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BREXIT: Gli effetti Iva e dogane degli accordi tra l'Unione Europea e il Regno Unito

Premessa

A decorrere dal 1° febbraio 2020 il Regno Unito è uscito dall’Unione Europea ed è divenuto un “paese terzo”.

L’uscita dall’UE è stata accompagnata dalla sottoscrizione di due specifici accordi, ovvero:

1) un accordo di recesso – approvato con Decisione (UE) 2020/135 del 30 gennaio 2020 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, serie L, del 31 gennaio 2020 – che prevedeva un periodo di transizione, terminato il 31 dicembre 2020;

2) un accordo sugli scambi commerciali e di cooperazione, con cui sono stati regolamentati gli scambi dei beni, gli investimenti, la prestazione di servizi e la mobilità delle persone; l’accordo (applicabile, in via provvisoria dal 1° gennaio 2021 fino al 28 febbraio 2021) è stato approvato con la Decisione del Consiglio UE n. 2020/2252 del 29 dicembre 2020 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, L 444, del 31 dicembre 2020.

Per effetto di queste novità, a partire dal 1° gennaio 2021:

  • il Regno Unito ha acquisito lo status di Stato extracomunitario e, come tale, non fa più parte del territorio doganale e fiscale dell’Unione Europea;
  • gli scambi commerciali con il Regno Unito sono generalmente soggetti alle regole ed alle formalità doganali previste per i Paesi extraeuropei.

Regime IVA

Conseguenze per gli operatori nazionali

A partire dal 1° gennaio 2021, i rapporti commerciali con il Regno Unito non sono più soggetti alla Direttiva 2006/11/CE del Consiglio del 27 novembre 2006 (c.d. “Direttiva IVA”).

Da ciò deriva che, per i soggetti IVA stabiliti in Italia:

- le cessioni di beni a favore di soggetti economici stabiliti nel Regno Unito non sono più classificabili tra le “cessioni intracomunitarie” (ex articolo 41, comma 1, lettera a), del D.L. n.331/1993) ma costituiscono “cessioni all’esportazione” (in un Paese extra comunitario), non imponibili ai fini IVA (ex articolo 8, comma 1, lettere a-b, del DPR n.633/1972);

- gli acquisti di beni da soggetti economici stabiliti nel Regno Unito non sono più classificabili tra gli “acquisti intracomunitari” (ex articolo 38 del D.L. n.331/1993), ma tra le “importazioni” soggette ad IVA (ex articolo 67 del DPR n.633/1972); ciò implica il pagamento in dogana dell’IVA all’importazione o, in alternativa, il consumo di plafond se il soggetto è esportatore abituale;

- le prestazioni di servizi generiche, rese e ricevute tra operatori comunitari e operatori britannici, non rientrano nella disciplina IVA intracomunitaria e gli operatori identificati ai fini IVA in Italia applicano le regole di territorialità delle prestazioni stabilite dall’articolo 7-ter e seguenti del DPR n.633/1972.

Applicando le regole stabilite dall’articolo 7-ter, le prestazioni di servizi generici, si considerano effettuate in Italia quando il committente è un soggetto passivo stabilito in Italia oppure quando sono rese a committenti non soggetti passivi, da soggetti stabiliti in Italia. L’IVA viene assolta dal committente soggetto passivo o identificato in Italia, sulle prestazioni, territorialmente ivi rilevanti, con differenti modalità:

a. effettuate nei confronti di soggetti economici stabiliti nel Regno Unito (B2B): possono continuare ad essere fatturate “fuori campo iva” per carenza del requisito territoriale ai sensi dell’articolo 7-ter, comma 1, lettera a), del DPR n.633/1972;

b. effettuate nei confronti di soggetti privati del Regno Unito (B2C): possono continuare ad essere fatturate con IVA italiana, ai sensi dell’articolo 7-ter, comma 1, lettera b), del DPR n.633/1972;

c. ricevute da soggetti economici stabiliti nel Regno Unito (B2B): devono essere autofatturate ai sensi dell’articolo 17 del DPR n.633/1972;

L’identificazione diretta

I soggetti passivi stabiliti nel Regno Unito possono continuare ad avvalersi dell’istituto dell’identificazione diretta, di cui all’art. 35-ter del DPR n.633/1972, al fine di assolvere gli obblighi ed esercitare i diritti in materia di IVA in Italia, in alternativa alla nomina di un rappresentante fiscale, ex art. 17, comma 3 del DPR n.633/1972.

