• Home
  • News
  • La cassa integrazione del decreto Agosto: in vigore le temute novità. Ma anche una buona notizia!

La cassa integrazione del decreto Agosto: in vigore le temute novità. Ma anche una buona notizia!

Tutti i decreti emergenziali innovano la tormentata materia delle integrazioni salariali, con soluzioni originali e creative. Nel decreto Agosto la nuova disponibilità di 18 settimane di integrazione salariale penalizza le aziende “parsimoniose”. La seconda tranche di 9 settimane diventa a pagamento … Le 4 settimane aggiuntive delle Zone Gialle, da fruire obbligatoriamente entro il 31 agosto, sono totalmente assorbite dalla nuova tranche di 9 settimane. E che fine ha fatto il pagamento “sprint”? Il primato dell’originalità creativa spetta senz’altro alle disposizioni che legano insieme integrazioni salariali, divieto di licenziamento ed esonero contributivo. La buona notizia? La cancellazione della proroga ex lege dei contratti a termine, anche in regime di somministrazione; ma anche qui il contenzioso crea occupazione.

La normativa sulla cassa integrazione nata dall’emergenza del Covid-19 sembra derivare da un concorso per idee.

Il primo provvedimento emergenziale, decreto Cura Italia, introduce tre tipologie di integrazione salariale per far fronte al medesimo evento straordinario, comune a tutti i datori di lavoro italiani: la CIGO, l’assegno ordinario del FIS e la cassa in deroga, quest’ultima affidata alla gestione autonoma delle Regioni. Tre tipologie, procedure di consultazione sindacale differenziate, con o senza obbligo di accordo, tre canali distinti di richiesta, anzi quattro, se si considera la competenza del Ministero del Lavoro per le aziende plurilocalizzate.

Il secondo provvedimento emergenziale, decreto Rilancio, segna una svolta: le procedure restano tre per i diversi ammortizzatori, ma escono di scena le Regioni e il Ministero del Lavoro e l’unico interlocutore istituzionale del datore di lavoro diventa l’INPS. Ulteriori nove settimane di integrazioni salariali, spezzate in due tranche ma fruibili - dopo un ripensamento del legislatore - anche in continuità. Inoltre, viene introdotto un meccanismo di pagamento “sprint”, che prevede un acconto da parte dell’Istituto e il saldo a consuntivo. E le aziende plurilocalizzate “guadagnano” la possibilità di anticipare la cassa in deroga ai loro dipendenti.

Il terzo provvedimento emergenziale, il decreto Agosto (D.L. 14 agosto 2020, n. 104), pur con un appellativo meno pretenzioso dei due precedenti non rinuncia ad innovare la tormentata materia delle integrazioni salariali con soluzioni originali e creative.

Vediamo in dettaglio le temute novità, anticipate sul Quotidiano.

Il decreto Agosto rispetto ai precedenti provvedimenti non modifica le prime disposizioni della “Cassa Covid” contenute nel Cura Italia (D.L. n. 18/2020, convertito nella legge n. 27/2020), ma le richiama, stabilendo che i datori di lavoro che sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19 possono presentare domanda di concessione della CIG, dell’assegno ordinario e della cassa in deroga di cui agli artt. da 19 a 22 quinquies del D.L. n. 18/2020 per una durata massima di 9 settimane, incrementate a determinate condizioni di ulteriori 9 settimane. Sono dunque compresi anche i trattamenti che “sospendono” gli interventi di cassa integrazione straordinaria e di solidarietà. Queste 18 settimane devono collocarsi nel periodo dal 13 luglio 2020 al 31 dicembre 2020, ma alle prime 9 settimane sono imputati i periodi di integrazione precedentemente richiesti e autorizzati in base al D.L. n. 18/2020 collocati, anche parzialmente, dopo il 12 luglio. Non si tratta, dunque, di 18 settimane di integrazione salariale aggiuntive rispetto alle 9 settimane che il decreto Rilancio (D.L. n. 34/2020, convertito nella L. n. 77/2020) già aveva riconosciuto in coda alle prime 9 settimane del Cura Italia.

Le aziende “parsimoniose”, che avevano programmato le 9 settimane di integrazione salariale tra luglio e settembre, intervallate dalle ferie d’agosto, perdono di fatto in tutto o in parte le 9 settimane del decreto Rilancio. A loro il decreto Agosto riserva, eventualmente, solo l’ultima nuova tranche di 9 settimane, alle quali potranno accedere pagando un contributo aggiuntivo inversamente proporzionale al calo di fatturato subito nel primo semestre 2020 rispetto al primo semestre 2019.

