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Sanità complementare: l’era Covid-19 accelererà i tempi per una legge ad hoc?

Creare una forma di tutela aggiuntiva per i lavoratori (e cittadini in genere) ad integrazione dei servizi messi a disposizione dal Sistema Sanitario Nazionale. E’ l’obiettivo della sanità complementare che oggi attende la propria disciplina, così come è avvenuto per la previdenza integrativa, dal 1993, con la “riforma Amato”. Possiamo, dunque, immaginare, per la sanità complementare, un ruolo orientato alla qualità della vita e alla universalità della tutela sanitaria, in una logica non di contrapposizione con il welfare pubblico ma di un suo completamento? E in una prospettiva di integrazione tra pubblico e privato che parta dalla necessità di soddisfare la crescente richiesta di protezione sociale?

La pandemia da Covid-19 ha posto sotto i riflettori il nostro sistema sanitario. Ne ha messo a dura prova l’efficienza e la resistenza in uno stato di crisi prolungato. Tutti abbiamo ammirato l’abnegazione e la grande capacità del personale medico e infermieristico del Servizio Sanitario Nazionale che ha operato, in molte situazioni, in condizioni tragiche. E, in questi giorni, lo ritroviamo in prima linea per la recrudescenza dei contagi.

È, perciò, giustificato l’allarme sociale che si va diffondendo nel Paese in considerazione del fresco e doloroso ricordo dei giorni in cui le nostre strutture ospedaliere, in particolare in alcune Regioni, non riuscivano a far fronte all’offensiva del contagio: molti malati non poterono ricevere l’assistenza necessaria. Non solo: per molti malati non-covid furono sospese le prestazioni considerate, a quel momento, non urgenti; e, ancora, i medici di base hanno subìto anch’essi gravi conseguenze.

Aldilà della contingenza è, perciò, necessario considerare in quali termini si possa aggiornare il nostro sistema di protezione sociale sul piano sanitario. Non si può, però, mancare di fare una considerazione preliminare: il Sistema Sanitario pubblico è una conquista della nostra democrazia. È giusto ricordare che il Sistema Sanitario Nazionale italiano, a carattere universale, non esiste da sempre. È un progresso relativamente recente, l’istituzione del quale, basata sugli indirizzi dettati dalla Costituzione, risale al 1978. Il SSN è uno dei pilastri del Welfare del nostro Paese, nel quale la conciliazione del sistema democratico e dello sviluppo economico ha reso intangibile il diritto alla salute del cittadino.

Deve essere perciò chiaro che quando si parla di spesa sanitaria, ci riferiamo a un autentico investimento: quello nella salute di noi tutti. Ed è per questo che la Sanità è una delle voci fondamentali nel Bilancio di uno Stato moderno. Ciò introduce un primo problema concreto: che la spesa sanitaria del nostro Paese, come percentuale di Pil e come importo pro capite, è scesa, nel corso del tempo, rispetto a quella di altri Paesi vicini e sviluppati che rappresentano, perciò, un paragone realistico: parlo, ad esempio di Francia, Germania e Svizzera. Ma c’è un dato, non economico ma strutturale, che può spiegare molto: nel 1980, il nostro Paese disponeva di un posto letto ogni 94 abitanti; nel 2017, quello stesso posto letto doveva coprire 398 cittadini.

Definire adesso una modernizzazione del sistema che, facendo perno sul Servizio Sanitario Nazionale, ne preveda un’integrazione con l’apporto della sanità complementare, è più che ragionevole.

È un percorso che, in un altro ramo del welfare, quello delle pensioni, l’Italia ha già affrontato in modo virtuoso. Si tratta di quanto è avvenuto a partire dal 1993, quando il decreto legislativo 509 - la “riforma Amato” - diede avvio a un esemplare itinerario di sostenibilità di quel settore. Un sentiero nel quale l’Italia ha costruito una soluzione originale ed efficiente per salvaguardare il reddito dei cittadini dopo il pensionamento. Nel passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo, i Fondi pensione complementari, in particolare quelli contrattuali, hanno dimostrato il valore di tale soluzione in oltre vent’anni di attività. Oggi, anche la sanità complementare attende la propria regolazione legislativa così come avvenne per la previdenza integrativa.

Dobbiamo partire dalla consapevolezza che è dovere di una società evoluta quello di difendere il proprio capitale umano. La Sanità è un elemento non solo di assistenza, ma anche un caposaldo dello sviluppo. Il benessere dei cittadini è un indicatore di stabilità sociale e di crescita economica.

Il nuovo paradigma della Sanità, fatto salvo il ruolo fondamentale di quella pubblica, deve introdurre un’articolazione decentrata tesa alla prevenzione e alla risposta agile alle necessità del cittadino sul piano dell’educazione alla salute, delle diagnosi, delle terapie, della riabilitazione e, nel caso, del rientro al lavoro. L’esperienza dei mesi passati ci ha insegnato che nelle Regioni nelle quali l’organizzazione territoriale era meglio strutturata, si è potuto far meglio fronte all’aggressione del Covid-19.

Dunque, possiamo immaginare un ruolo della sanità complementare orientato alla qualità della vita e alla universalità della tutela. Ciò in una logica che non sia di contrapposizione con il welfare pubblico, che deve rimanere il pilastro fondamentale e il muro maestro dell’architettura sociale ma, al contrario, nell’ottica del suo completamento, in una prospettiva di integrazione tra pubblico e privato che parta dalla necessità di soddisfare la crescente richiesta di protezione. Ruolo che si può indirizzare, ad esempio, alla assistenza domiciliare, anche considerato il tendenziale aumento della aspettativa di vita. Scelte da effettuare sulla base di una precisa analisi della domanda che inquadri al meglio le necessità mediche, psicologiche, di relazione e sociali degli assistiti: insomma, un’assistenza “su misura” e diffusa che possa operare anche attraverso la telemedicina e l’intervento infermieristico domiciliare. Questo, come abbiamo già ricordato, considerando, in particolare, l’invecchiamento della popolazione che porta con sé grandi problemi di autosufficienza.

Non è più rimandabile l’esigenza di una regolazione legislativa di sostegno che sia il frutto di un vero e argomentato confronto tra il Governo, il Parlamento e tutte le parti sociali, come è avvenuto a suo tempo con la previdenza complementare.

L’esigenza di un intervento legislativo che tracci una linea evolutiva è stata ribadita con forza anche nel Seminario online organizzato in questi giorni dall’Associazione Lavoro&Welfare: seminario al quale hanno partecipato i principali attori del sistema. I due studi hanno anche dato vita ad una nuova collana della Rivista LavoroWelfare sulla Sanità complementare.

Ebbene, si deve agire nel senso di assicurare al cittadino - la cui vita è più lunga di quanto sia mai stata nella storia umana - di poter mantenere in equilibrio la propria salute mentre si inoltra, in molti casi, nella progressiva perdita della propria autosufficienza. In questo senso, la sanità complementare potrà assolvere un ruolo determinante sul piano del long term care. Sappiamo, come Paese, di avere la capacità di conseguire questo obiettivo, così come avvenuto sul tema della previdenza. Mettiamoci al lavoro sulla sanità complementare.

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/pensioni/quotidiano/2020/10/24/sanita-complementare-covid-19-accelerera-tempi-legge-hoc

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