• Home
  • News
  • Contratti collettivi di lavoro: quando sono revocati i benefici normativi e contributivi all’azienda

Contratti collettivi di lavoro: quando sono revocati i benefici normativi e contributivi all’azienda

L’Ispettorato nazionale del lavoro, con la circolare n. 2 del 2020, ha individuato i criteri per l’attività di comparazione tra le parti normativa e economica del contratto collettivo di lavoro applicato e stipulato dalle organizzazioni sindacali datoriali e dei lavoratori prive di rappresentatività ed il contratto di riferimento, il contratto leader. Alla luce dell’esito di tale attività, espresso nel giudizio di equivalenza, potrà essere disposta la revoca, all’azienda, dei benefici normativi e contributivi goduti. Benefici che il vigente ordinamento subordina, oltre che alla regolarità contributiva (DURC), all’integrale rispetto delle disposizioni di legge così come da accordi e contratti collettivi di lavoro nazionali, territoriali e aziendali.

Con circolare 28 luglio 2020, n. 2, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) ha reso importanti indicazioni circa la corretta applicazione dell’articolo 1, comma 1175 della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Come noto, tale disposizione stabilisce che la fruizione da parte del datore di lavoro dei benefici normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale sono subordinati alla regolarità contributiva così come all’osservanza degli altri obblighi di legge e di quanto disposto in forza di accordi e contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati con le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Avendo l’ordinamento attribuito alla contrattazione collettiva la funzione di fonte regolatrice nella attuazione della garanzia sancita dall’articolo 36 della Costituzione con riferimento alla nozione di “retribuzione sufficiente”, la richiamata norma mira a contrastare il fenomeno del dumping contrattuale, reputando che, diversamente da quanto possa accadere nell’ipotesi in cui il contratto collettivo di lavoro (CCL) sia stipulato da associazioni comparativamente minoritarie, un contratto collettivo sottoscritto dalle associazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative della categoria dovrebbe definire una più coerente composizione degli interessi collettivi con il più sopra richiamato principio di ‘retribuzione sufficiente’.

In via preliminare, è opportuno evidenziare che secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, il grado di rappresentatività è misurato sulla base del numero di associati, dell’ampiezza e diffusione delle strutture organizzative, della partecipazione alla formazione e stipulazione del contratto collettivo nazionale di lavoro e della partecipazione a controversie individuali e collettive.

Come anticipato, la rilevanza della circolare in commento è da rinvenire nell’individuazione - non esaustiva e soggetta a successivi probabili integrazioni - degli elementi e dei criteri che gli organi di vigilanza adotteranno per la corretta conduzione dell’attività di comparazione tra i CCL “minori” e “leader”. Detta comparazione sarà condotta in relazione sia alla parte normativa che economica dei CCL, secondo le modalità di seguito indicate.

Materie riservate

Con circolare 10 settembre 2019, n. 9, l’INL ha già avuto modo di precisare che il rispetto delle disposizioni contrattuali è accertato quando sia riscontrata l’osservanza da parte del datore di lavoro dei contenuti normativi e retributivi stabiliti dal contratto stipulato dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Con la più recente circolare, sono state individuate, senza pretesa di esaustività, le materie che, per espressa disposizione di legge, non possono che essere disciplinate dal contratto collettivo di lavoro stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente rappresentative sul piano nazionale. Più precisamente, la circolare in esame ha individuato i seguenti istituti “indisponibili” per le organizzazioni sindacali prive del requisito della rappresentatività della disciplina in tema di:

· limiti di durata e quantitativi del contratto di lavoro a tempo determinato;

· apprendistato;

· orario di lavoro, specie con riferimento al limite annuale di ore di lavoro straordinario effettuabili;

· ipotesi di ricorso al lavoro intermittente;

· ipotesi di assegnazione a mansioni riconducibili ad un inferiore livello d’inquadramento;

· collaborazione coordinata e continuativa.

Dunque, in relazione alle materie di cui sopra, il rischio di revoca dei benefici normativi e contributivi fruiti è scongiurato solo se il CCL stipulato da organizzazioni sindacali che non siano in possesso del requisito della rappresentatività contempli condizioni di miglior favore rispetto al CCL di riferimento (si perviene ad un’analoga conclusione anche quando la disciplina dettata dal CCL stipulato da organizzazioni sindacali che non siano in possesso del requisito della rappresentatività riguardi materie non riservate e si discosti dal CCL di riferimento).

