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Pensioni: il quadro della situazione in Italia e le nuove ipotesi di flessibilità in uscita

Nel rapporto annuale INPS, presentato il 13 settembre, viene analizzato il quadro aggiornato del sistema previdenziale italiano nonché le possibili mosse del Governo in ambito pensionistico alla luce della legge di Bilancio 2024. Dal report risulta che alla fine del 2022 i pensionati in Italia erano 16,1 milioni, un numero di poco superiore a quello del 2021, di cui 7,8 milioni uomini e 8,3 milioni donne. L’importo complessivamente erogato è stato pari a 322 miliardi di euro. Le donne, nonostante rappresentino il 52% dei pensionati, sono titolari di solo il 44% dell’importo totale. Nel rapporto annuale si approfondisce poi l’anticipo pensionistico e la necessità di conciliare la richiesta di flessibilità da parte dei lavoratori con l’esigenza di sostenibilità del sistema. Quali sono le indicazioni per Opzione donna?

Il 13 settembre è stato presentato il XXII Rapporto annuale dell’INPS che tratteggia un quadro aggiornato del nostro sistema previdenziale. Il documento, che prende in esame lo stato di salute del sistema del welfare nel 2022, conferma il sostanziale superamento della situazione della crisi pandemica che, nel corso degli anni precedenti, ha inciso profondamente sul tessuto economico e sociale del nostro Paese e, di conseguenza, sulla vita dell’Istituto. La resilienza dell'economia nazionale ha garantito l’uscita dalla crisi e favorito una ripresa economica più ampia rispetto ad altri Stati dell'area euro. Questa tendenza positiva si è manifestata, in modo tangibile, con un incremento del 3,7% del Pil italiano che si è tradotto in un significativo miglioramento del mercato del lavoro, sia in termini di qualità che di quantità. In Italia il miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro ha determinato un aumento sia del numero di assicurati (che hanno superato i 26,2 milioni) sia del numero medio di settimane lavorate, recuperando così la brusca caduta del 2020. Ciò ha garantito una maggiore stabilità e sostenibilità del sistema previdenziale italiano. Questa fase di recupero ha anche portato a una riduzione dell'utilizzo di ammortizzatori sociali, come la Cassa Integrazione Guadagni, che era stata precedentemente aumentata proprio per preservare le posizioni lavorative, soprattutto durante il Covid. Il Rapporto appare particolarmente interessante alla luce delle prossime mosse del Governo nella legge di Bilancio 2024. I temi su cui si ragiona Alla luce di quanto emerge l’attenzione sembra essere rivolta, compatibilmente con le risorse che verranno destinate al capitolo pensioni alla luce di quanto emergerà nella NADEF che verrà approvata per fine settembre, per la proroga delle misure di flessibilità in uscita che scadono a fine dicembre (quota 103, Opzione donna in versione probabilmente restilizzata, Ape sociale con platea ampliata). Come dichiarato di recente dovrebbe essere ripreso poi il tema caro all’Esecutivo della “staffetta generazionale” riconsiderando la misura del “trasferimento generazionale” che era stata introdotta nel decreto sul Made in Italy ed è stata poi espunta. Si guarda poi alle giovani generazioni con un possibile e altamente intervento sul riscatto della laurea e sul recupero dei vuoti contributivi oltre che una rivitalizzazione della previdenza complementare. L’andamento dei trattamenti pensionistici Ma quali sono i principali punti che emergono dal Rapporto annuale dell’INPS? Alla fine del 2022, i pensionati in Italia erano 16,1 milioni, un numero di poco superiore a quello del 2021, di cui 7,8 milioni uomini e 8,3 milioni donne. L’importo complessivamente erogato è stato pari a 322 miliardi di euro. Le donne, nonostante rappresentino il 52% dei pensionati, sono titolari di solo il 44% dell’importo totale. Il 96% dei pensionati percepisce una pensione INPS, con un reddito lordo mensile medio pari a 1.687 euro; quello degli uomini è pari a 1.969 euro, risultando il 38% più alto di quello delle donne. Il restante 4% dei pensionati è titolare di rendite INAIL o pensioni gestite da altri Enti. Nel 2022, le prestazioni pensionistiche previdenziali dell’INPS hanno assorbito quasi il 92% della spesa pensionistica a carico dell’Istituto. Peso significativo hanno avuto i trattamenti di anzianità e anticipati che rappresentano oltre il 56% della spesa totale dell’INPS. La quota delle prestazioni assistenziali sul totale supera l’8% e si concentra prevalentemente nell’invalidità civile. Il numero delle prestazioni pensionistiche previdenziali liquidate in corso d’anno si è ridotto del 3% per effetto del calo delle pensioni anticipate, scese del 9% per la conclusione di quota 100. Le prestazioni pensionistiche assistenziali liquidate sono invece aumentate per il secondo anno consecutivo, come conseguenza della flessione del 2020 dovuta al blocco delle visite mediche per l‘invalidità civile durante la pandemia. L'importo medio delle pensioni di anzianità/anticipate è di 1.915 euro. È invece di 889 euro l'importo medio delle pensioni di vecchiaia che si caratterizzano per una minore anzianità contributiva. Le prestazioni assistenziali si attestano attorno ai 470 euro. Nel 2022, le prestazioni di tipo previdenziale erogate dall’INPS sono per il 