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Covid-19: compliance 231 e adeguati assetti organizzativi a presidio della crisi d’impresa

La crisi in corso, causata dall’emergenza sanitaria ed economica da Coronavirus, potrebbe determinare un aumento dei casi di insolvenza delle imprese e alimentare, almeno potenzialmente, il ricorso a soluzioni illecite, eventualmente volte anche a procrastinare od occultare l’emersione del dissesto, nonché un’indebita richiesta di contributi o agevolazioni pubbliche. In tale contesto, a fronte dell’urgenza di adottare adeguati assetti organizzativi e rafforzare i presidi di controllo interni alle imprese, un ruolo strategico potrà essere svolto dalle regole della compliance 231, in grado di contribuire a presidiare il maggior rischio di condotte illecite. Sarà, inoltre, opportuno aggiornare i modelli organizzativi delle aziende per implementare i flussi informativi necessari agli organismi di vigilanza per intercettare e prevenire i comportamenti poco trasparenti.

L’art. 5 del decreto Liquidità (D.L. n. 23/2020) ha rinviato al 1° settembre 2021 l’entrata in vigore del Codice della crisi di impresa (originariamente prevista per il 15 agosto 2020). La ratio di tale provvedimento, come si legge proprio nella Relazione Illustrativa al suddetto decreto, è stata riscontrata, tra l’altro, nella difficoltà di conciliare il sistema delle misure di allerta (quali misure volte a provocare l’emersione anticipata della crisi delle imprese ma in un quadro economico stabile e caratterizzato da oscillazioni fisiologiche) e la situazione “emergenziale” e di shock provocata dal lockdown, in cui pressoché l’intero tessuto economico risulterà colpito da una forma di crisi.

Inoltre, all’art. 10, in un’ottica di contenimento nel breve periodo delle conseguenze dell’emergenza sanitaria in corso, è stata disposta l’improcedibilità fino al 30 giugno 2020 delle istanze di fallimento, così come delle istanze di ammissione alla liquidazione coatta amministrativa e alla amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.

Dal 1° luglio 2020 le imprese torneranno quindi ad essere regolarmente fallibili secondo l’attuale normativa sulle procedure concorsuali (la Legge Fallimentare di cui al R.D. n. 267/1942) e dovranno, pertanto, attendere ancora più di un anno per poter accedere a tutto quell’impianto di tutele previsto dalla riforma.

È piuttosto prevedibile che, proprio in questo arco di tempo, il numero di imprese a rischio insolvenza sia destinato drammaticamente ad aumentare per effetto delle restrizioni che hanno interessato ogni aspetto della vita quotidiana su scala mondiale e che stanno generando un effetto domino sull’economia senza precedenti.

È altresì possibile che, sempre in conseguenza di tale situazione, il rischio che, all’interno del contesto aziendale, possano essere assunti comportamenti meno trasparenti (ed in alcuni casi integranti inadempimenti contrattuali o addirittura illeciti) tesi, per esempio, a procrastinare e occultare l’emersione del dissesto. Lo scenario che si prospetta potrebbe in tal modo incrementare alcune fattispecie di reati d’impresa, tra cui quelli di false comunicazioni sociali e/o i reati tributari (da poco rilevanti anche ai fini della responsabilità di cui al D.Lgs. n. 231/2001).

Tenuto peraltro conto del fatto che non sono previste deroghe o esimenti per i casi in cui l’insolvenza (e men che meno l’illecito), sia dipesa esclusivamente dalla crisi in corso, risulta allora strategico per le imprese mettere in campo sin d’ora comportamenti virtuosi finalizzati a rafforzare quegli adeguati assetti organizzativi interni che la legge già impone di avere.

In tale contesto taluni principi (alcuni in parte anche già in vigore) espressi dal Codice della crisi di impresa potrebbero tornare utili e supportare in questa fase l’imprenditore, fornendo a quest’ultimo gli strumenti necessari per affrontare la crisi e comunque il post emergenza Covid in modo virtuoso. In effetti, il legislatore della riforma, con le misure introdotte, ha nella sostanza manifestato l’esigenza che le imprese italiane, e soprattutto le piccole e medie imprese, proprio al fine di prevenire e gestire per tempo la crisi, adottino sistemi evoluti di governance.

