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Licenziamento: impugnabile oltre i termini se il lavoratore è incapace

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 111 del 2025, ha sancito l’illegittimiaà dell’onere di impugnazione stragiudiziale del licenziamento nel termine di sessanta giorni dalla ricezione della relativa comunicazione ove il lavoratore versi in stato di incapacità naturale.

La disciplina in vigore in materia di licenziamenti è costituzionalmente illegittima nella parte in cui non prevede che, se al momento della ricezione della comunicazione del licenziamento o in pendenza del termine di sessanta giorni previsto per la sua impugnazione, anche in via stragiudiziale, il lavoratore versi in condizione di incapacità di intendere o di volere, non opera l’onere della previa impugnazione, anche stragiudiziale, e il licenziamento può essere impugnato entro il complessivo termine di decadenza di duecentoquaranta giorni dalla ricezione della sua comunicazione.

È quanto ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza numero 111, depositata il 18 gluglio 2025, accogliendo la questione di legittimità costituzionale sollevata dalle Sezioni unite civili della Corte di cassazione.

Nella fattispecie, una lavoratrice alla quale era stato intimato il licenziamento disciplinare, e che si era trovata, al momento della ricezione del recesso datoriale, in uno stato depressivo di tale gravità da dover essere sottoposta a un trattamento sanitario obbligatorio, non aveva per tale ragione esperito l’impugnazione stragiudiziale entro il termine prescritto, ma solo dopo aver recuperato la pienezza delle sue facoltà intellettive e volitive.

La Corte ha osservato che l’onere della previa impugnazione, anche stragiudiziale, previsto, a pena di decadenza, dalla disposizione censurata, pur riconducibile. all’ampia discrezionalità di cui gode il legislatore nella configurazione degli istituti processuali e fondato sulla esigenza di far emergere in tempi brevi il contenzioso sul recesso datoriale, può tradursi in un ostacolo all’accesso alla tutela giurisdizionale nel caso in cui, al momento della ricezione della comunicazione del licenziamento, o comunque in pendenza del termine di sessanta giorni previsto per la sua impugnazione, anche stragiudiziale, il lavoratore non sia in grado di comprendere il significato dell’atto datoriale né di determinarsi in merito alle iniziative da assumere.

La Corte ha, pertanto, ritenuto che la disposizione censurata esibisca una manifesta irragionevolezza, ponendosi in contrasto con l’articolo 3 della Costituzione e violando, al contempo, il diritto al lavoro (art. 4, primo comma, Cost.) e alla sua tutela (art. 35, primo comma, Cost.), anche in sede giurisdizionale (art. 24, primo comma, Cost.).

All’accertato vulnus costituzionale la Consulta non ha, tuttavia, inteso porre rimedio nei termini auspicati dal giudice a quo e, cioè, attraverso l’inserimento nella disposizione in questione di una causa di differimento della decorrenza del termine per l’impugnazione stragiudiziale dalla data della ricezione del licenziamento a quella del riacquisto, da parte dell’interessato, della piena capacità di intendere e di volere.

Copyright © - Riproduzione riservata

Corte Costituzionale, sentenza 18/0/2025, n. 111

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Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2025/07/19/licenziamento-impugnabile-termini-lavoratore-incapace

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