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Archivio newsComposizione negoziata: focus dei commercialisti sul rischio penale dell’attività dell’esperto facilitatore
Il Consiglio e la Fondazione nazionali dei commercialisti hanno pubblicato il documento di ricerca “Il rischio penale dell’attività dell’esperto facilitatore nella composizione negoziata”. Nel documento si afferma che oggi l’esperto facilitatore assume una precisa fisionomia quale figura chiave nel diritto della crisi d’impresa, una sorta di ponte tra impresa e creditori, snodo fiduciario e tecnico al servizio della continuità aziendale. Va da sé che la peculiarità del ruolo assunto e la delicatezza dei compiti assegnati espongono l’esperto a molteplici potenziali profili di responsabilità penale, in ordine ai quali i commercialisti svolgono, nel documento, qualche approfondimento.
Con un comunicato stampa del 17 luglio 2025, il Consiglio e la Fondazione nazionali dei commercialisti informano che hanno pubblicato il documento di ricerca “Il rischio penale dell’attività dell’esperto facilitatore nella composizione negoziata”.
Il lavoro, rientrante nell’attività dall’area “Gestione della crisi d’impresa e procedure concorsuali” alla quale sono delegati i due consiglieri nazionali Cristina Marrone e Pier Paolo Sanna, si sofferma su una delle novità di maggior interesse contenute nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. L’attenzione è rivolta all’esperto della composizione negoziata e, segnatamente, ai potenziali profili di una sua responsabilità penale.
Soggetto terzo e indipendente, chiamato, per definizione fornita dal legislatore, a facilitare le trattative nell’ambito della composizione negoziata, l’esperto non è equiparabile all’attestatore e non è investito di un munus pubblicistico, così che non possa essergli contestata alcuna ipotesi riconducibile ai delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione o ai delitti contro l’amministrazione della giustizia.
Una volta sgombrato il campo da quegli ambiti di responsabilità rispetto ai quali l’esperto è certamente destinato a restare estraneo, il documento si sofferma sulla problematica possibilità che egli possa essere chiamato a rispondere, in ossequio alle ordinarie regole che disciplinano il concorso di persone per eventuali reati commessi dall’imprenditore o da altri soggetti con i quali sia entrato in rapporto.
In relazione ai delitti di bancarotta, il documento precisa come il coinvolgimento dell’esperto in un’accusa di bancarotta non potrà in ogni caso prescindere dalla rigorosa dimostrazione dell’esistenza di un suo contributo alla realizzazione del fatto, accompagnata dalla prova della rappresentazione e della volontà di commettere l’illecito assieme all’imprenditore, con rigorosa dimostrazione, tanto dell’effettiva sussistenza di un contributo alla realizzazione di un fatto rilevante a titolo di bancarotta, quanto del relativo dolo in capo all’esperto.
Con specifico riferimento all’incisività di un’eventuale omissione da parte dell’esperto, a titolo d’esempio, per non avere impedito fatti di reato dei quali sia venuto al corrente, una puntuale ricognizione del corredo legislativo porta a escludere che in capo all’esperto facilitatore possa essere ravvisata una posizione di garanzia, penalmente rilevante ai sensi del vigente codice penale, rispetto all’integrità del patrimonio societario e delle garanzie dei creditori.
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FNC – CNDCEC, Documento di ricerca, 17/07/2025
Per approfondire questo argomento leggi anche: Esperto indipendente nella composizione negoziata: per quale reato è imputabile Vito Pesare
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