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Smart working: attenzione massima agli obblighi di sicurezza sul lavoro

Lo smart working, per definizione, costituisce una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, diversa dal telelavoro, fondata su un accordo tra l’azienda e il dipendente e senza vincoli di orario o di luogo di lavoro. Con l’avvento del Covid ci siamo adeguati a una idea di lavoro agile ben lontana dal quel modello di libertà e responsabilità al quale si ispira la legge n. 81/2017. Lo smart working si è trasformato, infatti, in lavoro da remoto, massivamente adottato dalle aziende per assicurare la continuità produttiva nella fase emergenziale. Ma, mentre già si pensa al suo futuro nel post Covid, vanno ricordati gli specifici obblighi di sicurezza che il datore di lavoro deve osservare a tutela del lavoratore.

Lo smart working. Tutti ormai ne hanno sentito parlare. Anche se non manca la confusione, ad esempio tra lavoro agile e telelavoro. Certo è che non pochi vorrebbero far credere che lo smart working sfugga agli obblighi di sicurezza. Sotto sotto s’immagina lo smart working come una sorta di scudo penale. E ben si comprende perché già giri la voce che potremmo ritrovarcelo tale e quale anche alla fine dell’emergenza Covid.

In effetti, tra le misure anti-coronavirus nei luoghi di lavoro, sin dal marzo 2020 ha assunto un eccezionale risalto il lavoro agile. Ma occorre coglierne le implicazioni sul terreno della sicurezza. Quel che soprattutto non può passare sotto silenzio è che le norme emergenziali impongono esplicitamente il rispetto dei principi stabiliti dalla legge che tutela il lavoro agile, la legge 81 del 2017. Con due uniche deroghe.

La prima è che non occorre un accordo scritto tra datore di lavoro e lavoratore circa la modalità di lavoro agile.

La seconda è che l’informativa scritta sui rischi può essere consegnata dal datore di lavoro al lavoratore in via telematica anche ricorrendo alla documentazione resa disponibile dall’INAIL.

A parte queste due deroghe, i datori di lavoro dovrebbero oggi (e senza più deroghe dovranno domani) individuare i rischi specifici incombenti sui lavoratori agili anche all’esterno dei locali aziendali, e attuare tutte le misure tecniche, procedurali, organizzative necessarie per fronteggiare questi rischi. E dunque, ove dall’inosservanza di tali obblighi scaturisca un infortunio o una malattia, potrebbe emergere una responsabilità del datore di lavoro (o di chi per o con lui) per omicidio colposo o lesione personale colposa. Salvo restando quell’art. 29-bis D.L. n. 23/2020 convertito nella legge 5 giugno 2020, n. 40, in forza del quale i datori di lavoro, adottando le misure prescritte nei protocolli, nelle linee guida, negli accordi, adempiono all'articolo 2087 del codice civile. Con l’avvertenza, beninteso, che la colpa del datore di lavoro può consistere, sì, nella violazione dell'articolo 2087 del codice civile, ma anche in imprudenza, imperizia, negligenza, e soprattutto nella inosservanza delle specifiche leggi in materia di sicurezza sul lavoro, a cominciare dal Testo Unico sulla Sicurezza del Lavoro. Perché una norma come il 29-bis produce un duplice effetto: conferma la responsabilità penale del datore di lavoro che violi protocolli o linee guida o accordi; ma soprattutto non esclude la responsabilità penale del datore di lavoro che, pur rispettando protocolli o linee guida o accordi, non adempia ai distinti obblighi previsti da leggi specifiche quale il Testo Unico sulla Sicurezza del Lavoro.

Né si pensi -come invece sostiene la circolare congiunta dei Ministeri del lavoro e della salute n. 13 del 4 settembre 2020- che la sorveglianza sanitaria eccezionale sui lavoratori fragili aventi diritto al lavoro agile sia cessata dal 1° agosto 2020. Basta leggere con attenzione il decreto legge 83 del 2020 (allegato I, n. 32) per comprendere che questa sorveglianza sanitaria resta doverosa sino al 15 ottobre 2020.

Neppure si pensi -come pure qualcuno vorrebbe- di liberarsi dagli obblighi di sicurezza ricorrendo al telelavoro, e, cioè, al lavoro subordinato svolto continuativamente a distanza mediante collegamento informatico e telematico. Per la semplice ragione che in questo caso sono obbligatorie le garanzie stabilite da un’altra norma di legge, l’art. 3, comma 10, del Testo Unico della Sicurezza sul Lavoro: dalla sicurezza delle apparecchiature alla sicurezza dei videoterminali.

E persino misure - difficilmente conciliabili con l’attuale emergenza- dirette a prevenire l’isolamento del lavoratore a distanza rispetto agli altri lavoratori interni all’azienda, permettendogli di incontrarsi con i colleghi e di accedere alle informazioni dell’azienda.

Più che mai può essere provvidenziale pur con opportuni correttivi il disegno di legge n. 1833 comunicato alla Presidenza del Senato il 29 maggio 2020, recante la delega al governo per il riordino della disciplina in materia di lavoro agile e l’introduzione del diritto alla disconnessione per il benessere psico-fisico dei lavoratori e dei loro affetti. Anche perché purtroppo sono rimasti finora irrisolti gli intricati dubbi interpretativi e applicativi sollevati dalla legge 81 del 2017.

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/sicurezza-del-lavoro/quotidiano/2020/10/05/smart-working-attenzione-massima-obblighi-sicurezza-lavoro

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