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Coronavirus nella fase 2: come cambia l’entrata e la sicurezza in azienda

Dal 4 maggio al 17 maggio: al via la “fase 2” dell’emergenza sanitaria provocata dal Coronavirus. Con il rispetto di un reticolato di regole, norme, misure e prescrizioni che riguardano come si entra in azienda, come si organizza il lavoro e come cambia la sicurezza in azienda. La fonte diretta della disciplina è il protocollo sottoscritto il 24 aprile 2020 fra il Governo e le parti sociali, la cui efficacia cogente nei confronti di tutte le imprese, deriva anche dalla previsione sanzionatoria riportata nel D.P.C.M. 26 aprile 2020: la mancata attuazione dei protocolli, che non assicuri adeguati livelli di protezione, determina la sospensione dell'attività fino al ripristino delle condizioni di sicurezza. Con la circolare n. 4/2020 Federprivacy ha predisposto il kit per la gestione dei dati personali negli ambiti di lavoro durante la fase 2. 

La “fase 2” dell’emergenza sanitaria provocata dal Coronavirus, al via dal 4 maggio 2020, comporta una certa agibilità delle attività delle imprese, purchè nel rispetto di un reticolato di cautele organizzative dettate da prescrizioni generali e di dettaglio. Si tratta di regole, norme, misure e prescrizioni che riguardano: come si entra in azienda (lavoratori, fornitori, visitatori); come si organizza il lavoro (in sede, da casa; riunioni e trasferte); come cambia la sicurezza in azienda (sorveglianza sanitaria, compiti del medico competente).

La fonte diretta della disciplina della “fase 2” è il “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19 negli ambienti di lavoro sottoscritto il 24 aprile 2020 fra il Governo e le parti sociali” (qui di seguito denominato anche brevemente “protocollo”).

Una necessaria premessa alla analisi delle misure anti covid-19 in azienda riguarda l’inquadramento del citato Protocollo, che ha assunto un valore erga omnes, almeno fino al 17 maggio 2020.

Il protocollo 24 aprile 2020 è, infatti, richiamato dall’articolo 6, comma 2, del Dpcm 26 aprile 2020, intitolato “Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull'intero territorio nazionale” (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 108 del 27 aprile 2020).

Il medesimo Protocollo è inserito come “allegato 6” al decreto del presidente del consiglio dei ministri del 26 aprile 2020. Il DPCM, per quanto riguarda il Protocollo, si applica dal 4 maggio 2020 ed è efficace fino al 17 maggio 2020.

A sua volta il DPCM 26 aprile 2020 si basa sull’articolo 2, comma 1, del decreto legge 19/2020, che affida alla decretazione del presidente del consiglio dei ministri la adozione delle misure di contrasto dell’emergenza sanitaria.

Dunque, l’articolo 2, comma 6, del DPCM 26 aprile 2020 stabilisce, per l’intero territorio italiano e per tutti, che “le imprese le cui attività non sono sospese rispettano i contenuti del protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19 negli ambienti di lavoro sottoscritto il 24 aprile 2020 fra il Governo e le parti sociali di cui all'allegato 6”.

Il medesimo articolo dispone l’osservanza di altri protocolli settoriali, anch’essi allegati al DPCM: a) protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del COVID-19 nei cantieri, sottoscritto il 24 aprile 2020 fra il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e le parti sociali (allegato 7); b) protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del COVID-19 nel settore del trasporto e della logistica sottoscritto il 20 marzo 2020 (allegato 8).

L’efficacia cogente del protocollo, nei confronti di tutte le imprese, deriva anche dalla previsione sanzionatoria riportata nell’ultimo periodo dell’articolo 2, comma 6, del DPCM 26 aprile 2020: la mancata attuazione dei protocolli che non assicuri adeguati livelli di protezione determina la sospensione dell'attività fino al ripristino delle condizioni di sicurezza.

