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Class action nell’era Covid-19: quali sono i possibili scenari in Italia

Mancano poche settimane per l’avvio della nuova class action, l’azione esperibile da coloro che avanzino pretese risarcitorie nei confronti di un’impresa, o di enti gestori di servizi pubblici, in relazione alla lesione di diritti individuali omogenei. L’entrata in vigore è prevista per il 19 novembre 2020, ma potrebbe essere messa in discussione dalla mancata realizzazione del portale internet da parte del Ministero della giustizia che servirà a dare notizia e pubblicità delle azioni collettive intraprese. Peraltro, nella fase di emergenza Covid-19, molti sono i dubbi interpretativi che sorgono in merito alla possibilità di applicare la class action civilistica in ambito sanitario. Ma, al di là di dubbi e limiti, come funziona e in quali casi si può ricorrere alla class action?

A rischio il decollo della nuova class action (l. n. 31/2019). Sulla carta la data di avvio (già prorogata) è il 19 novembre 2020. Ma la pandemia potrebbe rallentare il percorso della azione collettiva di nuova fattura. Peraltro, se si pensa all’emergenza Covid-19 e alle conseguenze sul piano del contenzioso con enti pubblici, la soluzione di ripiego è rappresentata dal D.Lgs. n. 198/2009. Ma procediamo con ordine.

La nuova azione è disciplinata dalla l. n. 31/2019, cha ha novellato il codice di procedura civile, trasferendo in questa nuova sede (articoli 840-bis e seguenti), integralmente riscritte, le disposizioni sull’azione di classe ora giacenti nel Codice del Consumo (D.Lgs. n. 206/2005).

Già questa posizione è significativa della volontà del legislatore di emanciparsi da una mera logica consumeristica per abbracciare una potenziale diffusione dell’azione di classe a tutti gli ambiti contrattuali.

L’azione sarà sempre esperibile da tutti coloro che avanzino pretese risarcitorie in relazione a lesione di "diritti individuali omogenei": non solo, dunque, consumatori e utenti.

L'azione sarà disponile anche ad enti plurisoggettivi: sarà, certo, ancora nella titolarità di ciascun componente della "classe", ma anche delle organizzazioni o associazioni senza scopo di lucro che abbiano come scopo la tutela dei suddetti diritti, e che si siano iscritte in un elenco tenuto dal Ministero dello sviluppo economico.

I destinatari dell'azione di classe potranno essere le imprese e gli enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità.

Ovviamente il protocollo del contenzioso collettivo rappresenta una opzione aggiuntiva, poiché resta fermo il diritto all'azione individuale.

La nuova class action ha bisogno di un’impalcatura tecnologica particolarmente evoluta, la legge prevede, infatti, che tutti i possibili interessati potranno avere notizia della class action su apposito portale internet, che dovrà essere realizzato dal Ministero della giustizia.

Per partecipare all’azione di classe si potrà aderire nella fase iniziale della causa oppure anche nella fase successiva alla sentenza che definisce il giudizio.

La legge prevede una procedura informatizzata delle adesioni attraverso il futuro portale ministeriale.

Per l’adesione non è necessario il patrocinio di un avvocato.

Nell’adesione si deve conferire una procura a una figura chiave della procedura e cioè al rappresentante comune degli aderenti.

Con l’adesione bisogna versare un fondo spese.

L’iter della futura class action è distinto in tre fasi: la prima e la seconda relative, rispettivamente, all'ammissibilità dell'azione e alla decisione sul merito, di competenza del tribunale, e l'ultima, affidata ad un decreto del giudice delegato, relativa alla liquidazione delle somme agli aderenti alla classe. In caso di mancato adempimento delle obbligazioni di pagamento, anche la procedura di esecuzione forzata potrà essere esercitata in forma collettiva.

Più analiticamente, un ente abilitato o un singolo depositano il ricorso (è un rito accelerato). Il tribunale deve verificare l’ammissibilità dell’azione (che non sia del tutto infondata e che riguardi diritti omogenei). Viene fissata un’udienza e gli interessati possono aderire fin da allora.

Si passa alla trattazione della causa, senza formalità. Il giudice può ordinare all’impresa la produzione di prove (sono previste sanzioni in caso di inottemperanza). Il giudice può decidere anche in base a dati statistici e presunzioni semplici.

Se il giudice accoglie la domanda, con la sentenza si apre la procedura di adesione vera e propria, individuando un giudice delegato e nominando il rappresentane comune degli interessati.

Quest’ultimo deve elaborare un progetto dei diritti individuali, che deve passare il vaglio del giudice delegato e contiene le cifre di spettanza dei singoli.

A questo punto o l’impresa effettua i pagamenti o il rappresentante comune passa all’esecuzione forzata collettiva.

Altra novità è rappresentata dalla disciplina degli accordi transattivi tra le parti. Il tribunale può tentare un accordo fino all’ultima fase della causa. Un accordo potrà essere concluso anche dopo la sentenza da parte del rappresentante comune.

