• Home
  • News
  • Dalle nuove tutele per i lavoratori autonomi le basi per il lavoro del futuro?

Dalle nuove tutele per i lavoratori autonomi le basi per il lavoro del futuro?

La distinzione tra lavoro dipendente e lavoro autonomo si attenua sempre di più ed è, con ogni probabilità, destinata a scomparire. E’ allora giusto immaginare un sistema di tutele universali che vada aldilà della logica emergenziale dei bonus. In questa direzione va la proposta legislativa del Cnel – il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro- che porta il titolo “Tutele delle lavoratrici e dei lavoratori autonomi e dei liberi professionisti iscritti alla gestione separata Inps”. Il merito di tale impianto sta nella previsione delle tutele fondamentali per i lavoratori (autonomi): dalla malattia alla maternità, agli ammortizzatori sociali. Un buon punto di partenza per progettare il lavoro del futuro?

Il Cnel - Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro - è istituito in base all’articolo 99 della Costituzione. Il Consiglio “è composto di esperti e di rappresentanti delle categorie produttive” ed “è organo di consulenza delle Camere e del Governo per le materie e secondo le funzioni che gli sono attribuite dalla legge”. Ha “l'iniziativa legislativa e può contribuire alla elaborazione della legislazione economica e sociale secondo i principi ed entro i limiti stabiliti dalla legge”. Può, perciò, formulare delle proposte indirizzate al Parlamento che poi fa effettivamente le leggi.

Sotto la spinta e il dinamismo del suo attuale presidente, Tiziano Treu, come abbiamo visto in questi mesi, il Consiglio si sta occupando di molti argomenti. Ad esempio, la previdenza, che sta tornado di attualità, vista la riapertura di tavoli di confronto tra il Governo - il Ministro Catalfo in particolare - e le parti sociali. Ciò avviene dato che il 31 dicembre 2021 scade Quota 100 e ritorna pienamente in vigore la legge Fornero. Il Cnel si sta occupando anche di ammortizzatori sociali e, di recente, ha avanzato una proposta di legge sul tema del lavoro autonomo.

La proposta - licenziata prima della pausa estiva - porta il titolo “Tutele delle lavoratrici e dei lavoratori autonomi e dei liberi professionisti iscritti alla gestione separata Inps”. Spiega la relazione tecnica che accompagna la proposta, che “il trend di crescita quantitativa e qualitativa del settore professionale, dovuto alla progressiva transizione all’economia dei servizi, alle trasformazioni del lavoro nel senso di una sempre maggiore rilevanza dell’autonomia e della professionalità e alla nascita di nuove professioni qualificate, rappresenterà una costante dei prossimi anni”.

La cosa, a mio avviso, riveste particolare interesse. Abbiamo alle spalle una legislazione sull’argomento; mi riferisco al Jobs Act del lavoro autonomo, la legge n. 81 del 2017 - da non confondere con il Jobs Act, cioè il pacchetto di riforme del mercato del lavoro dipendente, del quale non condivisi l’ispirazione di fondo.

La legge 81 ha consentito, per la prima volta, di inserire una serie di tutele anche a vantaggio del lavoro autonomo. Questo impianto legislativo può essere perfezionato e migliorato, come propone il Cnel. E credo che sia giusto farlo perché, anche a seguito del lockdown, abbiamo visto emergere forme di lavoro maggiormente esposte, più fragili, che più risentono degli andamenti ciclici dell’economia, soprattutto se, su questi andamenti, si innestano elementi imprevedibili come la pandemia. Penso ad attività discontinue, sia che si tratti di lavoro interinale, che a tempo determinato, che accessorio. Penso a una parte del lavoro autonomo, delle partite IVA, che risente maggiormente, dove c’è una fragilità, degli andamenti del mercato.

Quindi, immaginare un miglioramento delle protezioni che vada aldilà della logica emergenziale dei bonus, è assolutamente condivisibile e saggio. Soprattutto perché della nuova configurazione generale del lavoro - anche l’Organizzazione Internazionale del Lavoro se ne sta occupando - bisogna cogliere il significato del superamento di quel tradizionale steccato che separava il lavoro dipendente dal lavoro autonomo. Si stanno ampliando i percorsi che si possono definire alternati; oggi, soprattutto per quel che riguarda le giovani generazioni, non è raro incontrare persone che cominciano come autonome, diventano dipendenti, tornano a essere autonome, sia per scelte individuali, sia sotto la pressione esercitata dalle aziende, visto che continua la ricerca del risparmio sul costo del lavoro. Di conseguenza se, come dicevamo, si attenua sempre di più la distinzione tra lavoro dipendente e lavoro autonomo fino, probabilmente, a scomparire, è giusto immaginare che, nel futuro, l’impianto delle tutele diventi universale.

Il merito di tale impianto dovrebbe riguardare le tutele fondamentali. A partire dalla giusta retribuzione, da perseguire attraverso la contrattazione nazionale per il lavoro dipendente e - in base all’articolo 36 della Costituzione - con l’individuazione dell’equo compenso per quanto riguarda il lavoro autonomo. Altri versanti sono la tutela per il lavoro dipendente, autonomo e parasubordinato in caso di malattia e di maternità e la tutela di salute e sicurezza sul lavoro. In sintesi, un pavimento di diritti di base che riguardino l’insieme del mondo del lavoro.

Penso che questa sia la tendenza verso la quale sia ragionevole indirizzarsi. In più, bisogna anche osservare che, per quanto riguarda il lavoro dipendente, quello più tradizionale, stiamo andando verso nuove frontiere: penso al lavoro a distanza, allo smart working, notevolmente cresciuto al tempo del Covid. In merito allo smart working, in attesa di superare la pandemia - perché tutti ci auguriamo l’arrivo del vaccino e che si superi questo incubo che ha danneggiato la società, l’economia e l’occupazione - emerge la scelta già fatta da alcune grandi imprese di rendere strutturale la possibilità di lavorare a distanza e in presenza. Questa è l’essenza dello smart working che non è lavorare da casa, non è, insomma, telelavoro. È lavorare a casa, lavorare in azienda, alternarsi tra casa e azienda a seconda delle necessità. Ci sono aziende come Leonardo o Eni che hanno già dichiarato che, nel prossimo futuro, ipotizzano che un 30-35% dei loro dipendenti potrà lavorare in smart working. Questo con grandi risparmi che gettano una luce diversa anche sulla necessaria ricontrattazione di questa modalità di lavoro. La quale, ripeto, deve essere lavoro strettamente dipendente, ma che acquista dei margini di autonomia che spostano l’antico concetto di retribuzione oraria a una retribuzione legata al risultato richiesto al lavoratore. Sapendo che soltanto determinate tipologie di lavoro possono essere fatte a distanza.

Quindi, siamo di fronte a profonde rivoluzioni anche nell’ambito della relazione che intercorre tra lavoro dipendente e autonomo. Perciò, la costruzione di una rete di protezione universale, indipendentemente dalla caratteristica del contratto di lavoro e dal lavoro svolto diventa una tela sulla quale lavorare per il futuro. Non solo a livello nazionale: credo che la questione si ponga addirittura a livello internazionale.

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/amministrazione-del-personale/quotidiano/2020/09/12/nuove-tutele-lavoratori-autonomi-basi-lavoro-futuro

Iscriviti alla Newsletter




È necessario aggiornare il browser

Il tuo browser non è supportato, esegui l'aggiornamento.

Di seguito i link ai browser supportati

Se persistono delle difficoltà, contatta l'Amministratore di questo sito.

digital agency greenbubble