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CIG e attività lavorativa: arriva un obbligo in più per il lavoratore

La legge n. 182/2025, nell’ambito delle prestazioni lavorative remunerate in costanza di trattamenti integrativi salariali, impone un ulteriore vincolo per il lavoratore. Prevede, oltre all’onere della comunicazione preventiva alla sede territoriale dell’INPS, l’obbligo di informare, immediatamente, il datore di lavoro che ha chiesto l’intervento integrativo, circa la sua nuova attività. Una disposizione che può essere vista come una forma di tutela per l’impresa che anticipa il trattamento integrativo e che, poi, conguaglia con i versamenti contributivi dovuti all’INPS.

La legge n. 182/2025 recante disposizioni in materia di semplificazione entrerà in vigore il 18 dicembre 2025 e tra le norme che sono state introdotte c’è l’art. 22 che interviene sull’art. 8 del D.L.vo n. 148/2015, già novellato attraverso il “Collegato Lavoro” (legge n. 203/2024): mi riferisco alle prestazioni lavorative remunerate in costanza di trattamenti integrativi salariali.

Prima di entrare nel merito delle novità introdotte ritengo opportuno ricapitolare “lo stato dell’arte” quale era configurato dall’art. 6 della legge n. 203/2024 che aveva riscritto l’art. 8 del D.L.vo n. 148/2015.

Obblighi di comunicazione

Il lavoratore che svolge attività di lavoro subordinato od autonomo (ad esempio, collaborazioni anche di natura occasionale) non ha diritto al relativo trattamento integrativo per le giornate lavorate: sullo stesso, incombe, altresì, l’onere della comunicazione preventiva alla sede territoriale dell’INPS. Il mancato rispetto di tale “passaggio” comporta la decadenza dal diritto al trattamento integrativo. Tuttavia, la comunicazione telematica, attraverso il modello UNILAV, del datore di lavoro ai servizi per l’impiego ex art. 4-bis del D.L.vo n. 181/2000, in quanto pluriefficace (e, quindi, vale anche nei confronti dell’Istituto), è valida ai fini dell’assolvimento dell’obbligo di comunicazione che grava sullo stesso.

La prima questione che si pone riguarda le Agenzie di Lavoro che, maggiormente, offrono occasioni di lavoro ai lavoratori cassaintegrati che sono considerati “soggetti svantaggiati” (che, come tali, non rientrano nell’aliquota percentuale del 30% di somministrati rispetto al personale in organico a tempo indeterminato).

Le loro comunicazioni ai servizi per l’impiego sono valide ai fini dell’assolvimento dell’obbligo, in alternativa al soggetto interessato?

La risposta è negativa alla luce della circolare INPS n. 3/2025, la quale sottolinea come tali imprese possono inviare il modello UNISOMM ai servizi per l’impiego entro il giorno 20 del mese successivo alla data di assunzione: di conseguenza, tale comunicazione non riveste il carattere preventivo richiesto dalla norma e, pertanto, l’onere resta a completo carico del lavoratore.

La seconda questione riguarda l’ampiezza del concetto di assenza del “diritto al trattamento di integrazione salariale” per i giorni in cui presta attività di lavoro subordinato od autonomo.

La risposta la fornisce, ancora una volta, l’Istituto con la circolare n. 3/2025 quando richiama un costante indirizzo giurisprudenziale secondo cui laddove i proventi della attività di lavoro subordinato od autonomo siano inferiori al trattamento integrativo, non si può parlare di perdita della integrazione salariale, ma di riduzione della stessa fino a concorrenza.

L’obbligo di comunicazione per il lavoratore scatta, senz’altro, in presenza di trattamenti integrativi, ordinari, straordinari, in deroga e di assegni corrisposti attraverso il FIS.

Le novità della legge sulle semplificazioni

La novità introdotta dall’art. 22 nel “corpus” dell’art. 8 del D.L.vo n. 148/2015, con l’aggiunta dal comma 2-bis, impone un ulteriore onere al lavoratore: quello di informare, immediatamente, il datore di lavoro che ha chiesto l’intervento integrativo, circa la sua nuova attività (sia pure temporanea, saltuaria od occasionale).

Tale disposizione va interpretata, a mio avviso, come una forma di tutela per l’impresa che anticipa il trattamento integrativo (art. 7 del D.L.vo n. 148/2015) e che, poi, conguaglia con i versamenti contributivi dovuti all’INPS: infatti se il datore di lavoro (soprattutto nei casi di integrazione salariale a zero ore o con un minimo di prestazioni orarie) non è a conoscenza di questa nuova attività, corre il rischio di dover affrontare questioni con l’INPS (con possibili ricadute anche di natura sanzionatoria) che non riconosce i conguagli in quanto all’Istituto risulta che il dipendente ha prestato attività lavorativa durante la sospensione o la riduzione di orario.

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Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2025/12/16/cig-attivita-lavorativa-arriva-obbligo-lavoratore

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