La riforma, infine, disciplina il compenso da corrispondere, in caso di accoglimento della domanda, a coloro che svolgono la funzione di rappresentanti della classe ed ai difensori, riconoscendo la quota lite. Si tratta di un compenso ulteriore rispetto alla somma che il convenuto dovrà pagare a ciascun aderente alla classe a titolo di risarcimento e l'ammontare dovrà essere determinato calcolando una percentuale rispetto dell'importo complessivo che il convenuto dovrà pagare; la misura della percentuale è inversamente proporzionale al numero dei componenti la classe (la percentuale scende all'aumentare del numero dei componenti).

Il calendario della nuova class action è stabilito dall'articolo 7, comma 1 della l. n. 31 del 2019. Questo articolo, nella versione originaria, stabiliva che le disposizioni della medesima l. n. 31 sarebbero entrate in vigore decorsi dodici mesi dalla pubblicazione della medesima legge nella Gazzetta Ufficiale (pubblicazione avvenuta il 18 aprile 2019).

Il primo testo del decreto Milleproroghe (D.L. n. 162/2019) ha prorogato di ulteriori sei mesi (dagli iniziali dodici mesi a diciotto) il termine di entrata vigore della l. n. 31. Nel corso dell’esame parlamentare del D.L. n. 162/2019, il termine è stato prorogato a diciannove mesi e, quindi, l'entrata in vigore della disciplina della nuova class action è rinviata al 19 novembre 2020, e ciò per effetto dell’articolo 8, comma 5, del decreto legge citato.

A tale riguardo va preso in considerazione che una così lunga vacatio legis è stata pianificata “al fine di consentire al Ministero della giustizia di predisporre le necessarie modifiche dei sistemi informativi per permettere il compimento delle attività processuali con modalità telematiche”.

Non sono, allo stato, noti aggiornamenti a riguardo dello stato di avanzamento dell’informatizzazione dei procedimenti relativi alla class action novellata. Non si può escludere, pertanto, un ulteriore differimento.

Peraltro, in relazione ad eventuali filoni contenziosi suscitati dall’emergenza da Covid19, probabilmente la class action civilistica non sarebbe utilizzabile, essendovi molti dubbi interpretativi, ad esempio, rispetto alla possibilità di un’applicazione in ambito sanitario, avverso strutture ospedaliere.

D’altra parte, il nuovo articolo 840-bis, introdotto dall’art. 1 della l. 31/2019 (ancora quiescente per quanto si è detto sopra), si preoccupa di dichiarare la salvezza delle disposizioni in materia di ricorso per l'efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici.

Il riferimento è al D.Lgs n. 198 del 2009, che ha introdotto nell’ordinamento italiano l’azione collettiva per l’efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di pubblici servizi.

In sintesi, questa disciplina consente a singoli cittadini ed associazioni di utenti di agire in giudizio avanti ad un giudice amministrativo per contestare violazioni di obblighi contenuti nelle carte di servizi o gli standard di qualità fissati per i concessionari dalle autorità competenti. Inoltre, gli stesi possono rivendicare la violazione di termini o la mancata emanazione di atti amministrativi di carattere obbligatorio e non aventi contenuto normativo, da emanarsi entro un termine di legge.

Il ricorso al giudice amministrativo deve essere preceduto da una diffida all’amministrazione inadempiente a soddisfare entro novanta giorni gli utenti. Se il termine decorre inutilmente, il giudice, prima della sentenza, potrà ordinare all’amministrazione di porre rimedio in tempi ragionevoli alla situazione di inefficienza denunciata.

Con la sentenza che accoglie la domanda, il giudice amministrativo ordina alla pubblica amministrazione di porre rimedio alla violazione entro un termine e può anche nominare, in caso di perdurante inottemperanza, un commissario ad acta che si sostituisca all’amministrazione inadempiente

La sentenza deve esser pubblicata sul sito del Ministero della pubblica amministrazione, al fine di garantire una maggiore trasparenza dell’operato delle pubbliche amministrazioni, ed inviata altresì alla Corte dei conti e alla Commissione per la valutazione nella P.A., alla quale spetta definire previamente gli standard di qualità organizzativa da rispettare e valutare costantemente le perfomance pubbliche.

Questo strumento, che nella prassi non ha avuto successo, è prevedibilmente utilizzabile nei confronti delle autorità pubbliche (comprese quelle sanitarie) per far valere le proprie posizioni giuridiche, anche in relazione all’emergenza da Covid-19.

Il D.Lgs. n. 198/2009 ha, però, notevoli limiti sul piano dell’effettività della tutela del cittadino e dell’impresa.

In particolare, il ricorso non consente di ottenere il risarcimento del danno cagionato dagli atti e dai comportamenti (articolo 1, comma 6, d.lgs. 198/2009) e la sentenza favorevole al cittadino/impresa, certo, può ordinare alla pubblica amministrazione o al concessionario di porre rimedio a disservizi e inerzie entro un congruo termine, ma tutto ciò “nei limiti delle risorse strumentali, finanziarie ed umane già assegnate in via ordinaria e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”.

La sostenibilità economia potrebbe essere un ostacolo insormontabile. Salvo che disponibilità di bilancio, invece, rendano possibile prevedere un percorso che, previa una “azione di classe” (ex D.Lgs. n. 198/2009) contro un ente pubblico, apra la strada a posizioni attive risarcitorie, che si potranno far valere avanti al giudice ordinario.

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/impresa/contratti-dimpresa/quotidiano/2020/10/31/class-action-covid-19-possibili-scenari-italia

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