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La “corsa” dei riders verso l’autonomia o la subordinazione. Serve un contratto di settore

Si continua a parlare di riders. Sono lavoratori autonomi o subordinati? Quando hanno diritto alla retribuzione o al compenso minimo (non più parametrabile sulle consegne effettuate)? Dopo i chiarimenti forniti dal Ministero del Lavoro nella circolare n. 17 del 2020, che ha “sconfessato” la validità del contratto sottoscritto da Assodelivery/UGL, si è tornati al punto di partenza. Il CCNL della logistica mal si adatta al lavoro attraverso piattaforma. Ed allora, quale strada seguire? Sicuramente quella di una contrattazione di settore, l’unica in grado di valutare la reale sostenibilità del modello di business tradizionale delle attività di consegna dei riders.

Difficile immaginare un anno fa lo sviluppo che avrebbe avuto, nel volgere di pochi mesi, una parte del lavoro attraverso piattaforma e in particolare l’attività di food (e non solo) delivery. Eppure in questo anno così particolare che ha messo un punto sulle nostre abitudini, sulla nostra vita e su quella che eravamo abituati a chiamare “normalità” costringendoci a cambiare prospettiva in una logica di ripresa, di sostenibilità e di innovazione essenziali per affrontare il futuro anche prossimo, lo sviluppo delle attività di consegna da parte dei riders (o ciclo-fattorini, come li definisce la legge) ha portato alcune immediate conseguenze. Da un lato ci si interroga sulle implicazioni oggi esistenti tra autonomia e subordinazione (vedi anche il mio Editoriale di marzo 2020 “Lavoro autonomo con le tutele del subordinato: cosa comporterà per le aziende), dall’altro si è alimentato lo sviluppo di una contrattazione collettiva di settore del tutto atipica. Contrattazione collettiva coraggiosa, va detto, che potrebbe prospettarsi tuttavia di poco respiro, stando all’interpretazione che ne ha da poco fornito il Ministero del lavoro (circ. n. 17/2020).

La legge da questo punto di vista distingue tra la posizione di coloro che svolgono l’attività sulla base di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa (art. 2, c. 1, D.Lgs. n. 81/2015) che la Cassazione, pur lasciandoli nell’alveo del lavoro parasubordinato riconduce come sappiamo nella nota vicenda Foodora (Cass. n. 1663/2020) alla tutela del lavoro subordinato quando vengano accertati nell’attività del collaboratore i requisiti della etero-organizzazione per effetto della prevalenza nell’esecuzione della prestazione – personale e continuativa – di modalità di esecuzione mediante organizzazione da parte del committente, dalla differente posizione di quei lavoratori autonomi i quali – in modo specifico - svolgono invece attività di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l'ausilio di velocipedi o veicoli a motore attraverso piattaforme anche digitali, per i quali si è voluto introdurre dei livelli minimi di tutela (art. 47bis, D.Lgs. n. 81/2015).

A tali fattispecie se ne aggiunge una terza ossia quella di quei riders la cui prestazione venga riconosciuta in sede giudiziaria tout court come di lavoro subordinato, come accaduto con la dirompente sentenza del Tribunale di Palermo dello scorso 20 novembre in cui proprio per effetto del riconoscimento della natura subordinata del rapporto di lavoro si è provveduto alla riqualificazione del rapporto autonomo in lavoro subordinato con conseguente reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro. L’impatto di questa decisione in un settore economico così giovane sarà a questo punto tutto da verificare.

Ma stando propriamente ai termini della legge, la primaria distinzione va fatta tra rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e rapporti di lavoro autonomo. Nel primo caso ci troviamo nell’ambito della parasubordinazione e rileva, come dice la legge, tra le altre l’eventualità che la prestazione venga organizzata mediante piattaforme anche digitali. Nel secondo caso ci troviamo per legge nell’ambito di un rapporto di lavoro autonomo tipico dell’attività di consegna di beni in ambito urbano per il quale la legge introduce e identifica dei livelli minimi di tutela. Tra i livelli minimi di tutela identificati dalla legge - anche ad opera del rinvio ad un successivo CCNL di settore - vi è la determinazione di un compenso minimo che tenga conto delle modalità di svolgimento della prestazione e dell'organizzazione del committente oltre alla previsione di una indennità integrativa non inferiore al 10 per cento per il lavoro svolto di notte, durante le festività o in condizioni meteorologiche sfavorevoli. La determinazione del compenso minimo è rimessa dalla legge alle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale. In mancanza, tali lavoratori non possono essere retribuiti in base alle consegne effettuate e ad essi deve essere garantito un compenso minimo orario parametrato ai minimi tabellari stabiliti da contratti collettivi nazionali di settori affini o equivalenti sottoscritti dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale.