La conferma è arrivata dall’Agenzia delle entrate con la risoluzione n.7/2021; l’Agenzia rileva che il Protocollo oggetto dell’Accordo tra Regno Unito e UE si può considerare sostanzialmente analogo agli strumenti di cooperazione amministrativa già vigenti nell’Unione stessa.

Conseguente operative

A partire dal 1° gennaio 2021, le operazioni concluse con operatori economici del Regno Unito:

  • non richiedono più la verifica dell’iscrizione al Registro Vies della controparte (così come, viceversa, era richiesto in precedenza per poter classificare l’operazione tra quelle “intracomunitarie”);
  • non devono più essere indicate negli elenchi riepilogativi Intrastat (ex art. 50, comma 5, del D.L. n.331/1993) in quanto per esse viene emessa una bolla doganale;
  • devono essere ricomprese nella comunicazione dei dati prevista dall’articolo 1, comma 3-bis, del D.lgs. 5 agosto 2015, n.127 (c.d. “esterometro”), ad esclusione di quelle per le quali sia stata emessa bolla doganale o che sono certificate mediante fattura elettronica.

Operazioni a cavallo d’anno

Molti operatori potrebbero essersi trovati nella situazione di dover gestire delle operazioni in cui le merci sono state inviate in UK negli ultimi giorni del 2020 e che sono arrivate alla frontiera dopo 1°gennaio 2021. Per sciogliere i dubbi degli operatori e risolvere i problemi che potevano sorgere in dogana è intervenuto l’accordo di recesso e le linee di orientamento dell’Unione Europea (ultima versione dicembre 2020) che disciplinano proprio le operazioni a cavallo d’anno.

Il combinato disposto degli articoli 41, 47, 51 e 52 dell’accordo di recesso prevede espressamente che le cessioni di beni spediti o trasportati dal territorio del Regno Unito al territorio di uno Stato membro e viceversa prima del 31 dicembre 2020 con arrivo dopo il 1° gennaio 2021 rimangono sottoposti alle regole doganali, Iva e accise esistenti prima della fine dell’anno.

Ad esempio, se un soggetto IT ha inviato i beni in UK il 28 dicembre 2020 e le merci sono arrivate a destinazione il 03 gennaio 2021 le transazioni sono ancora regolate dalla direttiva Iva e quindi sono ancora operazioni intracomunitarie.

Altri casi da considerare riguardano le merci che nel 2020 sono state trasferite in UK, rimanendo di proprietà dello speditore nazionale per essere utilizzate nel 2021 o, viceversa, merci UK che sono già in Italia dal 2020.

Tre sono le ipotesi da considerare:

1) il conto deposito;

2) il conto lavoro;

3) il consignment stock.

Nella prima ipotesi, l’operatore IT ha trasferito i beni prima del 1° gennaio 2021 in conto deposito in UK per venderli successivamente in quel mercato. L’operatore, in base alle regole vigenti nel 2020, dovrebbe aver assoggettato i beni agli adempimenti tipici delle cessioni intracomunitarie; in effetti, l’articolo 41, comma 2, lett. c) del D.L. n.331/1993 stabilisce che il suddetto trasferimento è assimilato a una cessione intracomunitaria.

L’operatore per trasferire a sé stesso i beni ha dovuto identificarsi ai fini Iva UK ovvero ha dovuto ivi nominare un rappresentante fiscale. Pertanto, al momento della cessione interna in UK, dopo il 1°gennaio 2021, dovrà emettere, tramite la propria posizione UK, una fattura con Iva inglese.

Nella seconda ipotesi, potremmo avere due differenti situazioni. L’operatore IT ha mandato i beni dal trasformatore, ma i beni sono destinati, al termine della lavorazione, a rientrare in Italia. In questo caso, l’operatore non ha fatto alcun adempimento Iva, se non l’indicazione dell’operazione ai fini statistici sull’Intrastat.

