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Procedure anticontagio: quale impatto sui modelli organizzativi delle aziende

Rilevamento della temperatura corporea, autocertificazioni, test sierologici e smart working sono solo alcune delle questioni che aziende e studi professionali hanno dovuto affrontare per contrastare la diffusione dell’epidemia da Covid-19 nei luoghi di lavoro e per tutelare i lavoratori. L’adozione delle misure di contenimento, attraverso specifici protocolli di sicurezza, deve avvenire nel rispetto della disciplina della privacy e richiede, pertanto, un adeguamento costante dei modelli organizzativi in tema di protezione dei dati personali. Come elaborare un modello organizzativo aziendale che soddisfa i requisiti privacy?

Il rischio da contagio da Sars-CoV-2 (c.d. “Covid-19” o “Coronavirus”) negli ambienti di lavoro può essere classificato secondo tre variabili:

- esposizione: la probabilità di venire in contatto con fonti di contagio nello svolgimento delle specifiche attività lavorative (es. settore sanitario, gestione dei rifiuti speciali, laboratori di ricerca, ecc.);

- prossimità: le caratteristiche intrinseche di svolgimento del lavoro che non permettono un sufficiente distanziamento sociale (es. specifici compiti in catene di montaggio) per parte del tempo di lavoro o per la quasi totalità;

- aggregazione: la tipologia di lavoro che prevede il contatto con altri soggetti oltre ai lavoratori dell’azienda (es. ristorazione, commercio al dettaglio, alberghiero, ecc.).

Considerato che il contagio viene equiparato dalla giurisprudenza alla “malattia” (cfr. ex pluribus Cass. pen., Sez. V, n. 43763/2010) l’art. 42 del D.L. n. 18/2020 (c.d. “Decreto Cura Italia”) precisa come il contagio da Covid-19 debba essere trattato dal datore di lavoro (pubblico o privato) e dall’INAIL come infortunio (vedi INAIL, Circolare n. 13 del 3 aprile 2020).

Da qui la necessità da parte del datore di lavoro di predisporre idonee misure di sicurezza per contrastare il rischio da contagio che - come visto - viene equiparato alla malattia, la quale è, a sua volta oggetto del reato di lesione personali di cui all’art. 590 cod. pen. (cfr. ex pluribus Cass. pen., Sez. IV, sent. n. 45853 del 5 ottobre 2017, Cass. pen., Sez. IV, sent. n. 4339 del 2 febbraio 2016).

Le misure a contrasto del contagio sono contenute nei Protocolli di contenimento del rischio. Si possono suddividere in:

- misure tecniche: quali, ad esempio, l’utilizzo di mascherine, di guanti monouso, di gel igienizzante, di separatori fisici tra gli ambienti di lavoro, nonché la predisposizione di specifici punti di accesso all’azienda, ecc.

- misure organizzative e procedurali: si tratta dell’applicazione delle misure indicate dai provvedimenti governativi (in particolare, dal Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro del 26 aprile 2020).

La gestione dell’emergenza Sars-Cov-2- ha un forte impatto sui modelli organizzativi in tema di protezione dei dati personali.

Si pensi alle misure attuate per l’attivazione dello smart working, che, nell’ambito delle misure adottate dal Governo per il contenimento e la gestione dell’emergenza sanitaria, è stato oggetto di specifici provvedimenti da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri che ne hanno semplificato le modalità di accesso.

Un altro importante impatto ha riguardato le misure adottate dalle aziende per consentire l’ingresso del personale e dei fornitori nei luoghi di lavoro; sono stati adottati Protocolli e misure di sicurezza che hanno comportato l’acquisizione di dati personali come ad esempio l’autocertificazione del dipendente e/o la misurazione della temperatura corporea.

In ambito pubblico si pensi al c.d. “contact tracing”, o alle misure messe in atto dai Comuni tramite la Polizia locale e finalizzate alla verifica del rispetto delle prescrizioni restrittive della libertà di circolazione con l’acquisizione di autocertificazioni che potevano contenere dati sullo stato di salute, o all’utilizzo di droni per verificare assembramenti di persone.

APP IMMUNI

Particolarmente nota e al centro di un vivace dibattito è la c.d. “App Immuni”, per la quale l’Autorità Garante con Provvedimento del 1° giugno 2020 ha autorizzato il Ministero della Salute ad avviare il trattamento relativo al Sistema di allerta Covid-19 (app “Immuni”) prescrivendo che gli utenti siano informati adeguatamente in ordine al funzionamento dell’algoritmo di calcolo utilizzato per la valutazione del rischio di esposizione al contagio. Gli utenti dovranno essere portati a conoscenza che il sistema potrebbe generare notifiche di esposizione che non sempre riflettono un’effettiva condizione di rischio. Dovranno avere, inoltre, la possibilità di disattivare temporaneamente l’app attraverso una funzione facilmente accessibile nella schermata principale.

COME DEVONO ESSERE TRATTATI I DATI ACQUISITI DAL DATORE DI LAVORO NELL’EMERGENZA SANITARIA COVID-19?

I trattamenti devono fondarsi su idonee basi giuridiche nel rispetto dei principi sanciti dall’art. 5 del Regolamento UE 2016/679, con particolare riguardo a proporzionalità e minimizzazione dei dati.

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Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/sicurezza-del-lavoro/quotidiano/2020/07/16/procedure-anticontagio-quale-impatto-modelli-organizzativi-aziende

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