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Tempi ridotti per l’autotutela delle P.A.: i vantaggi per le imprese

Con il D.L. n. 77/2021 le imprese hanno finalmente un po’ più di certezze nei rapporti con le pubbliche amministrazioni. Infatti, grazie alle modifiche apportate all’art. 2-nonies della legge n. 241/1990, è stato ridotto da 18 a 12 mesi il termine entro il quale le P.A. possono procedere all’annullamento d’ufficio dei provvedimenti amministrativi di autorizzazione o attribuzione di vantaggi economici. L’obiettivo è arginare situazioni spesso ricorrenti nel nostro Paese in cui la P.A., avvalendosi dello strumento dell’autotutela, può modificare le proprie decisioni, mettendo così in difficoltà le imprese, che invece, necessitano di stabilità regolamentare per il loro business, per tutelare gli investimenti e i piani economici di breve e lungo periodo.

Diritto di ripensamento della P.A. entro un anno (non più 18 mesi). Le imprese hanno un po’ più di certezza giuridica e sono un po’ più al riparo da interventi postumi degli enti pubblici. Novità Decorsi 12 mesi, la pubblica amministrazione non potrà più annullare d’ufficio i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici. È questo l’effetto della modifica all’art. 2-nonies della Legge n. 241/1990 dovuta al D.L. n. 77/2021, convertito dalla Legge n. 108/2021. Finalità della modifica normativa La ratio della novella è arginare una situazione magmatica, in cui la pubblica amministrazione si avvale dello strumento della cosiddetta “autotutela” e, cambiando le carte in tavola, mette in difficoltà le imprese, che contando sulla stabilità di una posizione sorta sulla base di un precedente provvedimento amministrativo, abbiano fatto investimenti e piani economici. L’argine diventa più alto grazie alla riduzione di sei mesi del termine entro il quale la pubblica amministrazione può tagliare fondi e azzerare le autorizzazioni. Ma vediamo il dettaglio dell’intervento, partendo dalla illustrazione del tenore dell’art. 2-nonies della legge generale sul procedimento amministrativo (la citata Legge n. 241/1990). Provvedimenti amministrativi illegittimi e annullamento d’ufficio da parte della P.A. L’art. 21-nonies disciplina l’annullamento d'ufficio, che concerne i provvedimenti amministrativi illegittimi. Il provvedimento può essere illegittimo per motivi sostanziali o motivi formali. Va subito detto a chiare lettere che, nel migliore dei mondi possibili, l’amministrazione non adotta mai un atto illegittimo. Se una P.A. adotta un atto illegittimo, c’è una patologia del sistema, perché un ufficio pubblico non è stato in grado di adottare un atto legittimo. La patologia può avere diverse ragioni. Una può essere l’inettitudine di tutti i funzionari e dirigenti che hanno avuto la pratica sulle loro scrivanie; un’altra ragione può essere la corruzione della pubblica funzione piegata a intenti criminali; un’altra ancora può essere lo stato caotico della legislazione, nel quale anche chi è tenuto istituzionalmente ad applicare le norme finisce per essere avviluppato e stordito da disposizione incomprensibili, contraddittorie e ineffettive. L’atto illegittimo, andando al nocciolo, è una imposta supplementare occulta e perciò odiosa. In ogni caso il destino del provvedimento illegittimo dovrebbe essere sempre e solo uno: annullamento in tempi rapidissimi. Incertezza giuridica per le imprese La realtà ha messo di fronte e, purtroppo, ha abituato le imprese a convivere con atti illegittimi non annullati, con una permanenza di uno stato di precarietà intollerabile. In questo quadro si collocano le norme come l’art. 2-nonies della Legge n. 241/1990. Norme di questo tipo trasformano l’illegittimità in legittimità e così il problema della P.A. inefficiente si risolve. Si alza l’asticella della legittimità che copre l’illegittimità, cosicchè l’illegittimità viene sanata dalla PA che non è capace di rimediare ai suoi errori iniziali. Dunque, abbiamo una P.A. che non adotta atti legittimi e che non è capace di annullare in tempi ragionevoli le proprie illegittimità. Qual è il rimedio? Consolidare l’illegittimità, una volta trascorso un certo tempo. Questo il terreno in cui le imprese devono lavorare e cercare, nonostante tutto, di progettare, competere, fare profitti, assumere personale e far crescere l’occupazione. In questo terreno un obiettivo difensivo è tutelare l’azienda dall’inefficienza amministrativa e, quindi, pur nella paradossalità della situazione, gli