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Archivio newsLicense Agreement alternativo alla locazione commerciale negli USA
Negli USA il contratto detto “commercial lease”, ossia il contratto di locazione commerciale, costituisce il modello tradizionale, attribuendo al conduttore (“tenant”) il possesso esclusivo dello spazio e consentendo di costruire su tale base l’organizzazione commerciale nel medio-lungo periodo. Tuttavia, la crescente diffusione di negozi temporanei (pop-up store) e spazi di vendita dedicati all’interno di un punto vendita più grande (shop-in-shop) ha favorito l’emergere di soluzioni contrattuali più flessibili. In questo contesto, il “license agreement” si è affermato come strumento per consentire l’utilizzo temporaneo di uno spazio commerciale senza trasferire il diritto di godimento esclusivo dello stesso. Quali sono le differenze tra commercial lease e license agreement negli Stati Uniti? E in che modo la gestione concreta dello spazio incide sulla qualificazione del rapporto contrattuale e sulle tutele disponibili per il commerciante nel corso dell’operazione?
Nel mercato statunitense la struttura e le caratteristiche specifiche di un’operazione commerciale influiscono in maniera decisiva sulla scelta del tipo di contratto da adottare per lo spazio in cui essa si svolgerà. Il commercial lease rappresenta il modello tradizionale per l’avvio stabile di un’attività: attribuisce al tenant il possesso esclusivo dello spazio e consente, quindi, di organizzare l’impresa nel medio-lungo periodo. Negli ultimi anni, però, la diffusione di negozi temporanei come pop-up store e shop-in-shop ha favorito l’adozione di forme contrattuali più flessibili, come il license agreement che permette l’uso temporaneo dello spazio senza trasferire un diritto di godimento esclusivo.
Il commercial lease come modello tradizionale
Nel caso del commercial lease, il tenant ottiene il diritto di possesso esclusivo (“exclusive possession”) dello spazio commerciale, con la conseguente possibilità di escludere terzi, incluso il proprietario, salvo specifiche eccezioni contrattuali. La posizione giuridica che ne deriva è di natura proprietaria e, in quanto tale, opponibile ai terzi. La durata del contratto è generalmente medio-lunga e il tenant assume un complesso di obblighi che può comprendere il pagamento del canone, la manutenzione ordinaria, la copertura assicurativa e, talvolta, anche le imposte e le spese relative alle aree comuni.
Si tratta, dunque, di un rapporto stabile e protetto, funzionale a insediamenti commerciali duraturi, ma che al tempo stesso implica impegni economici e organizzativi rilevanti per il tenant. Per questa ragione, il commercial lease risulta poco adatto a operazioni commerciali esplorative, iniziative stagionali o presenze promozionali limitate nel tempo.
License agreement e gestione flessibile dello spazio commerciale
Al contrario, il license agreement non trasferisce il possesso esclusivo dello spazio commerciale, ma concede un permesso d’uso personale e generalmente revocabile. Il conduttore, in questo caso detto “licensee”, può utilizzare lo spazio per uno scopo determinato, ma - salvo diversa pattuizione - non acquisisce un diritto opponibile a terzi né il potere di escludere il proprietario. Il locatore, detto “licensor”, mantiene, infatti, un controllo costante sull’area e può accedervi, modificarne la configurazione o riassegnarla a seconda delle esigenze.
Questo modello è particolarmente adatto a spazi destinati a un uso di breve durata, come ad esempio pop-up store, shop-in-shop, o kiosk stagionali, che hanno l’obiettivo di assicurare una presenza temporanea senza gli impegni strutturali tipici del commercial lease. Sebbene la posizione giuridica del licensee sia più debole di quella del tenant, il license agreement consente una maggiore flessibilità.
Differenze sostanziali e conseguenze pratiche
Le differenze strutturali tra commercial lease e license agreement si riflettono in modo diretto sulla pratica: per quanto riguarda il commercial lease, il tenant ha il controllo dello spazio commerciale e lo conserva per l’intera durata contrattuale, salvo casi espressamente previsti; nel caso del license agreement, invece, l’utilizzo dello spazio dipende dal permesso concesso dal licensor, che può essere limitato, revocato o modificato in base alle esigenze operative del proprietario o alla natura temporanea dell’attività.
La revocabilità del contratto segue logiche opposte: il contratto di commercial lease è difficilmente risolvibile da parte del proprietario (“landlord”) in assenza di cause specifiche o gravi inadempimenti, mentre il license agreement è, almeno in astratto, revocabile con maggiore libertà. Tuttavia, questo aspetto è generalmente oggetto di negoziazione: per iniziative di pop-up store strutturate o comunque iniziative commerciali che richiedono una particolare progettazione, specifici allestimenti e/o un investimento rilevante, è necessario integrare il license agreement con clausole volte a mitigare gli effetti di interruzioni improvvise che comprometterebbero l’operazione o l’investimento.