Se invece i beni inviati al trasformatore erano destinati, al termine della lavorazione, a essere venduti in UK ovvero essere trasferiti in altri Stati membri, l’operatore IT li ha trasferiti a se stesso in UK con una cessione intracomunitaria assimilata.

In entrambi i casi la soluzione possibile dopo il 1° gennaio 2021 è la seguente:

  • se i beni sono destinati a essere venduti in UK, la cessione dovrà essere effettuata con Iva inglese con la posizione fiscale UK;
  • se i beni sono destinati a rientrare in Italia ovvero sono destinati ad altro Stato membro le merci dovranno essere assoggettate agli adempimenti doganali, con potenziali aggravi alla reimportazione.

Ultima ipotesi da considerare è il caso in cui, sulla base di un contratto di consignment stock, l’operatore IT abbia, in forza dell’articolo 17-bis della direttiva Iva, trasferito i beni presso il proprio cliente.

I beni vengono venduti, però, solo al momento del prelievo da parte del cliente. In questo caso si provvederà, prendendo una posizione Iva in UK, ad assoggettare l’operazione a Iva inglese al momento della successiva rivendita.

Per le operazioni effettuate con operatori economici UK a cavallo del 2021 diventa problematica la presentazione degli elenchi Intrastat per la non ultrattività dal 1° gennaio 2021 del codice “GB”. Con il protocollo numero 46832/RU, l’agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha modificato la tabella A dell’allegato XI della precedente determinazione (protocollo numero 13799/RU), incidendo di fatto sulle istruzioni per la compilazione degli elenchi riepilogativi e cercando di accogliere le novità derivanti dalla Brexit. A tal fine è stato previsto che:

  • il codice paese “GB” può essere ancora utilizzato al fine di individuare i soggetti Vies per le transazioni commerciali con periodi di riferimento antecedenti il 2021;
  • il codice paese “XI” può essere utilizzato per individuare i soggetti Vies per le cessioni e gli acquisti di beni con periodi di riferimento decorrenti dal 2021 (con esclusione dalle rilevazioni Intrastat dei servizi ricevuti/prestati da soggetti residenti in Irlanda del Nord).

Nuove formalità doganali

A partire dal 1° gennaio 2021, negli scambi commerciali con il Regno Unito sono generalmente applicabili le regole e le formalità doganali in vigore con i Paesi terzi. In particolare, per poter operare con il Regno Unito, è necessario richiedere il Codice EORI (economic operator registration and identification).

Il Codice EORI GB viene attribuito a ciascun operatore economico Iva che importa o esporta al di fuori dell’Unione europea e può essere richiesto via web al seguente indirizzo: https://www.gov.uk/eori.

L’Accordo commerciale sottoscritto tra l’Unione Europea ed il Regno Unito prevede la possibilità di trasferire senza dazi doganali le merci che sono considerate di origine preferenziale del Regno Unito o dell’Unione Europea.

A tal fine, la merce, oltre che essere spedita direttamente nel Regno Unito, deve poter essere considerata di origine UE (sono tali i beni ottenuti o sufficientemente lavorati nell’Unione Europea).

Gli specifici requisiti da soddisfare per poter classificare la merce tra quelle di origine UE possono essere consultati al seguente link: https://trade.ec.europa.eu/access-to-markets/it/content/guida-rapida-al-lavoro-con-le-norme-di-origine.

La prova dell’origine preferenziale delle merci esportate può essere fornita, alternativamente:

 dall’esportatore: con una dichiarazione esplicita (la dichiarazione dell’origine, da rilasciare nella forma di “autocertificazione”, può essere resa direttamente sulla fattura o su un qualunque altro documento commerciale che accompagna la merce);

 dall’importatore: con una dichiarazione di conoscenza (in questo caso l’importatore deve essere in possesso della documentazione che, a vario titolo, è in grado di dimostrare l’effettiva origine unionale delle merci).

Esportazioni

Il primo adempimento che le imprese devono effettuare è la presentazione di una “dichiarazione doganale”. Le merci unionali che devono lasciare il territorio UE, per diventare extra UE, devono infatti essere vincolate al regime doganale dell’esportazione, da formalizzare su formulario DAU (“Documento Amministrativo Unico”).

