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Smart working: perché e come elaborare un regolamento aziendale

Il prossimo 31 luglio terminerà la fase di emergenza da Covid-19. Compito dei datori di lavoro e professionisti sarà traghettare lo smart-working emergenziale in smart-working ordinario, attesi gli innumerevoli vantaggi che il lavoro agile può offrire ad aziende e lavoratori. Laddove se ne voglia prevedere un utilizzo ampio sarà necessario predisporre un regolamento interno (nulla vieta che venga condiviso con i sindacati all’interno di un accordo di secondo livello), ove vengano precisate le regole di gestione della prestazione da remoto. Cosa deve prevedere?

Negli ultimi mesi abbiamo assistito ad un utilizzo abnorme del lavoro da remoto che se da un lato ha aiutato le aziende a non interrompere completamente le proprie attività, dall’altro ha creato alcuni scompensi in termini di gestione del personale. Compito oggi dei datori di lavoro e dei consulenti è quello di traghettare lo smart-working emergenziale in smart-working ordinario, facendolo rientrare nelle normali esigenze e modalità di fruizione.

Sicuramente il lavoro agile non potrà sostituire completamente la prestazione in azienda ma potrà affiancarsi ad essa, diventando un completamento coerente con gli obiettivi dell'azienda e del lavoratore: da una parte continuare in una produttività efficiente, riducendo il costo del lavoro, e dall'altra arrivare a quella conciliazione vita-lavoro tanto auspicata, in questi anni, per i lavoratori.

Proprio partendo da questi presupposti, si evidenzia come l'interesse alla prestazione smart non debba necessariamente “partire” dal lavoratore ma può essere anche una utilità aziendale, in quanto svariati possono essere i vantaggi del datore di lavoro. Due su tutti:

1. la riduzione del costo del lavoro indiretto. Infatti, l’azienda attraverso l’utilizzo del lavoro agile, può rivedere le postazioni di lavoro, i consumi dell’energia elettrica e, in generale, gli ambienti dedicati all’attività lavorativa.

2. la fidelizzazione dei lavoratori attraverso la fruizione di una forma di fringe benefit di sicuro appeal per il lavoratore.

Lo stesso Piano Colao, presentato al Governo ad inizio giugno, evidenzia la necessità di rendere lo smart-working una priorità nelle modalità di gestione del rapporto di lavoro, adottando un codice etico che evidenzi la possibilità di flessibilizzare il lavoro con sistemi trasparenti di misurazione degli obiettivi e della produttività, al fine di valutare la performance sui risultati e non sul tempo impiegato. Ed è proprio su questo punto che si deve basare, a mio avviso, lo “sviluppo sostenibile” del lavoro agile nelle aziende. La mancanza di obiettivi prestazionali fa venire meno l’interesse aziendale e fa nascere dubbi sull’efficacia della prestazione da remoto in termini di produttività. Inoltre, può dar luogo a polemiche sulla validità del sistema, così come è successo per i lavoratori delle pubbliche amministrazioni.

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Fatta questa premessa, vediamo cosa si chiude con la fine del periodo emergenziale e cosa resta; cosa, in particolare, dovrà fare l'azienda per passare dalla gestione emergenziale alla gestione ordinaria del lavoro da remoto.

Le caratteristiche del lavoro agile in emergenza sono state:

1. Comunicazione telematica alla Pubblica Amministrazione senza una scadenza,

2. Nessun obbligo di accordo scritto,

3. Implementazione di una serie di diritti e priorità, fine al termine dell’emergenza (31 luglio 2020), nell’acquisire lo status di lavoratore agile per i disabili ex articolo 39 del Decreto “cura Italia” (Decreto Legge n. 18/2020, convertito con la legge 27/2020); per i genitori di figlio minore di 14 anni ex articolo 90 del Decreto Rilancio (Decreto Legge n. 34/2020) e per i pubblici dipendenti –e sempreché non vi siano particolari esigenze nello svolgimento della prestazione al pubblico ex articolo 87 del Decreto “cura Italia” (Decreto Legge n. 18/2020, convertito con la legge 27/2020)

Tutti questi diritti sottostanno alla compatibilità del lavoro agile con l’attività lavorativa. Se manca questa compatibilità, non si potrà acquisire il diritto a lavorare da remoto.