Caso 1 Ipotizziamo che il datore di lavoro abbia pianificato di utilizzare l’integrazione salariale del decreto Rilancio: - per 2 settimane nella seconda metà di luglio, - per 3 settimane in agosto, prevedendo una settimana di chiusura aziendale per ferie, - per 4 settimane dal 31 agosto al 26 settembre. In questo caso tutte le 9 settimane pianificate sono assorbite dalla nuova “prima tranche” di 9 settimane del decreto Agosto.

Il decreto Cura Italia e il decreto Rilancio avevano mantenuto i periodi aggiuntivi di integrazione salariale in deroga a favore delle unità produttive collocate nelle aree del Paese più colpite dall’emergenza sanitaria ed economica.

Ora con il decreto Agosto le 4 settimane aggiuntive delle Zone Gialle, da fruire obbligatoriamente entro il 31 agosto, sono totalmente assorbite dalla nuova tranche di 9 settimane se collocate dopo il 12 luglio: in sostanza, quella misura di maggior tutela riconosciuta alle aziende più sfortunate viene di fatto cancellata, con un effetto di livellamento della durata delle integrazioni salariali per l’intero territorio nazionale, fatto salvo il caso in cui tutti i trattamenti siano già stati fruiti entro il 12 luglio. La nuova disposizione, infatti, abbraccia tutti i trattamenti concessi in base al Cura Italia e, quindi, anche quelli delle Zone Gialle (art. 22, c. 8 quater) e persino quelli addizionali riservati ai comuni delle Zone Rosse (art. 22, c. 8 bis).

L’art. 19 del decreto Agosto dedicato ai lavoratori delle “ex zone rosse” parrebbe salvare i datori di lavoro di Zone Gialle e Zone Rosse dal nuovo livellamento nazionale, ma è solo un’illusione. La disposizione stabilisce che “I datori di lavoro che abbiano sospeso l’attività lavorativa a causa dell’impossibilità di raggiungere il luogo di lavoro da parte dei lavoratori alle proprie dipendenze, domiciliati o residenti in Comuni per i quali la pubblica autorità abbia emanato provvedimenti di contenimento e di divieto di allontanamento dal proprio territorio, disponendo l’obbligo di permanenza domiciliare in ragione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 per i quali non hanno trovato applicazione le tutele previste dalle vigenti disposizioni per l’emergenza COVID-19, prima della data di entrata in vigore del presente decreto, possono presentare domanda dei trattamenti di cui agli articoli da 19 a 22 quinquies del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, e successive modificazioni, con specifica causale «COVID-19 - Obbligo permanenza domiciliare». Le domande possono essere presentate per periodi decorrenti dal 23 febbraio 2020 al 30 aprile 2020, per la durata delle misure previste dai provvedimenti della pubblica autorità di cui al comma 1, fino a un massimo complessive di quattro settimane, limitatamente alle imprese operanti nelle Regioni Emilia-Romagna, Regione del Veneto e Lombardia”.

È evidente che nella realtà si possono prospettare solo due casi per i datori di lavoro delle Zone Gialle e Rosse in relazione ai periodi dal 23 febbraio al 30 aprile 2020:

- se hanno già chiesto la cassa in deroga per questi periodi, la nuova disposizione non li riguarda;

- se non hanno ancora chiesto l’intervento, sono rimessi in termini dall’art. 19.

Nel secondo caso pare comunque improbabile che il datore di lavoro si accorga ad agosto di non aver richiesto l’integrazione salariale a beneficio dei dipendenti impossibilitati a raggiungere il posto di lavoro.

In entrambi le ipotesi i trattamenti aggiuntivi delle Zone Gialle e Rosse, anche se collocati temporalmente prima dei periodi di integrazione salariale riconosciuti a livello nazionale non salvano i datori di lavoro dall’assorbimento, se i complessivi periodi di ammortizzatore (4+18 settimane o 13+18 settimane) non sono stati esauriti entro il 12 luglio scorso.

Il decreto Rilancio per accelerare il pagamento diretto da parte dell’INPS delle integrazioni salariali, sempre obbligatorio per la cassa in deroga (fatti salvi i datori di lavoro plurilocalizzati) e opzionale per CIGO e assegno ordinario del FIS, ha introdotto un nuovo sistema di liquidazione della prestazione: l’Istituto anticipa il 40% della prestazione richiesta e eroga il saldo a consuntivo sulla base dell’effettiva sospensione o riduzione d’attività realizzata. Il pagamento “sprint” dell’INPS richiede l’invio dell’istanza da parte del datore di lavoro entro il 15° giorno dall’inizio della sospensione o della riduzione di attività per consentire la liquidazione da parte dell’Istituto entro i successivi 15 giorni (art. 22 quater, c. 4, D.L. n. 18/2020).