Detto dell’inquadramento normativo, occorre sottolineare che la forma e i contenuti del DPCM sono oggetto di dibattito, dottrinale e politico, a riguardo della loro legittimità costituzionale e in relazione ai Trattati internazionali. Peraltro, in questa sede, si accantonerà tale filone di approfondimento e si privilegerà una lettura operativa, affinchè, nell’immediato, l’operatore sappia come muoversi. E non è facile, poiché le disposizioni molto spesso sono programmatiche, limitandosi a indicare obiettivi, senza dettagliare prescrizioni precise, che sono lasciate alla definizione caso per caso.

Sono, pertanto, necessari modelli operativi e fac-simile di atti: si veda, in proposito, il set predisposto dall’associazione Federprivacy allegato alla circolare 4/2020 dalla stessa predisposta. Federprivacy ha elaborato un modello di avviso generale sugli obblighi e le precauzioni anti-contagio, l’autodichiarazione dei dipendenti, fornitori e visitatori, l’informativa per la misurazione della temperatura corporea, le istruzioni di sicurezza per rispettare la dignità delle persone sintomatiche in caso di isolamento temporaneo, e la designazione degli autorizzati incaricati di misurare la temperatura e raccogliere le autodichiarazioni. A completamento del kit documentale vi è anche una check list sugli adempimenti e un disciplinare dei rapporti del datore di lavoro con una figura chiave come quella del medico competente aziendale.

In ogni caso, la regola principale è sempre quella della buona fede contrattuale (le misure da adottare incidono sul rapporto con i lavoratori), che va a braccetto con la buona impresa.

Passiamo, dunque, a fornire un commentario operativo del Protocollo condiviso 24 aprile 2020, di cui si riportano gli stralci di volta in volta analizzati, cominciando dalle regole sulle modalità di ingresso in azienda.

Il personale, prima dell'accesso al luogo di lavoro potrà essere sottoposto al controllo della temperatura corporea.

Tale indicazione autorizza il trattamento di dati sanitari del lavoratore.

A questo proposito va sottolineato che anche il trattamento senza conservazione rimane un trattamento ai fini della normativa sulla protezione ei dati.

Questi trattamenti, pur senza conservazione, impongono la dimostrazione da parte del datore di lavoro di avere predisposto gli adempimenti previsti dal Regolamento Ue sulla protezione dei dati, ovvero, tra gli altri: informativa ai lavoratori, istruzioni agli autorizzati al trattamento, designazione degli autorizzati al trattamento, precauzioni a tutela della dignità dei lavoratori.

Ciò si aggiunge, ovviamente, alla verifica della funzionalità dei termometri utilizzati (che devono essere non invasivi) e alla predisposizione degli accorgimenti necessari in caso di rilevazione della temperatura superiore al livello soglia di 37,5°.

Se tale temperatura risulterà superiore ai 37,5°, non sarà consentito l'accesso ai luoghi di lavoro.

La norma in esame esplicita una causa legittima di sospensione della prestazione lavorativa.

Il datore di lavoro non commette alcun inadempimento rispetto all’obbligo di accettare la prestazione del lavoratore, poiché si applica una disposizione di efficacia superiore al contratto individuale di lavoro.

In questa sede non si esaminano le conseguenze della sospensione della prestazione lavorativa rispetto al contratto di lavoro e alla possibilità di attivare ammortizzatori sociali o altre provvidenze.

Ai fini della analisi dal versante degli adempimenti connessi all’ingresso in azienda, va sottolineato che la disposizione non consente margini di discrezionalità, poiché il carattere della stessa è cogente.

L’accesso in azienda è vietato a chi presenta una temperatura corporea eccedente il valore soglia.

Peraltro, la rilevazione di una temperatura sopra soglia implica altre conseguenze, direttamente incidenti sulla libertà personale.

Si tratta di adempimenti che evidenziano un compito di interesse superiore a quello aziendale fino a connotarsi di aspetti pubblicistici.

Le persone in tale condizione nel rispetto delle indicazioni riportate in nota saranno momentaneamente isolate e fornite di mascherine non dovranno recarsi al Pronto Soccorso e/o nelle infermerie di sede, ma dovranno contattare nel più breve tempo possibile il proprio medico curante e seguire le sue indicazioni.

