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Riscatto della laurea pagato dall’azienda: uno strumento vantaggioso per incentivare all’esodo

La legge di Bilancio 2021 ha posticipato (per il momento) fino al 31 marzo il blocco dei licenziamenti. Nell’attuale fase di difficoltà economica le aziende possono stipulare accordi collettivi aziendali di incentivazione all’esodo. All’interno di questi accordi, sulla base della volontà del dipendente, può essere disposto, come parte integrante dell’incentivo all’esodo, il pagamento del riscatto della laurea da parte dell’azienda. Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate ha riconosciuto la piena deducibilità, ai fini IRES, dell’onere del riscatto integrato in un pacchetto di risoluzione consensuale, come componente negativo del reddito di impresa. Questo beneficio risulta ancor più vantaggioso poi in caso di utilizzo dei Fondi di solidarietà bilaterali.

In una fase in cui vige il blocco dei licenziamenti fino al 31 marzo 2021 (il prolungamento fino a tale data è stato previsto dai commi 309-311 dell’art. 1 dalla legge di Bilancio 2021), le aziende che non cessino la loro attività e che non dichiarino fallimento, hanno la sola facoltà, di stipulare accordi collettivi aziendali di incentivazione all’esodo con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.

Come ribadito dal recente messaggio INPS n. 528/2021 l’azienda oltre a dover versare il ticket di licenziamento ai sensi della L. 92/2012, dovrà esporre in Uniemens il codice tipo cessazione 2A al fine di dichiarare l’interruzione del rapporto di lavoro a seguito di accordo collettivo aziendale.

All’interno di un accordo collettivo e solo sulla base della volontà del dipendente stesso espressa in fase di accordo individuale, potrebbe anche essere disposto, come parte integrante dell’incentivo all’esodo, il pagamento del riscatto della laurea al fine di aumentare la contribuzione utile al diritto pensionistico.

Va premesso che tale incentivo andrebbe previsto, anche nella cornice di un accordo collettivo di II livello, in base a una discrezionalità di scelta, in quanto l’utilità del riscatto varia di caso in caso. A titolo esemplificativo ma non esaustivo, il riscatto agevolato di periodi ante 1996 comporterebbe il ricalcolo dell’assegno pensionistico con il metodo contributivo al posto del metodo misto, che nella maggior parte dei casi implica il decremento del futuro assegno di pensione, come spesso sperimentato già per la cd. Opzione Donna

L’onere relativo all’esercizio del riscatto del periodo legale di studi universitari, sia calcolato in forma ordinaria (calcolo con riserva matematica o con il metodo a percentuale) che in forma agevolata (ex art. 20, c. 6, del D.L. n. 4/2019 che comporta un calcolo forfettario sul reddito minimo annuo della Gestione Artigiani e Commercianti) è sempre deducibile ex art. 10, comma 1, lett. e del DPR n. 917/1986 dal reddito a tassazione ordinaria dell’interessato; l’intera deducibilità, infatti, si applica sia ai contributi previdenziali obbligatori che a quelli facoltativi (ad esempio: riscatto della laurea, ricongiunzione di periodi assicurativi o prosecuzione volontaria dei versamenti).

Tale orientamento è stato confermato dalla risposta a interpello n. 482/2020 dell’Agenzia delle Entrate, che ha ribadito all’istante la piena deducibilità di qualsiasi versamento facoltativo all’ente di previdenza.

L’Agenzia delle Entrate, nella successiva risposta n. 490/2020 a un interpello, ha altresì fornito specifiche indicazioni sul pagamento del riscatto del corso di studi universitari da parte dell’azienda che ha disposto una procedura di esodo volontario con la possibilità di inserire nel pacchetto di uscita il pagamento dell’onere di riscatto. L’istante ha avviato un piano di esodo dei lavoratori su base volontaria all’interno del quale è prevista anche la possibilità di corrispondere una somma del valore massimo di 12 mensilità da intendersi come pagamento del riscatto agevolato della laurea.

Il pagamento dell’onere, nella fattispecie descritta dall’interpello, è effettuato direttamente dal datore di lavoro, a seguito di un accordo specifico con l’INPS, a favore delle posizioni contributive di ogni singolo lavoratore e presumibilmente avverrà successivamente all’uscita del lavoratore. L’Agenzia delle Entrate, non concordando con l’istante, ha sottolineato che l’onere del riscatto versato non può essere considerato deducibile dal reddito, in quanto la somma è riconosciuta come parte di un pacchetto di incentivo all’esodo e che rientra nella fattispecie disposta dall’art. 17, comma 1, del TUIR e quindi, confermando la natura della somma, dispone che, nel conguaglio finale di cessazione, tale deve essere considerata a tassazione separata con la conseguente applicazione dell’aliquota del trattamento di fine rapporto. Di conseguenza, l’applicazione della tassazione separata comporta l’inapplicabilità di quanto stabilito dalla lett. h, comma 2, art. 51 del TUIR.

Sebbene formalmente il pagamento diretto dell’onere da parte del datore di lavoro possa rappresentare una forma di benefit nei confronti del lavoratore (considerando che l’apertura della pratica nonché il pagamento è interamente a carico del datore di lavoro), tale assunto dell’Agenzia delle Entrate comporterebbe un nocumento sul lavoratore che non può portare in deduzione una somma, che, al netto della tassazione separata, qualora fosse versata direttamente da lui, senza l’intermediazione del datore di lavoro, sarebbe pienamente deducibile dal reddito fiscalmente imponibile a tassazione ordinaria.

D’altro canto, l’Agenzia delle Entrate non riconoscendo la deducibilità dal reddito del richiedente, concorda con l’istante circa la piena deducibilità dell’onere del riscatto integrato in un pacchetto di risoluzione consensuale, ai fini IRES come componente negativo del reddito di impresa ai sensi dell’art. 95 del TUIR, in quanto la somma versata si configura pienamente come componente di costo del personale, avendo una diretta connessione con il rapporto di lavoro.

Va a margine ricordato come l’art. 22, comma 3, del decreto di riforma del welfare del 2019 (D.L. 4/2019) abbia stabilito che le aziende dotate dei Fondi di solidarietà bilaterali (credito, assicurazioni, poste italiane, ferrovie dello stato e, da poco, anche il comparto chimico farmaceutico con il fondo TRIS) possono provvedere, a loro carico e previo il versamento agli stessi fondi della relativa provvista finanziaria, oltre al pagamento di un assegno straordinario e al versamento della contribuzione correlata a periodi utili per il conseguimento di qualunque diritto alla pensione anticipata o di vecchiaia, al riscatto del corso di studi a loro carico. Tale nuova norma consente ai datori di lavoro, per il tramite del fondo, solo quando viene attivato un accordo di accesso all’assegno straordinario, di sostenere direttamente il costo del riscatto di laurea, sia in forma ordinaria sia in forma agevolata che potrà essere richiesto non solo per avvicinare il lavoratore alla pensione tramite assegno straordinario, ma anche per fargli immediatamente maturare i requisiti contributivi senza alcuna percezione dell’assegno straordinario del fondo.

Tale facoltà consente sicuramente di contenere i costi che di norma sono sostenuti dal datore di lavoro per “lordizzare” in sede di incentivazione all’esodo le somme del riscatto, in quanto in questo particolare contesto rappresentato dai fondi di solidarietà sono sostenute direttamente dal datore di lavoro a vantaggio del dipendente.

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/contrattazione-collettiva/quotidiano/2021/02/17/riscatto-laurea-pagato-azienda-strumento-vantaggioso-incentivare-esodo

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