istituti che consolidano gli atti amministrativi illegittimi svolgono un ruolo di regolamentazione. Posto, infatti, che le imprese vogliono agire nella legittimità, e che d’altra parte, però, lo stato della legislazione è tale da non consentire questo risultato al 100%, sono da considerare favorevolmente gli strumenti che permettono margini aggiuntivi di pseudo tranquillità nel mare di immanente incertezza. Tra questi il divieto di annullare atti illegittimi. Non ci si stupisca, si tratta, proprio, del divieto di rimediare a violazioni di legge. La violazione di legge c’è stata e tale deve rimanere. L’art. 2-nonies della Legge n. 241/1990 impone la persistenza della illegittimità quando è decorso un tempo ragionevole, anche se vi siano ragioni di interesse pubblico, tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati. Detto altrimenti, il provvedimento amministrativo illegittimo può essere annullato d'ufficio solo se: a) l’atto è illegittimo per violazione di legge, eccesso di potere e incompetenza; b) c’è interesse pubblico concreto e attuale alla sua rimozione, diverso dal mero ripristino della legalità; c) non ci sono posizioni consolidate in capo ai destinatari. L’annullamento è provvedimento (non vincolato, ma) discrezionale, chiamato a bilanciare l’interesse pubblico alla rimozione del provvedimento invalido con gli altri interessi dei soggetti coinvolti; d) siamo ancora in un termine ragionevole dal momento dell'adozione dei provvedimenti. Se manca anche uno solo di questi presupposti scatta il divieto di annullamento e l’illegittimità diventa d’un tratto legittimità. Riduzione dei termini per l’autotutela della P.A. Il D.L. n. 77/2021 interviene sulla definizione di tempo ragionevole, che viene fissato in dodici mesi. Questo significa che dodici mesi più un giorno è troppo e la P.A. non può più tornare sui propri passi e annullare in autotutela il provvedimento illegittimo. Come spiegano i lavori parlamentari, l’art. 63 del D.L. n. 77/2021 riduce da diciotto a dodici mesi il termine entro il quale le pubbliche amministrazioni possono procedere all’annullamento d’ufficio dei provvedimenti amministrativi di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici. L’osservanza del “termine ragionevole”, decorso il quale l’Amministrazione decade dal potere, garantisce la certezza del diritto e la tutela dell’affidamento legittimo di coloro ai quali il provvedimento di primo grado da eliminare abbia recato vantaggio. Il termine originario di 18 mesi, dunque, è stato accorciato a 12. Attenzione, infine, a non scambiare l’istituto come un condono indiscriminato: i provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall'Amministrazione anche dopo la scadenza del termine di dodici mesi, fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali nonché delle sanzioni previste dal Testi Unico della documentazione amministrativa (D.P.R. n. 445/2000). A questo ultimo riguardo si deve sottolineare che vi è un intervento del D.L. n. 77/2021 che ha ridotto a 12 mesi anche in tali evenienze il termine “ragionevole”. Per completezza di argomentazione, si rammenta che rimangono ferme le responsabilità connesse all'adozione e al mancato annullamento del provvedimento illegittimo. Il divieto di annullamento, dunque, da un lato non condona la responsabilità professionale e disciplinare del funzionario pubblico autore dell’illegittimità e, dall’altro lato, non priva di tutela il cittadino o l’impresa danneggiata dall’illegittimità. Se c’è stata un’illegittimità, certamente, va tutelato l’affidamento del destinatario dell’atto, ma questo non può essere fatto a spese del terzo danneggiato da tale illegittimità. I terzi potranno fare causa per danni alla pubblica amministrazione e al pubblico funzionario, in quanto il divieto di annullamento in autotutela non ha effetto di sanatoria erga omnes. L’illegittimità perpetuata non è a carico del terzo leso. Così come non è uno scudo per l’inettitudine di chi ha fatto male il proprio servizio di funzionario pubblico. Va, inoltre, ricordato, sempre per completezza, che la legge, se inibisce l’annullamento, non impedisce, invece, la convalida, sempre, però, sussistendone le ragioni di interesse pubblico e sempre entro un termine ragionevole. Copyright © - Riproduzione riservata

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/impresa/rischi-dimpresa/quotidiano/2021/08/21/tempi-ridotti-autotutela-p-a-vantaggi-imprese

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