Ricevere un lavoratore che presenta uno dei (tanti, per il vero) sintomi di positività al virus Covid-19 obbliga il datore di lavoro a tenere alcune condotte, tese alla tutela della salute del singolo oltre che della collettività.

In effetti, l’articolo 32 della Costituzione descrive il diritto alla salute sia nella connotazione di diritto individuale sia in quella di interesse della collettività.

Peraltro, lo stesso articolo 32 citato pretende una legge per obbligare il singolo a un determinato trattamento sanitario.

Come si è detto, al di là delle importantissime questioni attinenti la legittimità delle norme poste a base del Protocollo condiviso, in questa sede ci si limita ad analizzare le conseguenze operative per l’immediatezza.

La persona, la cui temperatura corporea eccede il livello soglia, deve essere momentaneamente isolata.

A scanso di equivoci è del tutto ovvio che il datore di lavoro non ha poteri coercitivi e, quindi, non potrà trattenere la persona in questione con la forza.

Se la persona non accetta l’isolamento momentaneo, il datore di lavoro non ha poteri né strumenti per impedirlo e in tal caso non potrà fare altro che segnalare l’accaduto alle autorità sanitarie.

Si aggiunge, inoltre, che l’eventuale rifiuto a sottoporsi al momentaneo isolamento non ha alcuna ripercussione sul piano del rapporto di lavoro, non trattandosi di un obbligo connesso alla prestazione lavorativa.

Il datore di lavoro, in ogni caso, deve predisporre la propria organizzazione alla gestione dell’accesso della persona con temperatura corporea eccedente il valore soglia.

Si tratta di adibizione di apposite zone, di approvvigionamento di dispositivi di protezione individuale, di disciplina di una mansione.

Quanto ai locali, il momentaneo isolamento deve avvenire in un’area o zona o luogo dedicato.

Tale luogo deve essere diverso dall’infermeria aziendale. Si aggiunge che è preferibile una zona/area/locale lontani dagli ambienti produttivi e dagli uffici, da raggiungere in tempi brevissimi, preferibilmente attraverso percorsi dedicati e con nessuna o minima possibilità di contatto con altri lavoratori o altre persone (ad esempio clienti, pubblico).

Quanto ai dispositivi di protezione individuale, il datore di lavoro ha l’obbligo di fornire la mascherina al lavoratore la cui temperatura corporea ecceda il valore soglia.

A sua volta il lavoratore ha l’obbligo di indossarla. Il protocollo non riferisce alcunchè sulle caratteristiche della mascherina, la cui funzione principale, in questa evenienza, è evitare il possibile contagio da parte della persona sintomatica. A questo proposito saranno le funzioni a presidio della sicurezza aziendale a dare le esatte indicazioni.

Vi sono, poi, una serie di condotte che comportano a priori l’addestramento del personale addetto.

Al lavoratore che sta per accedere, ma con temperatura superiore ai 37,5°, occorre dare nell’immediatezza alcune informazioni su come comportarsi.

È certamente vero che il lavoratore dovrebbe già conoscere le modalità operative collegate a una tale circostanza, ma è conveniente che il personale addetto all’accesso sia in grado di gestire una situazione che potrà portare a tensione, disagio e che può avere un forte impatto emotivo.

Il personale addetto dovrà essere istruito, affinchè sia in grado di ricordare al lavoratore che le regole prevedono il momentaneo isolamento e che questo isolamento ha lo scopo di dotarlo della mascherina e di fornire le informazioni del caso.

Al lavoratore dovrà, infatti, essere ricordato di non andare al Pronto Soccorso e di contattare nel più breve tempo possibile il proprio medico curante e seguire le sue indicazioni.

Si ritiene opportuno che il personale addetto agli accessi documenti la definitiva uscita del lavoratore dall’azienda.

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/impresa/contratti-dimpresa/quotidiano/2020/05/04/coronavirus-fase-2-cambia-entrata-sicurezza-azienda

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