Il decreto Agosto all’art. 1 c. 6 sembra dimenticare il pagamento “sprint” prevedendo che “In caso di pagamento diretto delle prestazioni di cui al presente articolo da parte dell’INPS, il datore di lavoro è tenuto ad inviare all’Istituto tutti i dati necessari per il pagamento o per il saldo dell’integrazione salariale entro la fine del mese successivo a quello in cui è collocato il periodo di integrazione salariale, ovvero, se posteriore, entro il termine di trenta giorni dall’adozione del provvedimento di concessione. In sede di prima applicazione, i termini di cui al presente comma sono spostati al trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto se tale ultima data è posteriore a quella di cui al primo periodo. Trascorsi inutilmente tali termini, il pagamento della prestazione e gli oneri ad essa connessi rimangono a carico del datore di lavoro inadempiente.”.

Sembrerebbe finire qui, dunque, la breve esperienza del pagamento diretto veloce da parte dell’INPS. Tuttavia, il Ministero del Lavoro in un comunicato stampa del 18 agosto ha affermato in via interpretativa che il Decreto, nel richiamare all’art. 1, c. 1, gli artt. da 19 a 22 quinquies del D.L. n. 18/2020, riconferma la possibilità per le aziende di richiedere il pagamento diretto della prestazione con l’anticipo del 40% (contenuta appunto nell’art. 22 quater, c. 4). La tempestiva precisazione ministeriale è importante e rassicurante, anche se contrasta il dato normativo, se consideriamo che in verità lo stesso Decreto Agosto disciplina ex novo all’art.1, c. 5 e 6, procedura e termini per l’invio delle domande, anche per il caso di pagamento diretto.

Forse, più di un comunicato stampa, per garantire la certezza delle procedure secondo la successione delle norme nel tempo, sarebbe opportuno un emendamento in sede di conversione del Decreto Agosto.

Ai datori di lavoro ai quali sia già stato interamente autorizzato il precedente periodo di 9 settimane del decreto Agosto, potranno essere riconosciute le ulteriori 9 settimane, da fruire anch’esse entro il 31 dicembre 2020. In questo caso l’ammortizzatore non è più gratuito per tutti i datori di lavoro, ma solo per quelli che hanno subito un calo del fatturato nel primo semestre 2020 superiore al 20% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Per le aziende che hanno subito una riduzione di fatturato inferiore è stabilito un contributo addizionale del 9%, da calcolare sulla retribuzione che sarebbe spettata al lavoratore per le ore non prestate durante la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa. Il contributo addizionale è elevato al 18% per i datori di lavoro che nel confronto dei due semestri non hanno subito alcuna riduzione di fatturato.

Il disincentivo all’utilizzo dell’ammortizzatore sociale è incomprensibile. Se il datore di lavoro ricorre alla cassa integrazione lo fa per conservare i posti di lavoro ed evitare i licenziamenti. Inoltre, quando è la legge a vietare i licenziamenti, l’integrazione salariale rimane l’unica opzione in mancanza di lavoro. Ed è un’opzione già di per sé onerosa, dal momento che durante la sospensione il TFR matura regolarmente ai sensi dell’art. 2120 c.c., come pure i ratei a determinate condizioni.

Anche il riferimento temporale per il calcolo del contributo aggiuntivo incrementale appare illogico: che senso ha riferire al quadro economico del primo semestre 2020 il costo dell’ammortizzatore sociale da utilizzare nel secondo semestre dell’anno? La cassa integrazione non è un benefit, non è un’agevolazione, ma uno strumento di conservazione dei posti di lavoro.

Altrettanto incomprensibile è l’incentivo contributivo per non ricorrere alla cassa integrazione previsto dall’art. 3 del decreto Agosto e utilizzabile entro il 31 dicembre 2020. Ai datori di lavoro che rinuncino a richiedere i nuovi trattamenti del decreto Agosto e che abbiano già fruito nei mesi di maggio e giugno 2020 dell’integrazione salariale, la norma riconosce l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico nei limiti del doppio delle ore di integrazione salariale già fruite nei predetti mesi di maggio e giugno 2020, con esclusione dei premi INAIL.

Senza entrare negli aspetti tecnici di applicazione del beneficio, che si presentano alquanto problematici (quando mai un esonero contributivo è stato calcolato ad ore?), il quadro delle opzioni disponibili nell’ultimo quadrimestre dell’anno si può semplificare così, stante il divieto di licenziamento:

- se l’attività non riparte in misura sufficiente a garantire la rioccupazione di tutti i lavoratori, il datore di lavoro sarà costretto a ricorrere all’integrazione salariale, sopportando eventualmente anche l’onere del contributo aggiuntivo;

- se l’attività ripartirà normalmente con piena occupazione, il datore di lavoro non avrà alcun motivo di ricorrere all’integrazione salariale e potrà incassare l’incentivo.

