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Archivio newsSequestro email aziendali: non serve autorizzazione del giudice
A conclusione delle cause riunite C-258/23, C-259/23 e C-260/23, pubblicate il 23 ottobre 2025, viene chiarito che, nelle indagini in materia di concorrenza, le autorità nazionali possono sequestrare messaggi di posta elettronica aziendali senza una preventiva autorizzazione giudiziaria, purché siano garantite adeguate tutele procedurali e un successivo controllo giurisdizionale. La posizione non estende la giurisprudenza sui sequestri di dispositivi personali, poiché i dati aziendali non incidono nello stesso modo sulla vita privata delle persone fisiche.
L’avvocata generale della Corte di giustizia dell’Unione europea, Laila Medina, nelle conclusioni depositate il 23 ottobre 2025 nelle cause riunite C-258/23, C-259/23 e C-260/23, ha affrontato un tema cruciale: il rapporto tra indagini antitrust e tutela dei dati personali.
Nell’ambito di procedimenti per violazioni della normativa sulla concorrenza, non è necessario che le autorità garanti ottengano un’autorizzazione preventiva da un giudice per sequestrare messaggi di posta elettronica professionali. Tale attività investigativa è legittima se svolta nel rispetto del principio di proporzionalità e accompagnata da garanzie procedurali adeguate, oltre che da un controllo giurisdizionale successivo.
La questione era stata sollevata a seguito di un sequestro effettuato dall’Autorità portoghese della concorrenza, che aveva acquisito email scambiate tra dipendenti di imprese sospettate di pratiche anticoncorrenziali. Le aziende avevano contestato l’operato, invocando la violazione del diritto al segreto della corrispondenza e chiedendo l’intervento di un giudice istruttore.
L’avvocata generale ha distinto questa situazione dal caso Bezirkshauptmannschaft Landeck (C-548/21), in cui la Corte aveva stabilito la necessità di un controllo preventivo per l’accesso ai dati contenuti in telefoni cellulari. In materia di concorrenza, infatti, i sequestri riguardano dati aziendali e non aspetti della vita privata, riducendo l’impatto sui diritti fondamentali delle persone fisiche.
Medina precisa inoltre che gli Stati membri restano liberi di introdurre, nei propri ordinamenti, un sistema di autorizzazione preventiva – anche da parte del pubblico ministero – se lo ritengono opportuno.
Le sue conclusioni, pur non vincolanti, forniscono un orientamento importante per l’equilibrio tra poteri investigativi delle autorità antitrust e diritto alla protezione dei dati personali, confermando l’impostazione europea che privilegia un approccio proporzionato, ma pragmatico alle garanzie procedurali.
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Corte di giustizia europea, conclusioni 23/10/2025, n. C-258/23, C-259/23, C-260/23
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