Per il resto non cambia nulla. Le regole sulla gestione del lavoratore smart sono le medesime rispetto a quelle previste ordinariamente dal legislatore (articoli dal 18 al 24, del decreto legislativo n. 81/2017). Per cui, la comunicazione dovrà essere fatta all’avvio del lavoro agile, una sola volta tramite la procedura telematica presente sul portale del Ministero del Lavoro su cliclavoro.gov.it.

Ritorna, inoltre, l’obbligo dell’accordo scritto. Accordo che, per quanto ritenuto superfluo dal legislatore durante il periodo emergenziale, ad avviso dello scrivente è fondamentale per definire, in maniera condivisa, tutte le modalità per rendere la prestazione lavorativa da remoto.

È, infatti, con l’accordo scritto che le parti (datore di lavoro e lavoratore) definiscono tutte le caratteristiche della prestazione smart. La mancanza del patto, ove vengono concordate le regole sulla gestione dell’attività da remoto, può portare a controversie e ad incrinare i rapporti di fiducia.

Per cui l’invito è sicuramente quello di predisporre un accordo anche durante il periodo emergenziale che disponga una serie di evidenze, indispensabili per inquadrare le modalità di gestione dello smart-working e rendere efficace la prestazione lavorativa.

Laddove l’azienda voglia prevedere un utilizzo ampio del lavoro agile per i propri dipendenti (sempre compatibilmente alle attività da svolgere), si ravvisa la necessità che venga predisposto una sorta di regolamento interno (nulla vieta che venga condiviso con i sindacati all’interno di un accordo di secondo livello), ove vengano precisate le regole di gestione della prestazione da remoto. Ciò al fine di ricevere le adesioni, da parte dei lavoratori, solo dopo una presa d’atto delle prescrizioni ivi previste.

Il regolamento dovrà prevedere:

Ø la durata dell’accordo, con l’indicazione delle giornate smart (numero di giornate al mese ovvero giorno/i fisso/i alla settimana). Dovranno essere, inoltre, indicate anche le modalità e le tempistiche del recesso anticipato in presenza di un giustificato motivo oggettivo,

Ø l’evidenza che nulla cambia per quanto riguarda gli elementi fondanti del rapporto di lavoro prescritti nel contratto individuale (es. mansioni, limiti di orario e diritti sui riposi),

Ø le indicazioni circa le modalità di richiesta, da parte del lavoratore, degli istituti contrattuali più comuni (malattia, ferie, permessi, straordinario, ecc.),

Ø le prescrizioni per quanto attiene al luogo che verrà deputato, dal lavoratore, quale spazio dedicato a rendere la prestazione lavorativa. In particolare, andranno indicati i requisiti minimi di idoneità dei locali privati adibiti ad attività lavorativa,

Ø i possibili momenti di interazione, con l’indicazione delle fasce orarie di reperibilità e le relative modalità di effettuazione (es. attraverso una determinata piattaforma telematica),

Ø le modalità e la tempistica per richiamare il lavoratore in azienda qualora se ne ravvisi la necessità. In particolare, dovrà essere indicato il preavviso da fornire al lavoratore perché si possa organizzare a rendere la prestazione in azienda,

Ø le condotte, connesse all’esecuzione della prestazione all’esterno dei locali aziendali, che possono dar luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari,

Ø le modalità con le quali verranno forniti gli obiettivi periodici richiesti durante la prestazione da remoto. Ciò in quanto la misurazione della capacità produttiva del lavoratore smart non avviene in base alle ore di presenza in azienda ma in base alla valutazione delle performance,

Ø l’elenco della strumentazione tecnologica che verrà fornita al lavoratore per rendere la prestazione da remoto e le relative misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione dagli stessi una volta terminata l’attività lavorativa. Inoltre, in base alla strumentazione tecnologica fornita, l’azienda dovrà predisporre l’informativa sull’utilizzo, con l’evidenza del possibile esercizio del potere di «controllo da remoto»,

Ø il principio di riservatezza dei dati e delle informazioni in possesso del lavoratore,

Ø tutte le specifiche in materia di sicurezza sul lavoro. Ciò in quanto il datore di lavoro rimane, anche durante il periodo di lavoro smart, responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore. A tal scopo, è obbligo del datore di lavoro informare e formare il lavoratore su questa nuova modalità di lavoro e fornire a quest’ultimo i necessari dispositivi di protezione individuali (DPI).

Le considerazioni contenute nel presente contributo sono frutto esclusivo del pensiero dell’Autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/amministrazione-del-personale/quotidiano/2020/06/24/smart-working-elaborare-regolamento-aziendale

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