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Compensazione tra debiti contributivi e crediti fiscali: risolti i dubbi sui limiti

La legge di conversione del decreto cessione crediti pone fine ai dubbi interpretativi in merito alla compensazione dei debiti contributivi con crediti fiscali mediante il modello F24. L’intervento risolutivo del legislatore prende le mosse da alcune pronunce di merito che negli ultimi mesi hanno mandato in fibrillazione contribuenti, dottrina ed Ordini professionali. Con una norma di interpretazione autentica viene, infatti, chiarito che l’art. 17 del D.Lgs. n. 241/1997, in materia di versamenti unitari delle imposte e dei contributi, si interpreta nel senso che la compensazione prevista può avvenire anche tra debiti e crediti nei confronti di enti impositori diversi. Si ritiene, inoltre, che non possano sussistere dubbi circa l’efficacia retroattiva della disposizione.

Compensazioni dei crediti e dei debiti con F24 senza più ombre. La legge di conversione del decreto cessione crediti (D.L. n. 11/2023, convertito in legge n. 38/2023) fornisce un’interpretazione autentica dell’art. 17, comma 1, del D.Lgs. n. 241/1997. La previsione è contenuta all’art. 2-quater, introdotto in sede di conversione del D.L. n. 11/2023 recante misure urgenti sulle cessioni dei crediti, in cui si chiarisce che l’art. 17 del D.Lgs. n. 241/1997, si interpreta nel senso che la compensazione ivi prevista può avvenire, nel rispetto delle disposizioni vigenti, anche tra debiti e crediti, compresi quelli di cui all’art. 121 del D.L. n. 34/2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77/2020, nei confronti di enti impositori diversi. Compensazioni crediti-debiti: dubbi interpretativi L’intervento del legislatore ha preso le mosse da alcune pronunce di merito, invero isolate, che hanno respinto le doglianze dei contribuenti a fronte del disconoscimento dell’INPS del pagamento dei contributi previdenziali ed assistenziali mediante l’utilizzo in compensazione di crediti fiscali con versamento unitario mediante F24. La prima controversia è finita di fronte al giudice del lavoro del Tribunale di Milano che, con sentenza 19 ottobre 2021, n. 2207, ha dato torto al contribuente affermando, tra l’altro, che “In ambito contributivo non è mai stata adottata una disposizione di legge che consenta la compensazione di obbligazioni previdenziali […] che permetta una estinzione di tali debiti mediante controcrediti di natura fiscale, anche se facenti parte allo stesso soggetto”. Analoga interpretazione è stata fornita anche dal Tribunale di Brescia con ordinanza del 22 febbraio 2022, n. 1251 che ha respinto la domanda di una società di riconoscimento del diritto ad ottenere il rilascio del DURC ai sensi dell'art. 3 co. 2, lett. e) del D.M. 30 gennaio 2015 in relazione ad un ricorso cautelare nel quale risultava che l’inadempienza aperta dall’Istituto derivava dal disconoscimento della compensazione di un credito fiscale. Invero, come già rilevato, le due pronunce risultano piuttosto isolate rispetto ad un istituto introdotto oramai da oltre 25 anni nel nostro ordinamento e che non risulta abbia determinato particolari criticità interpretative in seno ai diversi enti interessati dai versamenti unitari delle imposte, dei contributi e delle altre somme ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs. n. 241/1997. Peraltro, l’interpretazione dei giudici non pare immune da critiche alla luce delle finalità del D.Lgs. n. 241/1997 in materia di versamenti unitari e compensazione. Facendo un breve excursus, va ricordato che col D.Lgs. n. 241/1997 si è data attuazione alla delega prevista dalla legge 23 dicembre 2006, n. 662. Più specificamente, l’art. 1, comma 134, ha delegato il Governo, tra l’altro, ad introdurre la possibilità di “[…] effettuazione di versamenti unitari, anche in unica soluzione, con eventuale compensazione, in relazione alle esigenze organizzative e alle caratteristiche dei soggetti passivi, delle partite attive e passive, con ripartizione del gettito tra gli enti a cura dell'ente percettore”. L’art. 17, comma 1, del D.Lgs. n. 241/1997, in attuazione di tale principio, prevede che “[i] contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, […]”. Senza entrare in profondità sui profili che regolano le limitazioni alla compensazione dei crediti (es. visto di conformità nel caso di superamento del limite di euro 5.000, plafond annuale), l’interpretazione degli enti destinatari della norma è stata pressoché pacifica nel ritenere applicabile la compensazione dei crediti di natura fiscale per il pagamento dei contributi previdenziali e viceversa (v. es. circ. Inps n. 79/1988). Tuttavia, le recenti pronunce hanno mandato in fibrillazione contribuenti, dottrina ed Ordini professionali, portando così al tempestivo e risolutivo intervento del legislatore che ha dunque anticipato il probabile intervento del giudice di legittimità. Il chiarimento del legislatore con la norma di interpretazione autentica Analizzando la norma di interpretazione autentica fornita dall’art. 2-quater, infatti, si ritiene non possano sussistere dubbi circa l’efficacia retroattiva della disposizione poiché si limita a ristabilire un’interpretazione più aderente alla originaria volontà del legislatore (Corte Cost. n. 311/2009) e comunque perché non sussiste in generale un divieto di retroattività della legge, salvo quanto previsto in materia penale dall’art. 25 Cost. A tal proposito, la Corte Costituzionale ha più volte ribadito che non è decisivo verificare se la norma censurata abbia carattere effettivamente interpretativo (e sia perciò retroattiva) ovvero sia innovativa con efficacia retroattiva. Infatti, il divieto di retroattività della legge - pur costituendo fondamentale valore di civiltà giuridica e principio generale dell'ordinamento, cui il legislatore ordinario deve in principio attenersi - non è stato elevato a dignità costituzionale, salva per la materia penale la previsione dell'art. 25 della Costituzione. Il legislatore, nel rispetto di tale previsione, può emanare sia disposizioni di interpretazione autentica, che determinano - chiarendola - la portata precettiva della norma interpretata fissandola in un contenuto plausibilmente già espresso dalla stessa, sia norme innovative con efficacia retroattiva, purché la retroattività trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non contrasti con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti (sentenze n. 274/2006 e n. 234/2007). Copyright © - Riproduzione riservata

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2023/04/13/compensazione-debiti-contributivi-crediti-fiscali-risolti-dubbi-limiti

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