48% a carico del Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti, con un importo lordo medio mensile pari a 1.238 euro. Il 30% è a carico della Gestione Lavoratori Autonomi e Parasubordinati (importo medio pari a 826 euro) e il 19% è a carico della Gestione Lavoratori Pubblici (importo medio 2.019 euro). Flessibilità in uscita e Opzione donna Nel Rapporto annuale si approfondisce poi l’anticipo pensionistico e la necessità di conciliare la richiesta di flessibilità da parte dei lavoratori con l’esigenza di sostenibilità del sistema. L’opzione che viene considerata è quella del calcolo contributivo del trattamento pensionistico in caso di uscita anticipata dal mercato del lavoro per i già assicurati al 31 dicembre 1995 (sistema misto). Il calcolo contributivo risponde ai requisiti di equità intergenerazionale e attuariale, e quindi di sostenibilità, oltreché di trasparenza di un sistema di previdenza sociale. C’è poi un focus specifico su Opzione donna in cui si sottolinea come l’inasprimento graduale dei requisiti anagrafici e contributivi per l’accesso alla pensione di vecchiaia e di anzianità, che ha colpito soprattutto le donne, abbia dato un forte impulso al canale di pensionamento introdotto nel 2004 dalla legge Maroni di poter accedere alla pensione con requisiti ridotti optando per un ricalcolo contributivo della pensione. Infatti, nonostante la perdita economica, una percentuale elevata di donne ha esercitato il diritto con la prospettiva di anticipare il periodo di riposo. A tutto gennaio 2023 le pensioni erogate attraverso Opzione donna erano circa il 16% di tutte le pensioni anticipate alle lavoratrici. Si evidenzia come ne hanno beneficiato circa 175mila lavoratrici con un assegno di quasi il 40% più basso della media, dovuto non solo al ricalcolo contributivo ma anche ai minori anni di contribuzione e ai minori redditi di queste lavoratrici. Da una simulazione effettuata emerge che la “penalizzazione” media derivante dal ricalcolo contributivo dei trattamenti con i requisiti in vigore nel 2022 prima della stretta scattata con l'ultima legge di bilancio (58 anni d'età, e 59 per le lavoratrici autonome, e 35 di contributi) ha un trend decrescente che si riduce dal 23% del 2013 all'8% del 2022. Guardando in prospettiva, viene sottolineato, se Opzione donna diventasse strutturale, il graduale incremento del peso della quota contributiva della pensione nel regime di pensionamento ordinario annullerebbe il disincentivo economico dando presumibilmente un ulteriore impulso alla propensione all’esercizio dell’opzione alla luce anche dell’inasprimento dei requisiti di accesso al pensionamento previsti a partire dal 2027 per l’adeguamento alla speranza di vita. Confronto internazionale Viene poi proposto un confronto internazionale dei sistemi di finanziamento delle pensioni di invalidità, vecchiaia e al superstite (IVS). Ad oggi, è il lato della spesa previdenziale ad aver suscitato il grosso dell’attenzione degli osservatori, nonostante tutti i paesi europei stiano incontrando crescenti difficoltà a fornire prestazioni adeguate a fronte di finanziamenti sempre più scarsi. Nel complesso, si sottolinea, il finanziamento dei trattamenti pensionistici proviene per la gran parte dalla contribuzione previdenziale, a carico del datore di lavoro e del lavoratore, e dai trasferimenti dello Stato, a carico della fiscalità generale, oltreché, in misura minore, da trasferimenti da altri schemi e dai rendimenti su investimenti finanziari. Tra il 2005 e il 2018, in UE è cresciuto il contributo a carico della fiscalità generale a causa della grande recessione del 2007, dell’invecchiamento della popolazione e di politiche in materia di lavoro e pensioni che hanno ridotto il numero di contribuenti e il monte salari e, di conseguenza, la componente contributiva. A livello di singoli paesi, l’incidenza delle varie fonti di finanziamento è estremamente variabile. La contribuzione previdenziale rappresenta meno del 30% dei finanziamenti totali in Danimarca, oltre il 70% in Spagna, Irlanda e nelle Repubbliche Baltiche e il 90% in Romania. L’Italia si avvicina alla media europea del 65,5%. I trasferimenti dello Stato variano tra poco sopra il 10% di Olanda e Slovacchia a oltre il 50% di Danimarca e Malta, con una media europea del 25%. Le cd. fonti minori pesano per oltre il 30% in Olanda e a Malta e anche in Italia il contributo è significativo. Il fatto che la quota di finanziamento della previdenza in capo alla fiscalità generale sia in media pari ad un quarto della spesa e che sia cresciuta nel tempo, si rimarca, è indice di un sistema che, nonostante le riforme adottate nella maggioranza dei paesi, non è in grado di autofinanziarsi. Del resto, tutti i principali paesi europei si basano sul sistema di finanziamento “a ripartizione” per cui i contributi dei lavoratori finanziano le prestazioni ai pensionati e questo espone il sistema allo squilibrio tra platea degli attivi contribuenti e platea dei pensionati beneficiari, che è crescente nella maggior parte dei paesi, oltre che alle dinamiche del mercato del lavoro. Copyright © - Riproduzione riservata

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2023/09/15/pensioni-quadro-situazione-italia-nuove-ipotesi-flessibilita-uscita

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