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Archivio newsSicurezza sul lavoro: nuove norme, con una fitta lista di aspettative
Nel mondo della sicurezza sul lavoro stiamo vivendo un periodo in cui le novità normative - approvate o in via di approvazione - si susseguono in lodevole risposta all’allarme suscitato dai crescenti infortuni sul lavoro e dalle malattie professionali. Molteplici sono gli aspetti della normativa vigente che meriterebbero una rivisitazione. Tra i molti, il fatto che il datore di lavoro ha l'obbligo di analizzare, anche con l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda, e, all'esito, di redigere e sottoporre ad aggiornamenti periodici il documento di valutazione dei rischi. Ma anche l’esigenza di far effettivamente rispettare le norme a tutela della sicurezza degli smart workers così come nel mondo del lavoro attualmente più allarmante, quello degli appalti, subappalti, cantieri. Senza dimenticare la sorveglianza sanitaria. Speriamo che in sede di conversione in legge del D.L. n. 159/2025 si aprano delle risposte alla mia fitta lista di aspettative.
Nel mondo della sicurezza sul lavoro, stiamo vivendo un periodo in cui le novità normative - approvate o in via di approvazione - si susseguono con inusuale frequenza. Certamente in lodevole risposta all’allarme suscitato dagli infortuni e dalle malattie professionali, persino dai disastri che attualmente proliferano nel nostro Paese. Eppure, difficile essere del tutto soddisfatti.
Molteplici sono gli aspetti della normativa vigente in tema di sicurezza sul lavoro - e segnatamente del D.Lgs. n. 81/2008 - che meriterebbero una rivisitazione. Anzitutto, nel solco delle indicazioni fornite in questi ultimi anni ai responsabili politici dall’EU-OSHA e dall’ILO a proposito dei rischi emergenti e dell’intelligenza artificiale. Ma anche in considerazione dei principi interpretativi invalsi in una giurisprudenza ormai particolarmente ricca. E ciò malgrado che alcuni di siffatti principi risultino idonei a porre in luce linee contrastanti con l’esigenza di coniugare l'affermazione del diritto con la soluzione secondo giustizia del caso concreto, e dunque di proteggere le ragioni delle vittime senza smarrire la tutela dei diritti di difesa degli imputati.
Un esempio tra i molti. “Il datore di lavoro” - ripete continuamente la Cassazione - “ha l'obbligo di analizzare, secondo la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda e, all'esito, di redigere e sottoporre ad aggiornamenti periodici il documento di valutazione dei rischi”. Certo, il D.Lgs. n. 81/2008 tenta di agevolare il datore di lavoro, e prevede che egli effettui la valutazione dei rischi ed elabori il relativo documento in collaborazione con l’RSPP e con il medico competente. Ma la Cassazione precisa che “il conferimento a terzi della delega relativa alla redazione del DVR non esonera il datore di lavoro dall'obbligo di verificarne l'adeguatezza e l'efficacia”. E tuttavia nessuna tra le numerose norme emanate in questi mesi - nemmeno il D.L. n. 159/2025 - si è fatta carico di un tale dramma: un dramma per il datore di lavoro con la Cassazione che lo aspetta al varco, ma anche per i lavoratori, palesemente non tutelati da un tal datore di lavoro.
Né purtroppo se n’è fatto carico l’Accordo Stato-Regioni sulla formazione del 17 aprile 2025 che al datore di lavoro discente non si preoccupa di fornire competenze tecniche, oltre che quelle organizzative, gestionali e giuridiche. Eppure, ben a ragione il D.L. n. 159/2025, all’art. 5, comma 1, lettera b), modifica l’art. 11 D.Lgs. n. 81/2008, dedicato alle “attività promozionali”, e, in particolare, al punto 1), aggiunge un comma 4-bis in cui stabilisce a carico dell’INAIL il finanziamento di “interventi mirati di promozione e divulgazione della cultura della salute e della sicurezza sul lavoro, anche attraverso la valorizzazione di supporti digitali quali la realtà simulata e aumentata ai fini dell'apprendimento esperienziale”, e al punto 2), un comma 5-ter in cui autorizza l’INAIL a promuovere “interventi di sostegno rivolti in particolare alle micro, piccole e medie imprese, per l'acquisto e l'adozione nell'organizzazione aziendale di dispositivi di protezione individuale caratterizzati da tecnologie innovative e sistemi intelligenti”. Trova, dunque, conferma quanto da tempo stiamo sottolineando: e, cioè, che nel quadro del nostro TUSL l’intelligenza artificiale appare in grado di dare supporto all’impresa in vista di una valutazione dei rischi doverosamente completa ed esaustiva. Un supporto, ma - si badi - anche un ulteriore impegno: come non collocare nell’ambito della “migliore evoluzione della scienza tecnica” anche l’IA, e non alla stregua di una mera facoltà, bensì di un obbligo? E naturalmente un obbligo indelegabile di quel datore di lavoro (micro o grande impresa non importa), peraltro abbandonato a se stesso.
