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Tutelare il made in Italy registrando il marchio: attenzione agli adempimenti (e alle sanzioni)

Nell’attuale periodo emergenziale dovuto al Coronavirus le imprese nazionali di eccellenza che vogliono tutelare i prodotti del Made in Italy possono ottenere l’iscrizione del proprio marchio nel Registro dei Marchi storici di interesse nazionale. Tra i vantaggi, la possibilità di utilizzo del logo “marchio storico” per contraddistinguere a fini promozionali e commerciali i propri prodotti sul mercato, nonchè l’opportunità di poter accedere agli stanziamenti del Fondo di garanzia PMI per progetti di valorizzazione del proprio segno distintivo. Tuttavia, prima di attivare la procedura di registrazione occorrerà valutare anche le possibili criticità che potrebbero derivare dai gravosi obblighi di comunicazione preventiva e di informazione per il titolare, nel caso di cessione, chiusura o delocalizzazione dell’impresa, la cui violazione comporta l’applicazione di pesanti sanzioni.

Dopo quasi due mesi di serrata obbligata, causata dall’emergenza Coronavirus, si percepisce un grande desiderio di ripartenza. In particolar modo la voglia di riaprire, ricominciare – prima che tutto sia perduto, per usare un’espressione divenuta comune – è stata manifestata al Governo e alle autorità dagli esponenti del settore produttivo e manufatturiero, preoccupati dei pesanti effetti delle misure restrittive non solo sulla singola realtà, ma in generale sul mercato italiano e sul know how.

Ed invero, quello più a rischio nell’attuale momento storico sembra essere proprio il Made in Italy, espressione che nel tempo è divenuta sinonimo di avanguardia, fantasia, precisione, eleganza, in una parola qualità, e che ora ha bisogno di tornare sul mercato, per rimanerci, riappropriandosi del settore di mercato che tradizionalmente gli appartiene.

Proprio in concomitanza con l’accelerazione sulla riapertura delle nostre aziende, lo scorso 16 aprile è entrata in vigore la disciplina dettata dal decreto 27 febbraio 2020 del Ministero dello Sviluppo Economico che rende operativo uno strumento finalizzato a tutelare la proprietà industriale delle aziende storiche italiane, le eccellenze e il Made in Italy: il Registro Speciale dei Marchi storici di interesse nazionale.

Si tratta di una novità, introdotta dal decreto Crescita, attraverso cui i titolari (o licenziatari esclusivi) di marchi d’impresa utilizzati per la commercializzazione di prodotti o servizi, realizzati in un’impresa nazionale di eccellenza storicamente collegata al territorio nazionale registrati da almeno cinquant’anni, oppure non registrati, per i quali sia tuttavia possibile dimostrare l’uso continuativo da almeno cinquant’anni, possono ottenere l’iscrizione del marchio nel Registro dei Marchi storici di interesse nazionale, disciplinato dall’art.185-bis del Codice della Proprietà Industriale.

L’iscrizione comporta la possibilità di utilizzare, a fini commerciali e promozionali, il logo “Marchio storico di interesse nazionale”, con esclusivo riferimento ai prodotti e servizi relativi al marchio iscritto.

Il decreto ha costituito, inoltre, un Fondo per la tutela dei marchi storici di interesse nazionale, operante tramite interventi nel capitale di rischio per le imprese che, a seguito della registrazione, decidano di chiudere il sito produttivo di origine, per cessazione dell’attività o delocalizzazione al di fuori del territorio nazionale. È conseguentemente sancito anche un obbligo, per i titolari o licenziatari esclusivi di Marchi storici registrati, di comunicare al MiSE le informazioni relative a progetti di cessazione o delocalizzazione delle unità produttive, pena una sanzione amministrativa fino a 50 mila euro.

Le previsioni del decreto Crescita, si inserivano all'interno di una più ampia strategia politica finalizzata a dare una scossa alla stagnazione economica nel nostro Paese, attraverso l'introduzione di incentivi, agevolazioni e novità fiscali: l’obiettivo di stimolazione della ripresa economica nazionale è stato affidato in gran parte alle tematiche della valorizzazione e della tutela del Made in Italy, attraverso una modifica del Codice di Proprietà Industriale italiano.

Le intenzioni del Governo sono divenute, quindi, più che mai attuali e necessarie per il sostegno dell’economia di fronte alla concorrenza dei Paesi che prima di noi sono usciti, o stanno provando a uscire, dagli effetti della pandemia da Covid-19: in quest’ottica deve essere accolto con favore il tempismo con il quale il Ministero si è attivato per rendere operative le previsioni contenute nel decreto Crescita.

Come anticipato il provvedimento del MISE ha stabilito le modalità di presentazione dell’istanza di registrazione di un marchio storico prevedendo che la domanda sia presentata presso l'Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, esclusivamente in via telematica, attraverso il portale on line, previa registrazione. Può essere depositata anche a mezzo di un rappresentante e richiede il pagamento dell’imposta di bollo pari a 15 euro.

L’istanza dovrà contenere:

- i dati anagrafici del richiedente;

- la qualifica dell’istante, precisando che si tratti del titolare del marchio o licenziatario esclusivo;

- una dichiarazione sostitutiva, ai sensi dell’art. 47 D.P.R. n. 445/2000, con il quale risulti che il marchio di impresa sia utilizzato per la commercializzazione di prodotti o servizi realizzati da un’impresa produttiva nazionale di eccellenza storicamente collegata al territorio nazionale.

