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Equo compenso: prime indicazioni sulle modalità applicative

il Consiglio Nazionale Forense, con i pareri n. 18/2023 e n. 24 del 2023, ha tracciato una prima delineazione dell’ambito delle modalità applicative delle norme in materia di equo compenso, come riformate dalla legge n. 49/2023. In particolare, le indicazioni del CNF riguardano l’efficacia esecutiva del parere di congruità emesso dall'ordine o dal collegio professionale sul compenso o sugli onorari richiesti dal professionista e l’ambito applicativo della normativa sull’equo compenso. Viene, inoltre, presa in considerazione anche l’efficacia nei confronti della pubblica amministrazione. Quali sono le altre indicazioni?

Su sollecitazione di diversi Consigli dell’Ordine degli Avvocati, il Consiglio Nazionale Forense (CNF) con due pareri (n. 18/2023 e n. 24/2023) ha risposto alle questioni poste e tracciato una prima delineazione dell’ambito delle modalità applicative delle nuove norme in materia di equo compenso. Come noto la disciplina dell’equo compenso è stata di recente riformata dalla legge n. 49/2023, in applicazione concreta del principio diffuso della dignità del lavoro, che passa anche attraverso il riconoscimento di un compenso adeguato alla prestazione lavorativa resa, princìpi di indiscusso rango costituzionale, la cui tutela non può essere riferita soltanto al lavoro subordinato. I pareri resi dal CNF, nello specifico riguardano l’efficacia esecutiva dei provvedimenti di opinamento delle parcelle degli avvocati (e dei professionisti cui si applica la normativa sull’equo compenso) e l’ambito applicativo concreto di tale significativo momento di cogenza della legge stessa. L’equo compenso come principio generale Come enunciato dall’art. 1 della legge n. 49/2023, recante “disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali”, per equo compenso si intende quello proporzionato alla quantità e qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, nonché conforme ai parametri previsti attraverso appositi decreti ministeriali per le diverse categorie professionali, ordinistiche e non. La norma ribadisce princìpi di ordine generale, contenuti dalla Costituzione e già presenti nel codice civile. Inserisce utilmente il rispetto dei parametri legali per la determinazione del compenso, proprio per assegnare un contenuto immediatamente precettivo e concreto a tali affermazioni. La previsione normativa, che sostituisce l’intervento del 2017, rappresenta la riaffermazione, l’integrazione ed il potenziamento di un principio d’ordine generale, non sconosciuto al nostro ordinamento, che già lo prevedeva all’art. 2233 del codice civile, che fissa due importanti criteri per la determinazione (altrimenti libera) del compenso da riconoscere al professionista: l’adeguatezza all’importanza dell’opera prestata e comunque al decoro della professione, più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass.civ. n. 24492/2016, n. 25804/2015). Il riconoscimento e l’attuazione concreta dei valori fissati dalla Costituzione agli articoli 35 e 36, trova la propria affermazione concreta nella legge n. 49/2023, che individua, oltre alla definizione del concetto di compenso equo, l’ambito applicativo della sua cogenza e la forza imperativa rispetto alla volontà delle parti. La sua attuazione concreta e l’efficacia di titolo esecutivo del parere di congruità Come detto, l’attuazione dei princìpi costituzionali sarebbe difficoltosa (e nella realtà lo è stata) in assenza di una norma di diritto positivo che ne costituisca l’attuazione concreta. In questo senso la legge n. 49/2023 non soltanto fissa i canoni definitori del concetto generale di equo compenso, ma assegna al parere di congruità reso dal competente consiglio dell’ordine, l’efficacia di titolo esecutivo. Ai sensi del primo comma dell’art. 7 della nuova legge sull’equo compenso infatti, “in alternativa alle procedure di cui agli articoli 633 e seguenti del codice di procedura civile e di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150, il parere di congruità emesso dall'ordine o dal collegio professionale sul compenso o sugli onorari richiesti dal professionista costituisce titolo esecutivo, anche per tutte le spese sostenute e documentate, se rilasciato nel rispetto della procedura di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e se il debitore non propone opposizione innanzi all'autorità giudiziaria, ai sensi dell'articolo 281-undecies del codice di procedura civile, entro quaranta giorni dalla notificazione del parere stesso a cura del professionista”. Il compenso del professionista, dunque, quando ha avuto il riconoscimento dei requisiti previsti dalla legge n. 49/2023, verificati dall’ordine o collegio competente, ha efficacia di titolo esecutivo stragiudiziale, e come tale consente la soddisfazione forzosa del lavoratore autonomo nei confronti del debitore inadempiente. L’ambito