Una distinzione rilevante riguarda poi la trasferibilità del contratto e i rimedi disponibili in caso di interferenza nel godimento dello spazio commerciale da parte di terzi. In genere, il commercial lease può essere ceduto o sublocato (previo consenso del landlord) e il tenant gode di rimedi possessori, potendo tutelare la propria posizione in caso di interferenze. Il license agreement è invece strettamente personale, e quindi non può essere trasferito, e il licensee può far valere unicamente rimedi contrattuali, senza gli strumenti propri della tutela del possesso in caso di interferenze da parte di terzi. Ciò richiede particolare attenzione da parte del conduttore: è infatti essenziale verificare che lo spazio sia consegnato libero da terzi, inclusi eventuali precedenti licensee che non abbiano ancora lasciato l’area, poiché il nuovo licensee non disporrebbe di rimedi possessori immediati per ottenerne il rilascio.
La centralità del test dell’exclusive possession
Il confine tra commercial lease e license agreement non dipende dalla denominazione utilizzata nel contratto, ma dalla sostanza del rapporto. La giurisprudenza statunitense individua nell’effettivo controllo dello spazio il criterio decisivo. Ciò che rileva, in concreto, è appunto la possibilità per l’utilizzatore di escludere terzi. Come affermato dalla giurisprudenza, un accordo configura un commercial lease solo quando attribuisce un diritto esclusivo di uso e occupazione, mentre resta un license agreement se il proprietario mantiene un potere effettivo di controllo.
In tale prospettiva, nel commercial lease il controllo del landlord è limitato a verifiche e interventi strettamente necessari; nel license agreement, invece, il licensor conserva un ruolo attivo e costante nella gestione dell’area, con facoltà di accesso e intervento, ridimensionabilii in sede di negoziazione.
Ne consegue che la qualificazione del contratto dipende da come lo spazio commerciale viene effettivamente gestito. È decisivo capire chi accede all’area, chi ne governa la configurazione, se l’uso è condiviso o esclusivo e se il proprietario mantiene un potere di intervento reale. Anche aspetti come il modo in cui lo spazio è allestito, la sua fruizione quotidiana e la durata dell’occupazione, concorrono a delineare la natura del rapporto.
Rischio di riqualificazione
Proprio sulla base del criterio dell’exclusive possession si innesta il rischio di riqualificazione. Se l’uso si traduce, di fatto, in un controllo esclusivo dello spazio da parte del conduttore, il rapporto può essere qualificato come lease agreement anche contro la volontà delle parti. Per mantenere la struttura del license agreement, è importante che il concedente conservi un effettivo potere di controllo sull’area.
Le conseguenze di una possibile riqualificazione da license agreement a commercial lease ricadono soprattutto sul licensor, che vede ridursi la possibilità di interrompere il rapporto contrattuale e si trova a dover rispettare le tutele di cui generalmente gode un tenant. L’eventuale rimozione del tenant dallo spazio commerciale richiede allora procedure di sfratto più formali e dispendiose, con il rischio di ricadute fiscali e regolamentari che non erano state previste in fase di negoziazione.
Allo stesso tempo, è nell’interesse di entrambe le parti redigere un contratto che rispecchi fedelmente l’intento negoziale, così da ridurre incertezze interpretative ed evitare potenziali contenziosi.
Difatti, oltre agli aspetti legali e pratici di cui sopra, la distinzione tra commercial lease e license agreement ha riflessi anche sul piano fiscale e regolamentare. Essendo lease e license agreement strumenti che creano obblighi e diritti di natura diversa, il loro inquadramento ai fini fiscali può divergere in modo significativo. L’uso temporaneo, tipico del license agreement, può inoltre richiedere l’ottenimento di permessi specifici per eventi, allestimenti o attività a durata limitata, spesso disciplinati a livello municipale e collegati a profili diversi.
La diversa qualificazione incide anche sul profilo assicurativo, in quanto le parti potrebbero ottenere polizze non adeguate alle effettive responsabilità, con conseguente rischio di ritrovarsi scoperte in caso di sinistro.
Conclusione
Le forme di occupazione temporanea degli spazi commerciali rappresentano strumenti ormai diffusi per esplorare il mercato, introdurre collezioni o prodotti a tempo limitato, partecipare a eventi stagionali e rafforzare la visibilità del brand. In questo contesto, il license agreement si rivela spesso la soluzione più adatta, poiché consente un utilizzo dello spazio limitato e non esclusivo, garantendo al licensor un maggiore controllo e al licensee una significativa flessibilità operativa.
La corretta qualificazione del rapporto è essenziale per evitare rischi di riqualificazione indesiderata in commercial lease, con conseguenti vincoli e procedure più onerose. Una redazione contrattuale chiara e precisa, che definisca uso consentito, diritti di accesso, eventuale esclusività e clausole di terminazione coerenti, contribuisce a ridurre incertezze interpretative e prevenire contenziosi, tutelando entrambe le parti.
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