Inoltre, la domanda di registrazione dovrà essere accompagnata dall’allegazione:

- per i marchi registrati:

1. del verbale di primo deposito in Italia (ovvero il verbale di rinnovazione meno recente disponibile);

2. della riproduzione esemplare del marchio;

3. della documentazione inerente alle modifiche dei prodotti/servizi protetti;

- per i marchi non registrati:

- della riproduzione esemplare del marchio;

- della documentazione di cui all’art. 178, comma 4, del Codice della Proprietà Industriale, a dimostrazione dell’uso effettivo e continuativo per almeno cinquanta anni, precisando i prodotti e servizi secondo la Classificazione Internazionale di Nizza.

L’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, una volta ricevuta l’istanza, procederà ad effettuare l’istruttoria necessaria, richiedendo eventualmente un’integrazione documentale (assegnando alla parte interessata un termine per la risposta non superiore a 20 giorni); all’esito dell’istruttoria, che si deve concludere entro 60 giorni nel caso di marchio registrato, ovvero 180 giorni nel caso di marchio non registrato, l’Ufficio deciderà sull’istanza di iscrizione con un provvedimento di accoglimento o rifiuto. Con le medesime modalità di presentazione dell’istanza di iscrizione l’istante potrà, inoltre, rinunciare all’iscrizione.

Ad un’analisi della normativa, risultano evidenti numerosi vantaggi connessi alla registrazione del marchio:

- lo sfruttamento e la possibilità di utilizzo del logomarchio storico” per contraddistinguere a fini promozionali e commerciali i propri prodotti sul mercato, che dovrebbe poter garantire un’attrattiva sul consumatore, oltre a rinforzare la “garanzia qualitativa” del marchio stesso;

- l’opportunità (per le sole PMI proprietarie o licenziatarie del marchio storico) di poter accedere agli stanziamenti del “Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese” per progetti di valorizzazione del proprio marchio (previsto dall’articolo 2, lett. a, comma 100, della L. 23/12/1996, n. 662), secondo modalità ancora da definire tramite decreto del MiSE;

- l’opportunità, per qualsiasi impresa titolare o licenziataria esclusiva di un marchio storico registrato, di usufruire delle risorse del “Fondo per la tutela dei marchi storici di interesse nazionale” per intervenire in caso di:

1. chiusura del sito produttivo di origine o del sito produttivo principale, di cessazione dell'attività;

2. delocalizzazione al di fuori del territorio nazionale, con relativo licenziamento collettivo.

In particolare, l’art.31 comma 2 del D.Lgs. n. 34/2019 ha previsto lo stanziamento di 30 milioni di euro per l’anno 2020 per l’attuazione delle menzionate disposizioni. Gli interventi sono effettuati “a condizioni di mercato”, mediante interventi nel capitale di rischio.

Tuttavia, anche considerando le difficoltà che gli imprenditori italiani stanno già fronteggiando o che, con probabilità, diverranno concrete nel breve termine, la disciplina del Registro Speciale dei Marchi storici di interesse nazionale nasconde alcune insidie che meritano attenta valutazione.

A ben vedere l’iscrizione del marchio storico determina gravosi obblighi di comunicazione preventiva e di informazione per il titolare (o il licenziatario esclusivo), aventi ad oggetto progetti di cessione, chiusura o delocalizzazione dell’impresa, la cui violazione comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 50.000 euro.

Gli obblighi informativi conseguenti alla registrazione del marchio, inoltre, comportano la possibilità di intervento e valutazione da parte del MISE finalizzata ad individuare non solo le attività sostitutive per la reindustrializzazione e l’utilizzo del marchio storico, in una prospettiva di tutela e conservazione di quest’ultimo, ma anche al fine di salvaguardare i livelli occupazionali e la prosecuzione dell’attività produttiva sul territorio nazionale, nonché alla valutazione in merito all’assegnazione di stanziamenti dal Fondo.

Dunque, ad un’analisi della normativa di sostegno, nonostante l’innegabile – e meritevole – volontà di tutelare il Made in Italy e le eccellenze italiane, emerge chiaramente che la registrazione del Marchio storico nel Registro Speciale comporti un surplus di incombenti burocratici e, in definitiva, una prevalenza degli svantaggi sui vantaggi. Ciò può dirsi soprattutto in relazione alla certezza degli obblighi conseguenti alla registrazione, di contro all’incertezza relativa agli eventuali benefici.

Concludendo, pare potersi affermare che, nel suo complesso, la disciplina di rilancio adottata circa un anno fa e – forse – adatta alla situazione economico-sociale ante Covid-19, si risolva oggi in una misura non più adeguata al sostegno dell’imprenditoria e dei settori manifatturieri italiani fortemente danneggiati dal prolungato stop alla produzione, a causa di un mix di fattori strutturali e accidentali che potrebbero determinarne precocemente l’insuccesso.

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/impresa/marchi-e-brevetti/quotidiano/2020/05/16/tutelare-made-italy-registrando-marchio-attenzione-adempimenti-e-sanzioni

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