In sintesi: chi più soffre la crisi economica più dovrà pagare; chi meno soffre sarà agevolato. È lo schema di Robin Hood rovesciato.

Il primato dell’originalità creativa del decreto Agosto spetta senz’altro alle disposizioni che legano insieme integrazioni salariali, divieto di licenziamento ed esonero contributivo.

Il decreto estende la durata del divieto di licenziamento individuale e collettivo per riduzione di personale, prima fissata al 17 agosto 2020, introducendo un termine mobile collegato all’utilizzo della nuova disponibilità di integrazione salariale o dell’esonero contributivo alternativo.

L’art. 14 dispone infatti che “Ai datori di lavoro che non abbiano integralmente fruito dei trattamenti di integrazione salariale riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19 di cui all’articolo 1 ovvero dell’esonero dal versamento dei contributi previdenziali di cui all’articolo 3 del presente decreto resta precluso l’avvio delle procedure di cui agli articoli 4, 5 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223 e restano altresì sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020 ...”. Il secondo comma dello stesso articolo estende il divieto ai licenziamenti individuali per GMO.

Tenuto conto del termine del 31 dicembre 2020 di utilizzo della nuova dote di integrazioni salariali o dell’esonero contributivo alternativo, la possibilità per il datore di lavoro di attivare o riprendere prima di quella data le procedure di licenziamento che si rendessero necessarie per restituire l’equilibrio economico all’impresa è subordinata all’adozione di una delle seguenti iniziative:

- esaurire le 18 settimane di cassa integrazione (o il minor periodo conseguente al descritto “assorbimento”),

- incassare l’intero esonero contributivo maturato,

- sottoscrivere accordi collettivi con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale per regolamentare esodi incentivati.

Nel primo caso sarebbe sufficiente “consumare” l’integrazione salariale anche per poche ore e, al limite, per un solo lavoratore per poter poi attivare i licenziamenti.

Nel secondo caso, il paradosso è rappresentato dal fatto che l’utilizzo immediato dell’esonero contributivo (fino a capienza) accelera lo sblocco dei licenziamenti.

Nel terzo caso occorre l’intesa sindacale. A mio parere la formulazione ampia della norma consente di escludere dal divieto di licenziamento, non solo le procedure collettive concluse con accordo sindacale che postuli quale unico criterio di recesso la non opposizione del lavoratore, ma anche gli accordi di accompagnamento alla pensione (art. 4, c. 1, L. n. 92/2012, c.d. Isopensione), i contratti di espansione (art. 41 D.Lgs. n. 148/2015) e persino i piani di incentivazione alla risoluzione del rapporto su base volontaria concordati con i sindacati abilitati. Non a caso il decreto precisa che ai lavoratori spetta comunque la NASPI.

Il decreto considera solo le ipotesi di gestione con accordo collettivo delle eccedenze di personale, confermando così il divieto di licenziamento individuale per GMO, anche nei casi in cui la non opposizione del lavoratore fosse comprovata in una sede protetta, cioè con accordo conciliativo con assistenza sindacale o davanti all’Ispettorato Territoriale del Lavoro.

Il decreto Agosto cancella la proroga ex lege dei contratti a termine, anche in regime di somministrazione, introdotta a partire dal 19 luglio 2020 dalla legge di conversione del decreto Rilancio (art. 93, c. 1 bis, L. n. 77/2020). La disposizione, che ricordava l’imponibile di manodopera degli anni Cinquanta, aveva determinato la protrazione dei contratti a termine in essere al 19 luglio per una durata pari al periodo di sospensione dell’attività lavorativa in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19.

Una norma che ha avuto - fortunatamente - meno di un mese di vita, ma che non mancherà comunque di creare problemi interpretativi. Si pensi, ad esempio, al lavoratore che lamenti la mancata proroga del contratto a termine avente scadenza naturale al 31 luglio 2020 per un periodo di 13 settimane (pari a quello di sospensione con ricorso alla cassa in deroga) in forza di una disposizione all’epoca in vigore e ora abrogata.

Esclusa la ricostituzione del rapporto, si apre la strada alla rivendicazione di un risarcimento economico.

In fondo anche il contenzioso crea occupazione.

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/amministrazione-del-personale/quotidiano/2020/08/21/cassa-integrazione-decreto-agosto-vigore-temute-novita-buona-notizia

Iscriviti alla Newsletter




È necessario aggiornare il browser

Il tuo browser non è supportato, esegui l'aggiornamento.

Di seguito i link ai browser supportati

Se persistono delle difficoltà, contatta l'Amministratore di questo sito.

digital agency greenbubble