Materie non riservate

Per quanto concerne gli istituti contrattuali che è ammesso siano disciplinati da un CCL stipulato da organizzazioni prive del requisito di rappresentatività, gli organi di vigilanza sono tenuti a formulare un giudizio di equivalenza con le disposizioni contenute nel CCL stipulato dalle organizzazioni in possesso del predetto requisito.

La verifica dell’equivalenza della parte normativa può afferire a:

· il lavoro supplementare e le clausole elastiche del lavoro a tempo parziale, considerando che laddove fosse stabilito un limite massimo alla durata dell’orario di lavoro, ad un minore limite corrisponde una maggiore tutela garantita al lavoratore;

· il lavoro straordinario (ad eccezione del richiamato limite massimo di orario di lavoro straordinario consentito); la durata del periodo di prova e del preavviso;

· malattia e infortunio, specie con riguardo alla durata del periodo di comporto e al trattamento economico previsto;

· maternità (e paternità), con particolare riferimento ad un eventuale elemento di integrazione dell’indennità già assicurata ai sensi degli articoli del D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151;

· permessi retribuiti e regolamentazione delle festività soppresse.

Per la formazione di un giudizio d’equivalenza tra il CCL di riferimento e il CCL stipulato dalle organizzazioni sindacali prive di rappresentatività assume cruciale rilievo la ponderazione del trattamento economico e l’individuazione di eventuali scostamenti. A tal fine, è posta a confronto la retribuzione globale annua nella quale confluiscono gli elementi:

· fissi della retribuzione spettante;

· variabili, a condizione che per espressa previsione del CCNL di categoria siano ricompresi nel novero degli elementi retributivi costituenti il trattamento economico complessivo.

Dal computo è in ogni caso esclusa ogni voce della retribuzione che sia accessoria o variabile, non inclusa nella nozione di trattamento economico complessivo.

In ogni caso, un equilibrato giudizio di equivalenza della parte economica basata sulla retribuzione globale di fatto deve tenere conto dei seguenti ulteriori elementi “correttivi”:

· il livello d’inquadramento e il corrispondente livello retributivo previsto dai CCL posti a confronto potrebbero non essere perfettamente sovrapponibili ed essere altresì diversamente strutturati;

· la previsione di un numero di mensilità differenti può riflettersi negativamente sul trattamento retributivo spettante in termini di indennità di preavviso, di malattia e infortunio e maternità;

· può differire la disciplina vigente in materia di scatti d’anzianità sia in relazione al numero massimo di scatti che possono essere riconosciuti così come alla periodicità di maturazione, alla misura e al riferimento al corrispondente livello retributivo.

In sede ispettiva, il giudizio di equivalenza deve essere condotto sia con riguardo al trattamento normativo che retributivo per addivenire ad una valutazione (e ponderazione) complessiva dell’eventuale differente trattamento assicurato dalla disciplina contrattuale.

Ai fini della revoca dei benefici normativi e contributivi fruiti dal datore di lavoro ai sensi del già richiamato articolo 1, comma 1175 della Legge 27 dicembre 2006, n. 296:

· l’analisi della parte normativa può essere omessa quando l’esito della comparazione della parte economica abbia di per sé consentito di accertare differenze tra gli impianti contrattuali;

· appurata l’equivalenza della parte economica, sia emerso uno scostamento su almeno due elementi di comparazione relativi alla parte normativa.

In ogni caso, nelle motivazioni del verbale d’accertamento è fatta espressa menzione del CCNL stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative ed impiegato ai fini del giudizio d’equivalenza nonché dell’analitica indicazione degli elementi di scostamento.

Fermo restando quanto sopra, la revoca dei benefici economici e normativi è disposta ogni qual volta il CCL “minore” disciplini istituti indisponibili in quanto riservati dalla vigente legislazione al solo contratto collettivo di lavoro (nazionale, territoriale o aziendale) stipulato da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (trattasi, a titolo esemplificativo dell’articolo 51 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81).

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/contrattazione-collettiva/quotidiano/2020/08/07/contratti-collettivi-lavoro-revocati-benefici-normativi-contributivi-azienda

Iscriviti alla Newsletter




È necessario aggiornare il browser

Il tuo browser non è supportato, esegui l'aggiornamento.

Di seguito i link ai browser supportati

Se persistono delle difficoltà, contatta l'Amministratore di questo sito.

digital agency greenbubble