applicativo Preso atto di tale efficacia esecutiva qualificata della parcella del professionista opinata dall’ordine o collegio professionale di competenza, e considerato il rilievo di tale riconoscimento, che conduce alla possibilità di agire forzosamente per ottenere il proprio credito, sono stati posti diversi quesiti in ordine ai margini applicativi dell’art. 7 della legge sull’equo compenso, ai quali come detto il Consiglio Nazionale Forense ha dato riscontro con i pareri n. 18/2023 e 24/2023, delineando un primo quadro definitorio di tali confini applicativi.1. Ambito soggettivoLa prima questione che è stata posta riguarda l’ambito soggettivo per il riconoscimento dell’efficacia di titolo esecutivo del parere di congruità rilasciato dall’ordine o collegio professionale. Se cioè tale conseguenza riguarda qualsiasi parcella opinata, o se, stando alla lettera dell’art. 2 della legge n. 49/2023, l’efficacia di titolo esecutivo debba intendersi riservata esclusivamente a quelle dovute dai soggetti individuati dal primo comma di quest’ultima norma: imprese bancarie e assicurative, loro società controllate, mandatarie, e imprese che nell'anno precedente al conferimento dell'incarico hanno occupato alle proprie dipendenze più di 50 lavoratori o hanno presentato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro. L’applicazione è estesa altresì alle prestazioni rese dai professionisti in favore della pubblica amministrazione e delle società disciplinate dal testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, di cui al D.Lgs. 19 agosto 2016, n. 175. L’applicazione delle norme sull’equo compenso è invece espressamente esclusa per le prestazioni rese dai professionisti in favore di società veicolo di cartolarizzazione né a quelle rese in favore degli agenti della riscossione. A questi ultimi però, è fatto obbligo “comunque, all'atto del conferimento dell'incarico professionale, la pattuizione di compensi adeguati all'importanza dell'opera, tenendo conto, in ogni caso, dell'eventuale ripetitività della prestazione richiesta”. Sul punto la posizione presa dal CNF è chiara e condivisibile, nel senso di ritenere possibile l’applicazione dell’art. 7 non a tutti i contratti d’opera professionale, ma soltanto a quelli stipulati con i clienti “forti” economicamente e contrattualmente, così come individuati dall’art. 2, in ragione del fatto che tale ambito applicativo è posto dalla norma con riferimento all’intero corpo della legge n. 49/2023.2. Contenuto dell’obbligo procedimentale per l’Ordine professionale o collegioL’efficacia di titolo esecutivo del parere reso sulla congruità del compenso presuppone, tra l’altro, che sia “rilasciato nel rispetto della procedura di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241”. Ciò premesso, il quesito posto dai Consigli territoriali riguardava la conseguenza di uno specifico obbligo motivazionale nella redazione del parere medesimo. La risposta del CNF è affermativa, considerando che la previsione del rispetto di un iter secondo i canoni tipici del procedimento amministrativo, implica anche l’obbligo motivazionale del provvedimento emesso a valle dello stesso, non a caso definito elemento “coessenziale” alla funzione di garanzia ascritta al rispetto delle norme in materia di procedimento amministrativo. In effetti la motivazione rappresenta la massima espressione delle finalità di trasparenza e democraticità dell’atto amministrativo che si è inteso realizzare con la legge n. 241/90.3. L’efficacia nei confronti della pubblica amministrazionePer effetto del combinato disposto dell’art. 2 e dell’art. 7 della l. n. 49/2023, l’efficacia di titolo esecutivo della parcella opinata può essere riconosciuta anche quando il compenso è preteso nei confronti di una pubblica amministrazione. In questi casi è stato posto il quesito circa la necessità di provvedere ad ulteriori adempimenti - nello specifico una nuova notifica del parere - prima di poter avviare l’azione esecutiva. Secondo quanto spiegato dal CNF con il parere n. 24/2023, una volta decorsi i quaranta giorni senza che la controparte debitrice abbia proposto opposizione al giudice competente (che è quello del luogo nel cui circondario ha sede l’ordine che ha reso il parere di congruità), il titolo esecutivo può ritenersi validamente formato senza necessità di ulteriori adempimenti, e il creditore può pertanto procedere alle conseguenti azioni esecutive, in primis evidentemente la notifica del titolo in forma esecutiva secondo le forme ordinarie. Ciò sul presupposto, chiarito dal parere in discorso e già espresso nel precedente n. 18/2023, che l’art. 7 “introduce un nuovo titolo esecutivo stragiudiziale di natura amministrativa (art. 474, co. 2, n. 1 cpc). Il titolo così formato soddisfa appieno i requisiti previsti dal codice di rito, ossia l’esistenza di diritto certo, liquido ed esigibile, senza che vi osti la natura stragiudiziale del titolo, atteso