Un altro esempio. Tornano a crescere nel 2025 gli smart workers, in particolare nella pubblica amministrazione e nelle grandi imprese. Più che mai, quindi, si avverte l’esigenza di far effettivamente rispettare le norme dettate a tutela della loro sicurezza dalla legge n. 81/2017 in simbiosi con il D.Lgs. n. 81/2008 secondo quanto meritoriamente indicato dal protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile sottoscritto all’esito di un confronto con le Parti sociali promosso dal Ministro del Lavoro già il 7 dicembre 2021. E invece un disegno di legge sulle piccole e medie imprese approvato il 22 ottobre 2025 dal Senato della Repubblica ci ha sorpreso con l’art. 11 in forza del quale il datore di lavoro assolverebbe a tutti gli obblighi di sicurezza mediante la mera consegna annuale al lavoratore agile e all’RLS di un’informativa scritta nella quale siano individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro.
Meritoriamente, non esita il D.L. n. 159/2025 ad addentrarsi nel mondo del lavoro attualmente più allarmante, quello degli appalti, subappalti, cantieri. Un mondo disciplinato dal D.Lgs. n. 81/2008 nell’art. 26, dedicato agli appalti intra-aziendali, e nel Titolo IV, Capo I, dedicato ai cantieri temporanei o mobili.
E qui mi tocca nutrire almeno tre speranze (o per ora illusioni a leggere il “Fascicolo Iter” relativo al DDL S. 1706).
La prima speranza è che, in sede di conversione in legge, non si perda l’occasione per sciogliere un nodo problematico che continua ad allarmare le imprese più attente a non incorrere in responsabilità: quale sia il rapporto tra l’art. 26 e il Titolo IV, Capo I, e, in particolare, tra il DUVRI e il PSC ivi rispettivamente previsti. A maggior ragione in considerazione dei pronunciamenti della Suprema Corte di Cassazione al riguardo, purtroppo non di rado offuscati da allarmanti equivoci e oscillazioni. E a ulterior ragione per il fatto che purtroppo la legge n. 56/2024 limita l’obbligo della patente a punti ai cantieri temporanei o mobili, e rende vieppiù indispensabile individuarne lo specifico campo di applicazione (nell’ovvio auspicio di una sollecita estensione al settore quanto mai preoccupante degli appalti intra-aziendali).
Seconda speranza. Si usa in questi giorni lodare il fatto che l’art. 3, comma 2, del D.L. n. 159/2025 disponga che “nei cantieri edili in regime di appalto e subappalto, pubblico o privato”, le imprese siano tenute a fornire ai propri dipendenti una tessera di riconoscimento riconfigurata come un badge. Dunque, purtroppo, non negli appalti intra-aziendali regolamentati dall’art. 26 D.Lgs. n. 81/2008, ma soltanto nei cantieri temporanei o mobili, e per giunta alla lettera nei “cantieri edili”. In questo quadro, l’impiego da parte del D.L. n. 159/2025 dell’espressione “cantieri edili” rende irragionevolmente arduo estendere il campo di applicazione del badge ai lavori non edili pur rientranti nell’ambito dei lavori “edili o di ingegneria civile” indicati dall’Allegato X V del D.Lgs. n. 81/2008, per giunta nell’interpretazione tutt’altro che restrittiva accolta dalla Suprema Corte. Più che mai, dunque, ove perduri in sede di conversione di legge l’assenza di una norma di legge appositamente sanzionata, occorre perlomeno sperare che, in base all’art. 3, comma 2, del D.L. n. 159/2025, il badge diventi obbligatorio, oltre che “nei cantieri edili in regime di appalto e subappalto, pubblico o privato”, “negli ulteriori ambiti di attività a rischio più elevato, da individuare con decreto del Ministro del lavoro entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto”. Una strada, il decreto ministeriale, su cui avevamo già puntato - sinora purtroppo inutilmente - alla luce dell’art. 29, comma 19, della legge n. 56/2024 in vista di una estensione della patente a punti agli appalti intra-aziendali. E una strada, inoltre, indicata dall’art. 3, comma 3, del D.L. n. 159/2025 pure ai fini di un’individuazione delle modalità di attuazione di quanto disposto dal comma 2, anche con riferimento a specifiche misure di controllo e sicurezza nei cantieri, di monitoraggio dei flussi della manodopera, mediante l'impiego di tecnologie, e ai tipi di informazioni trattate.
