione sul canale della CIGSonline (come ricorda la circolare dell’INPS n. 47/2020).

La Direzione Generale degli Ammortizzatori Sociali del Ministero del Lavoro e della Formazione, con un unico Decreto Direttoriale dispone, senza soluzione di continuità, la sospensione del trattamento di CIGS e trasmette il tutto all’INPS: le sedi territoriali interessate potranno attivare la CIGO per causale “COVID-19 nazionale” soltanto dopo il caricamento del decreto ministeriale di sospensione della CIGS. Terminato il periodo ordinario concesso, l’impresa potrà chiedere all’INPS, tramite il modello “SR40”, una nuova autorizzazione per poter portare a termine l’originario programma previsto per la CIGS.

La richiesta può riguardare tutti i lavoratori, anche quelli già beneficiari della CIGS ed a totale copertura dell’orario di lavoro. Anche in questo caso, il periodo viene neutralizzato ai fini del computo massimo sia della CIGS che della CIGO. L’integrazione salariale non è sottoposta al alcun pagamento di alcun contributo addizionale, previsto, in caso di utilizzazione dell’ammortizzatore sociale, dall’art. 5 del D.L.vo n. 148/2015 (9%, 12% o 15% a seconda del periodo di utilizzazione temporale al quale si riferisce).

La particolarità della situazione fa sì che non trovino applicazione gli articoli 24 e 25 del D.L.vo n. 148/2015, limitatamente ai termini procedimentali.

Una breve riflessione è possibile a fronte di questa ipotesi. La trasformazione da CIGS a CIGO è possibile unicamente per quelle imprese che possono fruire di entrambi gli ammortizzatori: non lo è per chi (ad esempio, le imprese del commercio con oltre 50 dipendenti) non ha il trattamento integrativo salariale ordinario. Per costoro che, sarebbero state in condizione di utilizzare la CIGS per crisi aziendale per evento improvviso ed imprevisto (quale è il COVID-19) è stata scelta la strada della CIG in deroga. Le prestazioni sono finanziate per l’anno in corso con 338,2 milioni di euro e sono, di continuo, monitorate dall’INPS che è autorizzato a non accettare più alcuna domanda nel caso in cui si dovesse accorgere, anche in via prospettica, dello sforamento del limite. Anche in questo caso per la copertura degli oneri si richiama l’art. 126.

Con l’art. 21 del decreto Cura Italia il Governo ha introdotto una disposizione che è in perfetto “pendant” con la precedente: anche i datori di lavoro che per i loro dipendenti hanno chiesto l’assegno di solidarietà attraverso il FIS (ma anche attraverso i rispettivi Fondi, per le aziende interessate) possono chiedere, per lo stesso periodo e anche per i medesimi lavoratori l’assegno ordinario (causale “COVID-19 nazionale) fino a copertura dell’orario di lavoro svolto settimanalmente. Anche in questo caso la concessione del trattamento ordinario avviene previa sospensione dell’assegno di solidarietà.

La durata non può superare il limite delle 9 settimane e deve concludersi entro il 31 agosto 2020.

Anche in questo caso il periodo viene neutralizzato ai fini dei computi massimi previsti all’interno del D.L.vo n. 148/2015 e non è previsto alcun contributo addizionale.

La circolare INPS n. 47 ha seguito di pochi giorni il messaggio n. 1287/2020 il quale afferma che:

a) le imprese che rientrano nel campo di applicazione del FIS che hanno in corso un assegno di solidarietà possono essere alle misure dell’assegno ordinario per le ore residue e per la causale COVID-19;

b) le imprese che rientrano nel campo di applicazione dei Fondi di settore, possono accedere per le ore residue dall’assegno di solidarietà all’assegno ordinario, se non specificatamente vietato dai regolamenti dei rispettivi fondi.

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/amministrazione-del-personale/quotidiano/2020/04/03/passare-cigs-cigo-conviene-datori-lavoro-perche

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