che per l’art. 474 cpc i titoli esecutivi sono anche stragiudiziali purché previsti dalla legge”.4. L’ambito applicativo temporaleUn’altra questione posta dai diversi ordini è stata quella relativa al diritto intertemporale, con riferimento alla applicabilità delle nuove norme anche a pareri di congruità resi in relazione ad attività avviate e/o concluse prima dell’entrata in vigore della legge n. 49/2023. La soluzione negativa è offerta in maniera esplicita dalla stessa norma sull’equo compenso, che all’art. 11 prevede espressamente che le disposizioni in discorso non si applicano alle convenzioni in corso, sottoscritte prima della entrata in vigore della legge medesima, così che l’efficacia prevista dall’art. 7 può essere riconosciuta soltanto alle prestazioni rese sulla base di convenzioni stipulate dopo l’entrata in vigore della legge.5. La (a)specialità dell’accordoAltra questione interpretativa, che è stata posta con riferimento all’applicazione dell’art. 7 della nuova legge sull’equo compenso, è quella relativa alla possibilità di applicarla ai compensi richiesti in assenza di pattuizione preventiva tra le parti e ai compensi richiesti sulla base di convenzioni e/o sulla base di ogni tipo di accordo preparatorio o definitivo, purché vincolante per il professionista. La risposta affermativa del CNF corrisponde allo spirito della legge, destinato a predisporre un impianto di garanzia rispetto ai vincoli cui può soggiacere il professionista in condizioni di debolezza contrattuale ed economica al confronto con i cosiddetti contraenti “forti”. Pertanto, è considerata pacifica l’applicazione alle prestazioni rese nell’ambito di convenzioni (formali) così come in “ogni tipo di accordo preparatorio o definitivo, purché vincolante per il professionista, come previsto dal secondo comma dell’art. 2 della l. n. 49/2023. Secondo il parere del CNF, proprio la disposizione da ultimo richiamata consente peraltro di ritenere che le disposizioni in materia di equo compenso si applichino anche in assenza di pattuizione preventiva tra le parti. Se infatti per pattuizione preventiva si intende - come pare corretto - il perfezionamento di un accordo sul compenso, è giocoforza ritenere che il riferimento, di cui all’art. 2, agli accordi preparatori anticipi l’applicabilità della legge anche alla fase preparatoria e, dunque, antecedente alla pattuizione. Con la conseguenza che la pattuizione preventiva non è a rigore necessaria ai fini dell’applicabilità della legge”. Tutela di sostanza quindi, ed applicazione quanto più possibile estesa di una norma di garanzia, che prevale sulle questioni di forma.6. Il contenuto complessivo del parere di congruitàL’ultimo quesito posto in tema di definizione dell’ambito applicativo dell’art. 7 della legge sull’equo compenso, riguarda la richiesta circa la necessità di inserire, nel parere di congruità del compenso, il riferimento della norma per cui il parere medesimo “costituisce titolo esecutivo, anche per tutte le spese sostenute e documentate, se rilasciato nel rispetto della procedura di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e se il debitore non propone opposizione innanzi all’autorità giudiziaria, ai sensi dell’art. 281-undecies del codice di procedura civile, entro quaranta giorni dalla notificazione del parere stesso a cura del professionista”. La risposta affermativa da parte del CNF, che fa riferimento alla “correttezza” di una tale indicazione, deve ascriversi alla ordinaria esigenza che ogni atto esecutivo, in quanto preordinato alla soddisfazione forzosa del credito recato, contenga l’avvertenza di tale efficacia, a tutela delle possibili legittime ragioni di opposizione esercitabili dal destinatario. Considerazioni conclusive In conclusione, anche con riferimento alla chiave di lettura circoscritta alla definizione dell’ambito applicativo dell’efficacia del parere reso dall’ordine o collegio professionale come titolo esecutivo, appare emergere chiaramente lo spirito della legge n. 49/2023. Al netto delle interpretazioni necessariamente rigorose rispetto alla formazione di un titolo esecutivo in via amministrativa, si conferma l’intenzione estensiva dell’applicazione delle norme ai fini della effettività delle tutele che hanno ispirato la legge, in considerazione della più volte ricordata possibilità che, nelle circostanze individuate dal legislatore, il professionista possa concretamente versare in condizioni di debolezza economica e contrattuale rispetto ai propri clienti e perciò debba essere supportato adeguatamente da una normativa speciale tendente a rendere effettivo il suo diritto, garantito dalla Costituzione, ad un compenso equo, perciò utile a garantirgli un’esistenza libera e dignitosa. Copyright © - Riproduzione riservata

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2023/09/06/equo-compenso-prime-indicazioni-modalita-applicative

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