I beni in uscita, saranno dichiarati per qualità, per quantità, per origine e per valore, secondo le regole proprie del diritto doganale dell’UE. Tali dichiarazioni sono soggette al controllo da parte della dogana di esportazione e/o della dogana in uscita.

Il deal concluso a fine dicembre con un free trade agreement ha concesso agli operatori il beneficio commerciale ed economico del dazio zero, al quale si contrappone l’obbligo per il fornitore di monitorare i flussi di origine preferenziale. È noto, infatti, che non tutte le merci esportate verso UK saranno esentate dai dazi doganali, ma solo quelle di origine preferenziale unionale.

Tale origine, come ribadito dalla circolare n.49/2020 dell’Agenzia delle Dogane, deve essere correttamente tracciata e certificata dagli esportatori UE, senza sanzioni di rilievo penale e deve essere conosciuta dagli importatori.

In tal senso si segnala che:

  • per la certificazione dell’origine delle merci è necessaria l’iscrizione al sistema degli esportatori registrati (c.d. sistema “REX” – Sistema degli Esportatori Registrati) così come previsto dalla circolare n.4/2021 dell’Agenzia delle Dogane. Nell’ottica del processo di adeguamento dei sistemi informativi ai principi del Codice Doganale dell’Unione (CDU), i Servizi Tecnici della Commissione Europea hanno sviluppato il Portale dell’Operatore per il REX, disponibile dal 25 gennaio 2021 e avente lo scopo di consentire la presentazione delle richieste di registrazione alla banca dati REX;
  • l’ufficio doganale competente è generalmente costituito da quello del luogo in cui è stabilito l’esportatore;
  • dopo essere state svincolate dall’ufficio di esportazione, le merci devono essere presentate, unitamente al DAE (“documento di accompagnamento di esportazione”), all’ufficio di uscita dichiarato che:

- le tiene sotto vigilanza fino al momento di uscita dal territorio doganale;

- al momento dell’uscita: invia all’ufficio di esportazione il messaggio telematico “risultato di uscita” (il messaggio con esito “uscita conclusa” inviato dall’ufficio di esportazione al dichiarante/esportatore costituisce la certificazione dell’uscita delle merci dall’Unione, valida anche ai fini fiscali).

Importazioni

Le merci introdotte dal Regno Unito nel territorio doganale dell’Unione europea dopo la fine del periodo di transizione, dovranno essere oggetto di una dichiarazione sommaria di entrata (dichiarazione ENS), ove necessario, da presentare entro i termini stabiliti dal CDU (l’articolo 105 del CDU è stato modificato per far sì che l’ENS relativo a merci trasportate via mare da tutti i porti del Regno Unito sia presentato al più tardi 2 ore prima dell’arrivo nell’Unione).

In conformità all’art. 48, paragrafo 1, dell’accordo di recesso, una ENS presentata presso l’ufficio doganale di prima entrata nel Regno Unito, prima della fine del periodo di transizione, per merci in arrivo solo dopo la fine di detto periodo, rimane valida per i porti o gli aeroporti successivi nell’Unione.

Tuttavia, il Regno Unito ha informato di non essere in grado di mantenere l’attuale sistema di controllo delle importazioni oltre il 31 dicembre 2020. In tal modo, altri Stati membri non potranno recuperare informazioni sulle ENS presentate nel Regno Unito prima della fine del periodo di transizione.

Dopo la fine del periodo di transizione, al fine di garantire l’effettuazione di un’appropriata analisi dei rischi, alcuni Stati membri richiederanno la presentazione di una nuova dichiarazione ENS presso l’ufficio doganale del primo punto di entrata nell’Unione.

Per contro, altri Stati membri, potrebbero procedere trattando le merci per le successive formalità doganali senza richiedere una uova dichiarazione ENS e svolgere la necessaria analisi dei rischi in materia di sicurezza sulla base della dichiarazione di custodia temporanea o sulla dichiarazione doganale per il regime doganale successivo.

In base agli accordi UK/UE, i beni provenienti dall’UK sono immessi in libera pratica in UE a dazi agevolati (art. 49, paragrafo 1, dell’accordo di recesso).

Si resta a disposizione per chiarimenti e approfondimenti

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