Terza speranza. La notizia non sembra ancora essersi diffusa, men che meno in sede parlamentare, persino nelle pur utili memorie presentate alla X Commissione Permanente Affari Sociali dalle Associazioni delle imprese e dei lavoratori. A sorpresa, la Cass. pen. 17 settembre 2025, n. 31136 ha appena confermato la condanna di un subappaltatore per l’infortunio occorso in un cantiere nell’ambito di lavori pubblici in considerazione della carenza del c.d. piano sostitutivo di sicurezza. Si tratta di una sentenza destinata a destare sorpresa perché non a torto prevale l’opinione che il PSS - evocato dall’Allegato X del D.Lgs. n. 81/2008 con rinvio a una legge ormai abrogata (il D.Lgs. n. 163/2006) - non sia più obbligatorio. E allora, oggi come oggi, come non dar torto alla Cassazione? A malincuore, però, perché il PSS è una garanzia in più nei casi in cui non sia obbligatorio il PSC elaborato dal coordinatore, e ben a ragione sin dal 25 luglio 2008 la Corte di giustizia dell’Unione europea, nel dichiarare l’Italia inadempiente alla Direttiva in materia, sottolinea che l’opera del coordinatore è necessaria per combattere l'aumento del numero di infortuni sul lavoro nei cantieri temporanei o mobili. Non si apre una prospettiva in sede di conversione in legge del D.L. n. 159/2025?
Una parola anche sulla sorveglianza sanitaria. Il D.L. n. 159/2025 se ne occupa con indicazioni che non sempre appare agevole ricomporre in un mosaico unitario. Basti pensare ai diversi punti toccati dalla legge n. 203/2024 recante “Disposizioni in materia di lavoro”, e, in particolare, dall’art. 1 contenente “modifiche al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81”. Ma quel che tra il resto mi preme ora sottolineare è che il D.L. n. 159/2025 non si occupa di un problema che sta allarmando le imprese (e non solo le imprese). L’art. 41, comma 1, D.Lgs. n. 81/2008 non rende obbligatoria la sorveglianza sanitaria sui lavoratori non esposti ai c.d. rischi tabellati salvo che previa richiesta del lavoratore. Con la conseguenza che, qualora un lavoratore sia esposto a rischio non tabellato e non richieda la sorveglianza sanitaria, siffatta sorveglianza è inibita al medico competente nominato dal datore di lavoro in forza dell’art. 5 Statuto dei Lavoratori, e non resta, quindi, altra strada se non quella della richiesta al medico pubblico. Una strada tutt’altro che agevolmente percorribile (un esempio è il drammatico caso del lavoratore che manifesti disturbi psico-attitudinali). Ecco perché torno a sperare che in sede di conversione in legge si renda obbligatoria la sorveglianza sanitaria del medico competente anche al fuori dei casi attualmente previsti dall’art. 41, comma 1, lettere a) e b), D.Lgs. n. 81/2008 e s’inserisca in una lettera b-bis) l’ipotesi in cui la valutazione dei rischi di cui all’art. 28, doverosamente svolta in collaborazione con il medico competente, ne evidenzi la necessità.
Ma queste sono solo anticipazioni di una fitta lista di aspettative.
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