In particolare il Codice della crisi di impresa, già da un anno entrato in vigore per singole parti, al secondo comma dell’art. 2086 c.c., ha esteso ad ogni imprenditore che operi in forma societaria o collettiva, l’obbligo (già previsto per le S.p.A.) di predisposizione di assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati alla natura e alle dimensioni dell’impresa “anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale”, introducendo l’obbligo “di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.

Gli adeguati assetti organizzativi diventano quindi canone guida del governo societario e rispetto ad essi la compliance di cui al D.Lgs. n. 231/2001 assumerà un ruolo privilegiato. Particolare attenzione, pertanto, dovrà essere posta ai modelli di organizzazione, gestione e controllo, i quali dovranno necessariamente contenere adeguati protocolli in grado di consentire il rispetto della suddetta previsione e quindi l’istituzione da parte dell’imprenditore degli adeguati assetti organizzativi interni previsti dal diritto societario.

A tale riguardo, risulta auspicabile che le società sin da ora (anche al fine di prevenire i possibili rischi connessi a crisi aziendali) implementino i controlli già esistenti nei propri modelli (con un parallelo incremento della vigilanza e della sensibilità degli organismi di vigilanza verso tali temi): appare difatti preminente che l’apparato organizzativo delle imprese sia improntato nel senso di una costante verifica, da parte dell’organo amministrativo (al quale peraltro è stata riconosciuta l’esclusiva nella gestione sociale), dell’adeguatezza dell’assetto amministrativo, dell’equilibrio economico e finanziario nonché l’andamento della gestione (come richiesto dal Codice della crisi), così da intercettare e far emergere, anche in assenza dei sistemi di allerta oggetto della proroga legislativa sopra menzionata, situazioni di crisi e quindi porre un presidio a che, in assenza di tale emersione e rilievo, nell’impresa possano essere assunte condotte dissimulatorie integranti un reato presupposto.

L’organismo di vigilanza sarà quindi probabilmente e parallelamente chiamato ad una particolare e scrupolosa attività di verifica e di presidio sia in merito alla esistenza di sistemi in grado di rilevare tempestivamente stati di crisi sia in merito al rischio, in una situazione di possibile crisi, di compimento di condotte finalizzate a “celare” la medesima crisi se non addirittura l’insolvenza, quali, per esempio, oltre alla già citata falsificazione di bilanci ed agli illeciti tributari, una indebita richiesta di contributi o agevolazioni pubbliche o un indebito utilizzo delle stesse.

Sarà dunque opportuno che gli stessi modelli organizzativi rivedano e nel caso implementino adeguati flussi informativi – da un lato – tra l’organo amministrativo e tra l’organo di controllo (al quale peraltro è assegnato nel Codice della Crisi il compito di verificare che l’organo amministrativo valuti quanto sopra previsto e di segnalare immediatamente a quest’ultimo l’esistenza di fondati indizi della crisi) e – da un altro lato – tra il medesimo organo di controllo e l’organismo di vigilanza.

In conclusione, in un contesto come quello attuale, in cui è presumibile che una molteplicità di imprese sarà interessata da situazioni di tensione finanziaria, nonché in previsione della futura entrata in vigore (come detto a partire dal 1° settembre 2021) dei nuovi meccanismi di allerta (e dei connessi nuovi obblighi in capo agli organi di controllo societario), risulta ancor più importante che gli enti implementino i (o, ove non già adottati, procedano con l’approvazione) modelli organizzativi in grado di contribuire al rispetto di un idoneo assetto organizzativo interno e a presidiare il maggior rischio di condotte illecite in un contesto quale quello che si prospetta, come sopra rappresentato.

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/impresa/contratti-dimpresa/quotidiano/2020/05/01/covid-19-compliance-231-adeguati-assetti-organizzativi-presidio-crisi-impresa

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