Ed è proprio su questo punto che si concentra la recente circolare (n. 17 del 2020) del Ministero del Lavoro laddove ritiene che il contratto sottoscritto il 16 agosto scorso da Assodelivery/UGL non presenti i requisiti per derogare (quanto alla previsione ad esempio delle tutele identificate, tra cui una specie di cottimo misto) alla disciplina di legge applicabile, in quanto - tra le altre criticità - sottoscritto da una sola sigla sindacale non dotata – ad avviso del Ministero - dei requisiti di rappresentatività comparata previsti dalla legge e dalla giurisprudenza di settore, benché tuttavia in possesso dei criteri di rappresentatività a livello nazionale previsti dalla legge per la validità in via generale dei contratti collettivi richiamati nel medesimo Codice dei contratti (art. 52, D.Lgs. n. 81/2015).

Ma allora, nell’attuale situazione quali potrebbero essere le conseguenze dell’applicazione di questo CCNL? Forse un maggiore rischio di riqualificazione del rapporto di lavoro come subordinato in caso di accertamento della non corrispondenza tra lo schema negoziale adottato (che ricordiamolo è di lavoro autonomo) e la gestione del rapporto di lavoro pur con i parametri minimi identificati dal contratto collettivo ma con profili derogatori rispetto alla disciplina di legge?

In realtà non è solo questo il problema, anche considerando quanto è stato scritto nell’ultimo periodo dai commentatori del settore cui ha fatto seguito anche la posizione del Ministero del Lavoro, ma la circostanza che siamo pur sempre davanti ad un rapporto di lavoro autonomo ben diverso da quello tipico del rapporto di lavoro subordinato bisognoso forse, al di là delle polemiche indotte dalla firma del CCNL richiamato, di una più precisa regolamentazione.

Ma qui il vero è tema è quale schema di subordinazione e, quindi, di contrattazione collettiva, applicare per il futuro? E con quali parametri economici – normativi?

La questione, a nostro avviso, è tutta qui.

Il CCNL della logistica - come suggerito dalle principali sigle sindacali che hanno rifiutato il contratto Assodelvery/UGL - al di là dei costi diretti, ha delle logiche proprie che mal si adattano al lavoro attraverso piattaforma, settore questo che deve poter operare secondo criteri di sostenibilità che sono propri di questo modello di business. Il passaggio “automatico” ad una paga oraria fissa importata tout court da qualunque altro settore di riferimento (Logistica, Terziario, Alimentare etc.) non pare economicamente sostenibile senza la previsione anche di meccanismi di tipo variabile legati, ad esempio, alla produttività (id est, numero di consegne) oraria, giornaliera o settimanale (che come noto sono legittimamente identificabili tra le parti perché fuori dalla previsione dei principi di cui all’art. 36 Cost.).

E qui si torna proprio – guarda caso - al meccanismo di produttività identificato nel CCNL siglato da Assodelivery, stabilito in un compenso minimo ed in uno di tipo incentivante e premiale (legato al raggiungimento di un certo numero di consegne effettuate) che, in questo settore, ha lo scopo di dare concretezza alla gestione del rapporto di lavoro senza intaccare il modello tipico di business.

Credo che il vero punto della questione, quello che una contrattazione di settore dovrebbe in primo luogo affrontare, è prima di tutto la reale sostenibilità del modello tradizionale della subordinazione con le attività di consegna attraverso piattaforma.

Una volta stabilite le caratteristiche peculiari del settore – come fatto ad esempio dal CCNL terziario per il settore dei call center – l’operazione di stabilire i livelli minimi di tutela dovrebbe tenere conto di alcune fondamentali variabili:

· l’attività si fonda sulla volontarietà della risposta alla chiamata (a meno di non voler snaturare la struttura stessa di questo tipo di prestazione, trasformandola in obbligatoria, scaricando così sulle aziende poi il controllo sul mancato rendimento atteso del rider e l’applicazione di eventuali strumenti sanzionatori e disciplinari

· le peculiarità del sistema di classificazione del personale del tutto particolare in quanto pressocché “orizzontale”, considerato che si dovrebbe tenere conto nella classificazione non tanto della differenziazione di mansioni (che non c’è) quanto, piuttosto, dei diversi livelli di esperienza del personale coinvolto e pertanto del rendimento atteso su base oraria, giornaliera settimanale etc, così come dell’incidenza dell’orario di lavoro sulle indennità specifiche per lavoro notturno, festivo o in condizioni di maltempo;

· l’identificazione di un sistema premiale e di assicurazioni integrative.

Tutte questioni delicate a cui, si auspica, una contrattazione di settore e lo sforzo congiunto delle parti sociali dovrebbero saper dare risposte adeguate per il futuro, evitando la diffusione a macchia di leopardo di orientamenti diversi frutto dei conflitti in sede giudiziaria che si stanno diffondendo in giro per la penisola.

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/amministrazione-del-personale/quotidiano/2020/12/05/corsa-riders-autonomia-subordinazione-serve-contratto-settore

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