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Archivio newsAgroalimentare: per la CNA l’instabilità globale minaccia il Made in Italy
Il comunicato CNA del 26 novembre 2025 segnala come l’instabilità economica, politica e militare globale minacci anche l’agroalimentare, settore chiave del Made in Italy. Con 891 riconoscimenti UE tra Dop, Igp e Sgt, l’Italia guida la produzione di qualità mondiale (23,7%), davanti a Francia e Spagna. La filiera agroalimentare, che include anche la ristorazione, conta 324mila imprese, 1,7 milioni di addetti e 249,2 miliardi di fatturato, pari al 7,2% del sistema produttivo nazionale. Artigiani, micro e piccole imprese rappresentano il 97,8% delle attività, occupano il 55% degli addetti e generano il 30,6% del fatturato, confermando la centralità della dimensione artigiana. Nel 2024 l’export ha raggiunto 59,8 miliardi, quarto settore esportatore italiano, con flussi concentrati in Germania, Usa, Francia, Regno Unito e Spagna. La crescita è stata trainata dagli Usa (+11,9%), ma il protezionismo e l’Italian Sounding minacciano la competitività internazionale.
Con un comunicato stampa del 26 novembre 2025, la CNA, a seguito di una indagine condotta dall’Area studi e ricerche, evidenzia che l’insicurezza economica, politica e militare globale sta mettendo a rischio i settori di maggior richiamo del Made in Italy. Agroalimentare compreso. Un comparto significativo non solo dal punto di vista economico, ma anche sociale per la presenza massiccia di artigiani, micro e piccole imprese, le imprese diffuse sul territorio.
Con 891 riconoscimenti conferiti al nostro Paese dall’Unione europea tra prodotti Dop (Denominazione di origine protetta), Igp (Indicazione geografica protetta) e Sgt (Specialità tradizionali garantite), l’Italia surclassa ogni concorrente, anche la Francia (774 riconoscimenti) e la Spagna (391 riconoscimenti), seconda e terza rispettivamente. Il 23,7% delle produzioni agroalimentari di alta qualità nel mondo batte bandiera tricolore, contro il 20,3% francese e il 10,4% spagnolo.
Di norma quando si parla di agroalimentare si fa riferimento alle attività manifatturiere orientate alla produzione di alimenti e bevande. Questa classificazione è però riduttiva: tende a escludere le imprese della ristorazione che, spesso, associano all’attività di somministrazione la produzione di alimenti, un insieme di attività ampio e complesso organizzato in una logica di filiera che non può essere escluso.
Nella filiera agroalimentare italiana così definita operano 324mila imprese che, con oltre 1,7 milioni di addetti, generano 249,2 miliardi di fatturato. Si tratta di cifre di tutto rilievo: le imprese della filiera agro-alimentare rappresentano il 7,2% dell’intero sistema produttivo nazionale, contribuiscono al 6% delle vendite, occupano quasi il 10% dei lavoratori italiani.
La diffusione sul territorio delle produzioni agroalimentari di qualità è, per di più, il volano del cosiddetto turismo esperienziale. Oltre che dalle bellezze culturali e paesaggistiche i flussi turistici sono sempre più motivati, infatti, dalla scoperta dei sapori e delle tradizioni eno-gastronomiche del territorio.
Un dato importante da evidenziare riguarda il ruolo di artigiani, micro e piccole imprese. Limitando l’attenzione alle sole attività di produzione di alimenti e bevande, emerge che queste rappresentano il 97,8% della base produttiva, occupano il 55% degli addetti, generano il 30,6% del fatturato.
Il 56,6% delle attività che operano nel comparto alimentare ha carattere artigiano. Si tratta della quota più alta rilevata tra i settori di punta del Made in Italy: Agroalimentare appunto, Automotive, Abbigliamento e Arredo.
La presenza di imprese piccole o piccolissime, spesso a carattere artigiano, dimostra una volta di più che la piccola dimensione aziendale è garanzia di qualità ed eccellenza produttiva e contribuisce in maniera determinante al successo del Made in Italy.
Complessivamente, nel 2024 l’export del settore alimentare ha raggiunto i 59,8 miliardi di euro risultando il quarto settore esportatore italiano, con il 9,6% delle vendite oltre confine.
Il flusso rimane altamente concentrato in cinque Paesi (Germania, Usa, Francia, Regno Unito e Spagna) che, insieme, assorbono quasi la metà (il 49,2%) del fatturato totale.
Nel 2024 la crescita delle esportazioni del settore è stata trainata proprio dagli Usa, che hanno segnato un +11,9%, salendo al 12,9% complessivo, per un controvalore di 7,7 miliardi. Un dato preoccupante. L’orientamento protezionista degli Usa rischia infatti di ridimensionare fortemente la proiezione internazionale del settore, già minacciato da atti di contraffazione tollerata ispirate al cosiddetto Italian Sounding.
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